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Benchmarking sull'impatto organizzativo dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione tra i comuni capoluogo di provincia italiani.

16 novembre 2015 - Pubblichiamo la sintesi della Ricerca: DOPO MAFIA CAPITALE. L’anticorruzione è un “work in progress”.

 L’analisi è stata condotta per conoscere quanto i dettami proposti dalla L. 190/2012 (Legge Severino) in materia di prevenzione della corruzione e di norme sulla trasparenza siano effettivamente recepiti nei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione dei comuni capoluogo di provincia.

SINTESI DELLA RICERCA a cura di Sistema Susio srl - con la collaborazione di Samuele Motta (Ricercatore presso l’Osservatorio sulla criminalità organizzata dell’Università degli studi di Milano – CROSS)

Obiettivi del benchmarking sull’impatto organizzativo dei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione nei comuni capoluogo di provincia italiani

Obiettivo principale della ricerca è conoscere quanto i dettami proposti dalla Legge 190/2012 (Legge Severino) in materia di prevenzione della corruzione e di norme sulla trasparenza siano effettivamente recepiti nei Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione (P.T.P.C.) dei comuni capoluogo di provincia e se ed in che modo essi sono stati utilizzati in questo periodo per evidenziare e migliorare situazioni a rischio corruzione. Il presupposto è infatti che la prevenzione dei fenomeni corruttivi si realizza, oltre che con l’educazione all’etica degli addetti delle PPAA, principalmente attraverso la messa in atto di misure organizzative che prevengono “a monte” il manifestarsi dei problemi .
A tre anni di distanza dall'applicazione della Legge ed in vista del rinnovo, con possibili adeguamenti della stessa e del Piano Nazionale Anticorruzione, si è voluto comprendere quindi quali siano state le azioni intraprese dai comuni in tema di corruzione e trasparenza, quale la loro efficacia, quali gli elementi positivi e quali le difficoltà. Evidenziando cioè se la declinazione delle azioni sia stata sempre fatta <avendo riguardo alle opportunità di cogliere e sviluppare azioni, magari già in atto, ma anche del tutto nuove, dando priorità ad un’ottica non meramente adempimentale, ma utile ai fini di razionalizzazione, imparzialità e trasparenza delle attività dell’Ente>.

Metodologia e ambito di analisi

L’analisi è stata condotta avendo come punto di riferimento principale i Piani Triennali di Prevenzione della Corruzione dei 118 comuni capoluogo di provincia e tutti i documenti ad essi collegabili (es. Piani Triennali dell’Integrità e della Trasparenza, Piani della Performance ecc.), nonché attraverso una serie di interviste strutturate a responsabili della prevenzione della corruzione.

L’obiettivo del lavoro di ricerca ha voluto fare il punto su alcuni aspetti del fenomeno, sempre in evoluzione, all’autunno 2015 e in particolare:

  • individuare il grado di compliance istituzionale da parte degli enti in termini di presenza, rintracciabilità del PTPC sul sito istituzionale e della nomina del responsabile della prevenzione della corruzione;
  • approfondire le modalità di analisi e di valutazione delle aree a rischio per i fenomeni corruttivi, in aderenza o meno a quanto suggerito dal Piano Nazionale Anticorruzione ovvero attraverso modalità autonomamente definite e/o su aree ultronee;
  • analizzare le modalità di gestione dei rischi individuati, al fine di mettere in evidenza la relazione tra rischi individuati e misure effettivamente agite o messe in campo per prevenire i fenomeni corruttivi;
  • verificare l’effettività delle misure specificamente organizzative e di coinvolgimento degli stakeholders adottate all’interno dei PTPC, quali ad esempio la rotazione degli incarichi, l’informazione ed il coinvolgimento della comunità locale ecc.;
  • individuare alcuni amministrazioni locali possono essere considerate “best practice” in questo campo e verificare come hanno applicato in questi anni le indicazioni derivanti dalla L. 190/2012.

I risultati: una situazione work in progress

Benché nella sostanziale totalità le amministrazioni osservate si siano dotate del PTPC, l’analisi mette in evidenza che sotto un profilo multidimensionale e di aderenza alle indicazioni del PNA, la situazione è ancora lontana dall’essere soddisfacente. La fotografia mostra un evidente work in progress, che richiede ancora impegno per essere completato.

  • Solo il 40% dei PTPC passa l’esame.
    Per il 60% circa dei comuni il  PTPC non risulta conforme a quanto richiesto dal PNA e insufficiente nelle misure adottate o nelle modalità utilizzate per valutare i rischi. Le carenze sono legate a diversi aspetti: imperfetto legame fra i rischi e le aree o fra i rischi e le misure preventive; valutazione quantitativa non chiara o non del tutto esplicita o con delle carenze; tempistiche o responsabili non esplicitamente indicati; lettura complicata da una certa caoticità e dispersione delle informazioni o da una presentazione eccessivamente tecnica.
    Il 25% circa degli enti invece ha Piani di Prevenzione della Corruzione ottimi o addirittura considerabili best practices in quanto a completezza, chiarezza, coerenza delle misure organizzative adottate ecc. In questi casi gli enti si caratterizzano per particolare intraprendenza e slancio nella identificazione di aree di rischio e di misure di intervento che vanno addirittura al di là di quanto previsto dal PNA.
  • Rischi e misure di prevenzione ben identificati, ma tempistiche e responsabili delle azioni vaghi
    Mentre nella quasi totalità dei casi, a rischi identificati nei PTPC corrispondono misure specifiche, per quanto riguarda la chiara identificazione di tempistiche di attuazione delle misure previsti e delle responsabilità gli enti sono piuttosto vaghi.
    Come è noto, questi due fattori sono infatti indispensabili per la buona applicazione delle stesse misure di prevenzione della corruzione; in quanto permettono una precisa calendarizzazione delle azioni da compiere, indicando quelle più urgenti e quelle meno, e una certa corrispondenza delle responsabilità riguardo l’applicazione delle misure necessarie al contrasto della corruzione.
    Difatti, sebbene esista un responsabile per la prevenzione della corruzione (RPC), ogni settore e quindi ogni misura che in esso si deve compiere per affrontare e prevenire i rischi possibili ivi previsti, necessitano di un più stretto osservatore della loro applicazione, che poi proprio all’RPC faccia riferimento.
    Dall’analisi emergono purtroppo dei dati ancora non positivi riguardo questa particolare parte dello sviluppo dei PTPC; infatti solo un comune su tre presenta una chiara disposizione delle misure secondo tempistiche ben indicate e rimandabile a responsabili esplicitamente identificati.
  • Nota positiva: Ciclo della Performance collegato ai PTPC
    Nel 60% circa dei casi è evidente un collegamento tra PTPC e Ciclo della Performance con un’apposita sezione dedicata a questo coordinamento oppure anche soltanto con un breve richiamo diretto. Nei casi restanti, il legame è presente all’interno del Piano della Performance o nel Piano Esecutivo di Gestione (P.E.G.) o nella Relazione Previsionale e Programmatica (R.P.P.), con un richiamo diretto al Piano stesso o all’anticorruzione oppure nel Piano Triennale per la Trasparenza e l’Integrità. Qui tendenzialmente è presente un’apposita sezione che evidenzia i nessi tra lo stesso Piano della Trasparenza, il PTPC e il Ciclo della Performancce
  • Rotazione quasi a metà
    Tra gli elementi di maggior carenza nelle misure organizzative adottate vi è la rotazione dei responsabili sulle aree a rischio di corruzione. Questa modalità, tra le più efficaci nel contrasto alla “sedimentazione” delle relazioni non sane e nel mettere in evidenza eventuali prassi non corrette, è adottata (almeno come impegno nei PTPC) solo da poco più del 40% delle amministrazioni. Considerando che l’analisi ha riguardato enti, comuni capoluogo di provincia, sufficientemente strutturati in termini di risorse umane disponibili, la nostra considerazione è che occorre avere maggiore incisività in questo campo, anche mettendo in gioco le necessarie misure organizzative e di formazione/addestramento delle risorse coinvolte.
  • Neanche uno su tre coinvolge l’utenza sui temi della prevenzione della corruzione
    Tra le misure di coinvolgimento dell’utenza e delle azioni di ascolto e sensibilizzazione della cittadinanza dovrebbero avere grande importanza gli incontri tra l’amministrazione e il pubblico. Le cosiddette “Giornate della Trasparenza”. Si sottolinea il termine “dovrebbero” perché di queste giornate ne sono organizzate ben poche. Per lo meno stando a ciò che è trasmesso attraverso i PTPC o i Piani della Trasparenza, solo il 30,2% degli enti ha infatti messo in atto azioni in questa direzione.

 

Considerazioni e prospettive

Il lavoro di ricerca evidenzia che certamente si sta procedendo e migliorando in questa impresa titanica che è il contrasto alla corruzione, in tutte le sue forme, nella Pubblica Amministrazione. Ma presenta anche, ancora, numerosi punti da implementare e ottimizzare; a partire dal supporto centrale all’operato degli enti, tramite la necessità di indicazioni più chiare, passando per una migliorabile gestione effettiva del rischio da parte dei comuni, concludendosi con una necessaria formazione matura dei dipendenti ed un accresciuto coinvolgimento dell’utenza e della cittadinanza.

Infatti solo conoscendo il proprio territorio e la sua struttura economico – sociale, solo confrontandosi e aprendo un dibattito con i propri cittadini e stakeholders, solo informando e formando sé stessi e gli altri, si crea una seria possibilità di affrontare con successo quella preponderante insidia che prende il nome di “corruzione”.

 

Per saperne di più

La Ricerca completa in formato pdf 

 

 

Ultimo aggiornamento:  28/06/2013

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