Tema: URP

Convegno sul regolamento

''Parliamoci chiaro'': un incontro sul regolamento attuativo della legge

di Nicoletta Levi

La Legge 150 è perfettibile perché non è un punto di arrivo ma solo un punto di partenza per quel che riguarda la comunicazione pubblica. Ciò che è davvero importante in questa Legge è che si ribadisce che la comunicazione è un "fatto ordinario" dell'attività della Pubblica Amministrazione.

Questo, in sostanza, l'incipit con cui il Sottosegretario alla Funzione Pubblica, Raffaele Cananzi ha avviato il suo lungo intervento al convegno "Parliamoci chiaro: il Regolamento attuativo della legge sulle attività di informazione e comunicazione nelle pubbliche amministrazioni", organizzato il 15 febbraio scorso dal Consiglio regionale dell'Emilia Romagna.

L'appuntamento organizzato dal Consiglio regionale emiliano-romagnolo, come gli altri che probabilmente seguiranno nelle prossime settimane e mesi, aveva l'obiettivo di discutere e raccogliere opinioni e suggerimenti sulla Legge 150 e la sua importante costola regolamentare che, come ha detto lo stesso Sottosegretario, aveva non un ambito discrezionale di normazione ma due oggetti particolari e ben individuati: stabilire i criteri di accesso alle professionalità di comunicazione (portavoce, uffici stampa e uffici per le relazioni con il pubblico); individuare quale, quanta e da chi dovrà essere fatta la formazione per avere riconosciuta la professionalità.

Tanto si doveva, dunque, e tanto è stato fatto. Ma non tutto è chiaro. Anzi. Nel lungo dibattito che è seguito agli interventi programmati per la mattinata le perplessità, gli interrogativi, i forse e i sarebbe meglio sono emersi con puntualità, proprio come sta avvenendo nel nostro Forum e nella nostra mailing list: ma questo è lo scopo in questa fase di gestazione in cui il regolamento passerà il vaglio del Consiglio di Stato e della Conferenza Stato-Regioni prima di tornare, con le rispettive osservazioni, sul tavolo del Consiglio dei Ministri per essere approvato in un testo davvero definitivo. Ben vengano quindi queste riflessioni e questi appuntamenti di discussione perché il Sottosegretario ha preso nota e appunti e quando il suo block notes sarà pieno avremo maggiori possibilità di avere contribuito a perfezionare il perfettibile.

Ma torniamo al Sottesegretario che ha cercato di sintetizzare i meriti sia della Legge che del Regolamento. I contenuti delle leggi di riforma sono la vera carta da giocare per rendere la Pubblica Amministrazione moderna ed efficiente e, per arrivare a questi obiettivi, occorre dare pratica attuazione ai concetti contenuti nel "lontano" articolo 97 della nostra Costituzione (che per inciso, secondo Cananzi, non sarà invece oggetto di riforma): imparzialità e buon andamento della amministrazione pubblica devono perciò diventare la pratica del lavoro pubblico; Urp e comunicazione pubblica ne sono la strumentazione necessaria e indispensabile perché garantiscono trasparenza e correttezza, partecipazione e ascolto. "La Pubblica Amministrazione sta cambiando: da autoritariva a paritetica, in grado di garantire la sintesi tra interesse generale e interesse particolare, la negoziazione tra pubblico e privato nella formazione del procedimento - ha detto Cananzi cercando di sintetizzare il lungo percorso compiuto dalla normativa degli anni '90.
La legge 150 individua quattro grandi finalità della comunicazione pubblica:

1. Accesso e partecipazione
2. Ricerca ed analisi dei bisogni dei cittadini
3. Proposte di riorganizzazione all'amministrazione
4. Iniziative di comunicazione di pubblica utilità


E tre professionalità destinate ad attuarle:
  • il portavoce che, è stato detto, riguarda la struttura politica dell'amministrazione, ne costituisce l'organo di propaganda, ne esprime il pensiero e le posizioni e quindi viene scelto sulla base di un rapporto fiduciario, perciò sarà quasi sempre un esterno alla struttura burocratica;
  • l'ufficio stampa che è invece una struttura interna all'organizzazione perché ne interpreta i bisogni informativi e ne cura i rapporti con i media. Ci lavoreranno professionisti iscritti all'albo e dovranno mettere la loro professionalità e deontologia a servizio delle istituzioni di cui saranno espressione;
  • gli uffici per le relazioni con il pubblico che, in questa legge, trovano un definitivo consolidamento delle loro funzioni ed obiettivi.


Il Regolamento è in bozza: corredato dei pareri di Consiglio di Stato e della Conferenza Stato-Regioni tornerà al Consiglio dei Ministri per essere approvato nella sua versione definitiva. "In sede di Regolamento - ha detto Cananzi - abbiamo stabilito i criteri per l'accesso alle professioni e percorsi formativi differenziati a seconda dei titoli posseduti, degli anni di anzianità, dell'inquadramento. Abbiamo stabilito dei principi - ha concluso - sulla base dei quali le pubbliche amministrazioni, ciascuna dentro i propri moduli organizzativi, potrà davvero costruire un'organizzazione capace di comunicare, partecipare, raccogliere, rispondere e infine condividere. Insomma una P.A. più moderna."

Giuseppe Richeri, docente di Comunicazione all'Università di Lugano, ha posto l'accento sul problema della cultura della comunicazione come condizione fondamentale perché gli strumenti individuati possano svolgere al meglio la funzione di informazione esterna. Le fonti di informazione per Urp e Uffici stampa sono all'interno delle stesse organizzazioni, sono i colleghi e il lavoro nei loro uffici; per questo occorre che tutta l'organizzazione impari a trasformare le proprie esperienze di lavoro in esperienze di comunicazione, in informazioni pubbliche. E' un processo culturale che deve investire trasversalmente e complessivamente tutta l'organizzazione pubblica. Tra le carenze del Regolamento e della Legge Richeri, ha sottolineato la mancata definizione dei profili, tanto più importante quanto più potrebbe consentire alle Università di calibrare meglio le proprie strutture e i propri programmi alle nuove esigenze professionali. Anche l'enfasi sui mezzi multimediali sembra, a Richeri, troppo sbilanciata: si tratta di un universo ancora giovane, senza una grammatica e una sintassi, ma che contemporaneamente richiede professionalità molto specializzate e quindi ancora difficilmente rintracciabili, tanto più all'interno delle stesse amministrazioni. Anzi, i mezzi tradizionali non solo non vanno abbandonati ma andrebbero potenziati e dovrebbero costituire, in questa fase, gli interlocutori privilegiati della Pubblica Amministrazione: è il caso della RAI che, come servizio pubblico, dovrebbe garantire maggiore spazio all'informazione pubblica ed istituzionale. Infine, secondo Richeri, avrà un aspetto essenziale l'autorganizzazione degli Urp per consentire l'autoformazione: l'esperienza delle reti, professionali e telematiche (come per esempio UrpdegliUrp n.d.r.) potrebbe essere vincente sotto questo profilo.

Claudio Santini, Presidente dell'Ordine dei giornalisti dell'Emilia Romagna, ha sottolineato gli aspetti più coerenti tra la professione degli addetti stampa e i principi che ispirano la Legge 150: il codice deontologico dei giornalisti, infatti, prevede che la responsabilità del giornalista nei confronti del cittadino prevalga sempre su qualsiasi altra. "In questo - ha detto Santini - starà la certezza della professionalità degli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni. Il diritto dei cittadini all'informazione è previsto anche a livello europeo, attraverso una specifica risoluzione del Consiglio d'Europa." Non dovrebbero però mancare, secondo Santini, percorsi formativi anche per gli addetti all'ufficio stampa, perché lavoro nelle redazioni e lavoro negli uffici stampa sono, in parte, anche molto diversi.

Gli interventi di alcuni professori universitari hanno poi ribadito problemi di interpretazione della legge e del regolamento. In particolare, sono state sollevate le questioni relative alle cosiddette "lauree assimilate" in riferimento non solo alle classi di laurea ma anche alla durata esistendo, in questa stagione di riforma anche dell'Università, lauree e lauree specialistiche, lauree brevi della durata di tre anni e corsi universitari completi fino a cinque e sei anni.

Al riguardo Cananzi, nel suo intervento conclusivo, ha precisato che, proprio in virtù della attuale situazione degli atenei italiani, la normativa non poteva scendere a un livello di dettaglio maggiore ma ha annunciato un direttiva del Dipartimento della Funzione Pubblica per interpretare correttamente questo delicato passaggio del Regolamento.


Ultimo aggiornamento: 16/11/05