Cittadini e processi di partecipazione

Il focus di questo mese è dedicato al tema della partecipazione e dei processi decisionali inclusivi. In particolare presentiamo un report, pubblicato dall’OCSE (novembre 2008), su “Open and Inclusive Policy Making” (giugno 2009)

Il rapporto prende spunto da un questionario, condotto nel 2007, a cui hanno risposto referenti istituzionali di 25 Paesi OCSE e 54 organizzazioni della società civile di 14 stati diversi. Per l’Italia, il referente è stato il Dipartimento della Funzione pubblica –Ufficio per il programma di modernizzazione delle pubbliche amministrazioni. Il rapporto affianca, a questo lavoro di sintesi e di elaborazione sui dati raccolti, le presentazioni dettagliate di numerose buone pratiche, nonché testimonianze di esperti sul tema e propone, quale risultato della riflessione comune dei Paesi e degli esperti, un set di “10 principi guida per una gestione delle politiche pubbliche trasparente e partecipata”.

Il lavoro OCSE definisce la “partecipazione dei cittadini alle politiche pubbliche” come una condizione essenziale per una governance effettiva, in quanto, nella società attuale i governi, da soli, non riescono più ad affrontare e gestire questioni complesse come, ad esempio, quelle ambientali e sociali.
In tal senso, le performance delle amministrazioni pubbliche sono, oggi, strettamente legate al “capitale democratico” che le stesse istituzioni sanno coltivare e sviluppare e su cui vengono anche giudicate dai propri cittadini. La promozione di politiche inclusive è dunque un primo e significativo elemento per costruire questo capitale democratico ed accrescere la fiducia e l’accountability istituzionale.

D’altro canto, i processi decisionali inclusivi possono anche incidere strategicamente sulle stesse performance delle amministrazioni: lavorare insieme, nella gestione delle policy e dei servizi pubblici, con i cittadini e le organizzazioni della società civile, offre alle organizzazioni pubbliche la concreta opportunità di migliorare la qualità ed il livello dei servizi offerti.
Specificamente, in base ai dati emersi dal questionario, la promozione di politiche inclusive può avere effettivi positivi sul livello delle performance delle istituzioni pubbliche nel senso di:

  • comprendere meglio i bisogni dei cittadini e le complessità sociali, nonché saper gestire più efficacemente le differenze nell’accesso ai servizi pubblici;
  • beneficiare delle informazioni, risorse e proposte dei diversi stakeholder;
    ridurre i costi ed ottimizzare i risultati, specialmente in ambiti – quali la salute e l’ambiente –dove il successo di una politica dipende fortemente dalla capacità di incidere ed eventualmente modificare i comportamenti degli individui;
  • ridurre gli oneri amministrativi, i ritardi e i conflitti nell’implementazione delle politiche e nella gestione dei servizi.


Trasparenza ed inclusione: due parole chiave
La trasparenza, nel senso di accesso, chiarezza e disponibilità delle informazioni è un elemento importante, ma da sola non è sufficiente a garantire una partecipazione piena e consapevole. E’ necessario, infatti, prevedere l’inclusione di una molteplicità di punti di vista nel processo decisionale, cercando di coinvolgere anche quegli interlocutori che abitualmente non partecipano alla costruzione, della sfera pubblica. Nel report vengono definite, in tal senso, due categorie di soggetti:

  • gli interessati ma non abili, a cui mancano una serie di skill di tipo linguistico, culturale, socio-economico, etc. Per accrescere le possibilità di partecipazione di questi soggetti, le istituzioni devono investire in azioni che riducano le barriere e i vari tipi di divide;
  • gli abili ma non interessati, che non partecipano per mancanza di fiducia, di tempo o di interesse. Per questi soggetti, le istituzioni, dovrebbero rendere i contenuti e le modalità di partecipazione più stimolanti, per esempio, nel caso di target specifici come i giovani, attraverso il ricorso alle nuove tecnologie.

A che punto siamo?
Dall’analisi dei dati OCSE, il report evidenzia come negli ultimi anni sforzi significativi siano stati fatti, dalle istituzioni, per garantire il diritto di accesso all’informazione, tanto che in quasi tutti i Paesi oggetto dell’indagine esiste oggi una legislazione puntuale in tale ambito. Un altro elemento di positività è quello legato alla crescita della cittadinanza attiva, mentre tra i fattori più critici e difficili da implementare, i Paesi considerano la mancanza di risorse, le costrizioni legate ai limiti temporali e la difficoltà nell’implementazione di attività di valutazione.

Due aspetti significativi che emergono dal rapporto sono connessi al ruolo delle nuove tecnologie (ed in particolare il web 2.0 anche detto web partecipativo) e al contributo delle organizzazioni della società civile, al di là del cittadino singolo in quanto tale, quali elementi strategici per favorire una partecipazione più matura, consapevole ed in ogni fase del processo di definizione delle policy e di erogazione dei servizi.

Questi due punti sono stati approfonditi con due interviste ad esperti sul tema: Leda Guidi, responsabile delle rete civica Iperbole del Comune di Bologna che ha collaborato al rapporto OCSE e che ci ha spiegato, applicandole alla sua realtà concreta - le opportunità – ma anche le criticità dell’uso del web 2.0 nei processi di partecipazione e Giovanni Moro, presidente di Fondaca, che si è soffermato sul contributo delle organizzazioni della società civile alla democrazia partecipativa.

Leggi l’intervista a Leda Guidi – Comune di Bologna
Leggi l’intervista a Giovanni Moro - Fondaca
Consulta l’executive summary del rapporto OCSE – in italiano
Scarica il rapporto OCSE – in inglese

Per saperne di più

Vai alla sezione Processi partecipativi

Ultimo aggiornamento:  30/12/2015

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