Tema: Comunicazione pubblica

Informare e comunicare

di Gregorio Arena

Indice

Il problema
Continuità, non separazione
"Dare forma" e "mettere in comune"
Gli obiettivi
I soggetti
Comunicazione e potere
Comunicazione e responsabilità




 Il problema

La legge n.150/2000 disciplina le "attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni" (art.1, 1°c.), ma non distingue fra queste due attività, non individua cioé esplicitamente le differenze fra "informare" e "comunicare".

Al suo interno, varie disposizioni fanno riferimento alle attività di informazione e comunicazione delle pubbliche amministrazioni indicandone i fini (art.1, 4° e 5° c.), i soggetti (artt.8 e 9), le forme ed i mezzi (art.2, 1° e 2° c.), ma non il contenuto, forse ritenendo inutile o inopportuno definire queste attività in un testo legislativo.

Per chi opera nelle amministrazioni questo può costituire un problema, tanto più in quanto fra informazione e comunicazione non c'è una cesura che consenta di delimitare con assoluta precisione i confini dell'una e dell'altra. Per quanto infatti si possa cercare di definire in astratto le caratteristiche e le funzioni dell'informazione rispetto a quelle della comunicazione, nella realtà di tutti i giorni informare e comunicare sono due attività complementari, con numerosi punti di sovrapposizione e con un continuo passaggio dall'una all'altra, come sanno bene coloro che operano negli URP.

Dal momento che il legislatore non vincola ad una definizione normativa di queste due attività, rinviando in materia all'elaborazione dottrinale, all'esperienza, alle culture amministrative, e così via, può forse essere utile cercare di individuare i punti di contatto e di differenza fra l'attività di informazione e quella di comunicazione, sia in una prospettiva interna agli URP, sia in una prospettiva che tenga conto dei rapporti fra questi ultimi e gli altri soggetti individuati dalla legge, con particolare riferimento agli uffici stampa.


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 Continuità, non separazione

"Continuità" è la parola più adatta per descrivere l'interazione fra l'informare ed il comunicare, due attività distinte che utilizzano però per così dire la medesima "materia prima", cioè le informazioni: in entrambi i casi infatti ciò che circola da un soggetto all'altro sono informazioni ed è la finalità di tale circolazione di informazioni che cambiando determina il sorgere di un rapporto di informazione o di comunicazione.

Immaginare l'attività di informare e quella di comunicare come i due estremi dell'oscillazione di un pendolo consente di comprendere meglio come lungo tale oscillazione possano darsi situazioni in cui non soltanto informare e comunicare non siano facilmente distinguibili, ma in cui addirittura si passa dall'una all'altra e viceversa, perché il rapporto fra informazione e comunicazione è dinamico.

Pertanto è necessario avvertire che le definizioni di informazione e di comunicazione che si daranno di seguito si adattano perfettamente solo alle attività collocate ai due estremi dell'oscillazione dell'immaginario pendolo, cioè solo alle due forme "pure" di informazione e di comunicazione; in tutti gli altri casi è probabile che saranno presenti contemporaneamente, sia pure in misura maggiore o minore a seconda delle circostanze, elementi dell'una e dell'altra.


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 "Dare forma" e "mettere in comune"

Ai fini della definizione di queste due attività può essere utile riferirsi al significato letterale dei due termini "informare" e "comunicare", perché ciò consente di cogliere l'essenza di ciascuna attività.

"In-formare" significa letteralmente "dare forma", "plasmare, modellare secondo una determinata forma, struttura" (se l'in è negativo anziché intensivo, risulta per contrasto "in-forme" ciò che non ha una propria forma; "in-formale" ciò che non segue le formalità, le forme ufficiali). "Informazione" è la notizia, il dato che fornisce elementi di conoscenza, cioè che informa su qualcosa.

"Comunicare" deriva invece dal latino commune, composto di cum e di un derivato di munus ("incarico, compito"), per cui commune vuol dire letteralmente "che svolge il suo compito insieme con altri"; in Italiano il termine "comune" significa quindi ciò "che è proprio di almeno due persone o cose". Da qui una serie numerosissima di termini, fra cui appunto "comunicare", che indicano la condivisione, il mettere insieme, il rendere partecipi più soggetti: comunità, comunanza, comunione, comunismo, comunicativa, comunicato, e così via. "Comunicazione" è dunque l'atto o effetto del comunicare.

Partendo da queste definizioni di carattere lessicale si può forse cogliere l'essenza dell'informare e del comunicare. Se informare significa letteralmente "dar forma", ci si può allora domandare a che cosa le informazioni diano forma; la risposta è che informando si dà forma alla realtà, al mondo. In questa accezione "dare forma" equivale a "dare ordine", sia nel senso letterale di eliminazione del disordine sia nel senso più ampio di riduzione della complessità, cioè di semplificazione. Un mondo dove circolano le informazioni è infatti un mondo dove si circola meglio, dove è più agevole muoversi, lavorare, vivere.

Nell'informare prevale dunque il rapporto fra un soggetto (sia esso la fonte o il destinatario) e la realtà (mentre come si vedrà fra poco nel comunicare prevale il rapporto fra due o più soggetti). Le informazioni fornite da un soggetto ad un altro soggetto hanno lo scopo di facilitare il rapporto del destinatario delle informazioni medesime con il mondo in cui quest'ultimo si trova ad agire: esse "danno forma, danno ordine" alla realtà, quindi sono fornite per facilitare il muoversi all'interno di questa realtà dopo che essa è stata per così dire "illuminata" dalle informazioni. Se ci si sofferma a riflettere sull'effetto che dovrebbero avere le informazioni che quotidianamente ci vengono fornite, si vede che esse dovrebbero appunto renderci più agevole la vita, facilitando il rapporto con la complessità da cui siamo circondati; è vero che non sempre ciò accade, per esempio per la cattiva qualità delle informazioni oppure paradossalmente per un eccesso di informazioni, ma si tratta di situazioni patologiche
che non intaccano la funzione normale delle informazioni.

La radice di comunicare è invece in quel termine "comune" che indica ciò che è proprio di due o più persone, di un gruppo o, appunto, di una comunità; nel comunicare, a differenza che nell'informare, è fondamentale il rapporto fra i soggetti, piuttosto che non il rapporto fra questi e la realtà che li circonda. I soggetti che comunicano letteralmente "mettono in comune", cioè condividono, partecipano l'un l'altro qualcosa: ma che cosa mettono in comune? Di nuovo, come nel caso dell'informare, oggetto del comunicare è il mondo, ma non per dare ad esso una forma, bensì per dare ad esso un significato.

In sostanza, i soggetti che comunicano mettono in comune una determinata visione del mondo; attraverso la comunicazione il mondo acquista significato, tanti significati possibili quante sono le comunicazioni possibili. La comunicazione è dunque per definizione soggettiva, nel duplice senso che il suo contenuto dipende dal punto di vista dei soggetti che comunicano e che essa è essenzialmente un rapporto fra soggetti; l'informazione aspira invece ad essere oggettiva (come nel caso degli orari dei mezzi di trasporto), a dare cioé al mondo una forma che possa essere accettata da tutti, indipendentemente dal punto di vista, dalle esperienze, etc. dei soggetti che vengono informati.


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 Gli obiettivi

Sia all'informare sia al comunicare può seguire un'azione da parte del soggetto destinatario dell'informazione o della comunicazione; ma nell'informare questa azione non è lo scopo principale dell'attività del soggetto che informa, mentre lo è nel caso della comunicazione.

Le informazioni mirano a facilitare il rapporto con il mondo così come esso appare alla luce delle informazioni medesime; il loro scopo è quello di agevolare il soggetto che le riceve, rendendo intelligibile la complessità che lo circonda. Il soggetto che informa deve farlo in modo tale che coloro che ricevono le informazioni possano utilizzarle per orientarsi nella realtà che li circonda, fornendo quindi informazioni aggiornate, comprensibili, complete, etc., tali cioè da facilitare al massimo le attività successive dei soggetti che le ricevono. Ma lo scopo di chi informa non è quello di influire su tali attività; certo, indirettamente le informazioni modificano i comportamenti dei soggetti che le ricevono (se il treno parte ad una certa ora bisogna andare in stazione un pò prima di quell'ora, più tardi è inutile) ma i comportamenti che i destinatari delle informazioni concretamente adotteranno esulano dagli scopi e dal raggio d'azione di chi informa.

Il contrario accade nel comunicare, perché chi comunica con un altro soggetto fornisce delle informazioni il cui scopo non è quello di dare forma al mondo, bensì di dare ad esso un significato, in modo che il destinatario della comunicazione si comporti diversamente da come avrebbe fatto prima della comunicazione. Comunicando, la visione del mondo di un soggetto viene trasmessa ad uno o più altri soggetti, affinché facendola propria modifichino i propri comportamenti; se la comunicazione ha successo, molti soggetti condividono la visione del mondo comunicata e, modificando di conseguenza i propri comportamenti, influiscono sul mondo nel senso desiderato dal soggetto fonte della comunicazione. Poiché se non c'è tale condivisione la comunicazione non produce effetti, l'obiettivo principale di chi comunica non è fornire informazioni, bensì fare in modo che le informazioni in cui consiste il contenuto della sua comunicazione producano un certo tipo di azioni, grazie alla modifica da esse indotta nella visione del
mondo dei destinatari; e questo spiega perché il successo di un'azione di comunicazione non sia dato dal numero di soggetti raggiunti, ma dal numero di soggetti che in seguito alla comunicazione modificano il proprio comportamento. Viceversa il successo di un'azione di informazione è dato dal numero di soggetti cui sono state fornite informazioni aggiornate, comprensibili, complete, etc., tali cioè da facilitare al massimo il rapporto di questi ultimi con la realtà che li circonda.

La differenza principale del comunicare rispetto all'informare consiste dunque nello scopo: si comunica per dare un significato alla realtà, si informa per dare ad essa una struttura, una forma. Naturalmente, per quanto s'è detto sopra circa il continuum in cui consiste il rapporto fra informare e comunicare, il passaggio dall'informare al comunicare e viceversa, dalla forma al significato e di nuovo alla forma è sempre possibile in qualsiasi momento, poiché entrambe le attività utilizzano la stessa materia prima, le informazioni; basta modificare lo scopo per cui esse vengono fatte circolare e si passa dalla mera informazione alla comunicazione e viceversa.


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 I soggetti

Ma c'è anche almeno un'altra differenza fra informare e comunicare. Nell'informare c'è un soggetto attivo, cioè la fonte delle informazioni ed uno o più soggetti passivi, cioè i destinatari delle informazioni; nell'informare si crea pertanto un rapporto unidirezionale fondato sulla trasmissione di informazioni che rappresentano la nuova forma del mondo fornita al ricevente, il quale ne prende atto.

Nel comunicare invece tutti i soggetti sono attivi, sia chi comunica sia chi riceve le informazioni che formano il contenuto della comunicazione, perché come s'è detto la comunicazione ha successo solo se il ricevente ne condivide il contenuto e modifica di conseguenza il proprio comportamento. In un certo senso, è come se nel comunicare i soggetti coinvolti, partendo da punti diversi, muovessero entrambi verso un punto di incontro comune rappresentato dalla visione del mondo condivisa grazie alla comunicazione. Il comunicare, a differenza dall'informare, presuppone quindi che tutti i soggetti coinvolti si attivino, sia pure in modi diversi a seconda dei ruoli ricoperti, di fonte oppure di destinatario della comunicazione.

Questo dinamismo che caratterizza il rapporto di comunicazione produce un'ulteriore profonda differenza fra informare e comunicare: se nel primo caso i ruoli rispettivi di chi informa e di chi è informato non sono destinati a mutare (almeno non in quello specifico rapporto di informazione), nel caso della comunicazione invece è previsto che quelli di fonte e destinatario della comunicazione siano ruoli che possono essere ricoperti alternativamente dai soggetti coinvolti. Il soggetto che comunica ad altri la propria visione del mondo deve accettare sia che questi ultimi possano non condividerla, sia che i destinatari della sua comunicazione si trasformino in fonti, comunicando a loro volta la propria visione del mondo; e così via, in un rapporto dinamico e dialettico potenzialmente senza fine.


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 Comunicazione e potere

Da quanto s'è detto finora emerge un'altra caratteristica del comunicare, il fatto cioè che la visione del mondo in cui consiste l'oggetto della comunicazione non può essere imposta. Per ottenere che la sua visione del mondo sia condivisa la fonte della comunicazione può usare tutta la gamma di strumenti tipici della comunicazione, può usare l'emotività, la razionalità, le testimonianze di soggetti autorevoli, tutto fuorché il potere: nel momento in cui per ottenere la condivisione della propria visione del mondo si utilizza una qualsiasi forma di coercizione, intesa in senso lato come potere, non si è più in presenza di un rapporto di comunicazione. Come si può intuire, questa caratteristica della comunicazione in generale, se applicata alla funzione di comunicazione nelle pubbliche amministrazioni, influisce in maniera determinante sul rapporto di queste ultime con i cittadini.

Detto in altro modo, nel rapporto di comunicazione si confrontano ed entrano in rapporto due o più autonomie: l'autonomia della fonte della comunicazione e quella del destinatario della medesima. Anche quando, come spesso è il caso delle amministrazioni pubbliche, si è tenuti per legge a comunicare, rimane comunque pur sempre riservato all'autonoma scelta del soggetto che comunica decidere come comunicare, con quali modalità, strumenti, tempi, etc.; e d'altro canto ovviamente chi riceve la comunicazione è libero di accettarne o meno il contenuto, cioè di condividere o meno la visione del mondo di cui essa è portatrice.


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 Comunicazione e responsabilità

Si è detto che i soggetti che comunicano sono autonomi, dunque possono scegliere. Normalmente, possono scegliere se comunicare oppure no; sempre, possono scegliere come comunicare, cosa comunicare, se e come reagire alla comunicazione con i propri comportamenti oppure con altre comunicazioni, e così via, in una gamma ricchissima di possibili interazioni. Ma la conseguenza inevitabile di questa autonomia è la responsabilità per il fatto stesso di comunicare, per i contenuti della comunicazione, per i comportamenti indotti dalla comunicazione ed in generale per gli effetti della comunicazione sui soggetti coinvolti (fonti e destinatari) e sulla realtà.

Comunicare comporta sempre una responsabilità; e poiché, come s'è detto, nella comunicazione tutti i soggetti coinvolti sono attivi e partecipi, tutti sono anche responsabili, sia pure in maniera diversa.

C'è in primo luogo una responsabilità della fonte della comunicazione, che comunicando mira a ottenere comportamenti coerenti con la condivisione, da parte dei destinatari della comunicazione, della propria visione del mondo. Quest'ultima responsabilità, pertanto, è una responsabilità molto simile a quella di chi agisce; se infatti l'obiettivo di chi comunica è quello di ottenere che la sua comunicazione produca un certo tipo di azioni grazie alla modifica da essa indotta nella visione del mondo dei destinatari, comunicare equivale ad agire, sia pure per interposta persona. E chi agisce deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni, sia che si tratti di un soggetto privato sia, anzi tanto più, se si tratta di un soggetto pubblico.

Inoltre c'è una responsabilità del destinatario della comunicazione, che può decidere se accettare o meno la visione del mondo in cui consiste il contenuto della comunicazione, ma se la accetta, diventa responsabile per i comportamenti che poi pone in essere come conseguenza della comunicazione, secondo la regola generale per cui ognuno è responsabile delle proprie azioni.

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Ultimo aggiornamento: 22/11/05