L'occasione dell'appuntamento annuale del COM.P.A a Bologna permette ormai di verificare condizioni quantitative (dimensioni, ampiezze, investimenti, occupazione, eccetera) e qualitative di un settore - la comunicazione connessa alla pubblica utilità - che non può per sua natura disgiungere le due rendicontazioni. Talvolta in pubblicità - in generale nei campi della comunicazione di impresa - si legge: il mercato sale del x%, scende dell'y%, tanti investimenti in più, budget che cambiano scuderia, eccetera. Nel campo pubblico e sociale questi dati sono ugualmente rilevanti. La stima degli occupati che Civicom-Rivista italiana di comunicazione pubblica ha fatto di recente - in collaborazione con tutte le associazioni di categoria - di un ambito di operatori non precari che, nel settore pubblico, va verso i 60.000 mentre più di altri 30.000 si aggiungono da quel terzo del settore privato della consulenza che opera su commesse pubbliche, è un dato certo quantitativo, ma anche inedito e importante, nel nove
ro complessivo dei 260.000 operatori stimati in tutti i campi della comunicazione, uffici stampa compresi.
Per esempio la cifra di 24.500 visitatori al Salone - stretto in tre giornate espositive e di dibattiti - ha anch'essa un suo senso di crescita, certo non banale.
Ma senza valutazioni qualitative si capisce poco se efficacia, soddisfazione dell'utente, ampliamento della visibilità e dei processi istituzionali, conoscenza dei cambiamenti connessi al pubblico interesse, eticità delle campagne e della comunicazione, margini stessi e natura della partecipazione e, alla fine, della forma di relazione tra istituzioni e società, sono coerenti con lo spirito di un sistema di leggi e riforme che va dalla 241 del 1990 alla 150 del 2000. Oppure se seguono adattamenti organizzativi non sempre connessi al "bilancio sociale" che questa materia comporta. Un vero e proprio bilancio di allargamento della democrazia. Ne capisco quindi la delicatezza e l'importanza. E contemporaneamente verifico che a questo tema resta marginale l'attenzione che si porta, scarse le esperienze specifiche (condotte con metodologia di garanzia) e poco appassionata sia l'attenzione del settore professionale che di quello politico.
Il lettore sa che lamentai l'assenza di un obbligo alla valutazione delle politiche e delle attività di comunicazione nel quadro del testo finale della legge 150 e ugualmente che ho di recente sottolineato con plauso il richiamo in proposito della "direttiva Frattini" applicativa della legge stessa.
Ora l'Università a cui appartengo, lo Iulm di Milano, sta radicando un progetto di ricerca in una prima parte metodologica e successivamente - con i partners che vorranno aderire - di tipo applicativo, che origina proprio da un interesse della Funzione Pubblica, appoggiato dal Formez, per la messa a punto di criteri solidi riguardanti il profilo della valutazione. E' imminente il varo del Centro di ricerca (su aspetti integrati e innovativi della comunicazione) da parte dell'Università Iulm e chi segue la materia Teoria e tecniche della comunicazione pubblica opererà anche su questo nodo specifico, allo scopo di destinare una parte del futuro impegno dell'Università al lavoro di ricerca applicato e alle connesse funzioni certificative.
Questo segmento di attività parte insieme alla presentazione (lunedì 30 settembre) da parte del Rettore dell'Università prof. Giovanni Puglisi del primo master universitario (dunque strutturato in cinquecento ore di didattica, con laboratori, conferenze prestigiose integrative, stages in venticinque istituzioni e aziende che si stanno prenotando) in "Management della comunicazione sociale, politica e istituzionale", in svolgimento da febbraio a luglio 2003, che orienta sia alla professione nelle pubbliche amministrazioni, sia verso il sistema "pubblico-privato" della pubblica utilità. Non sono slegati i due momenti, quello della ricerca e quello della formazione avanzata, perché rispetto alla didattica di base, i format orientati alla professionalizzazione entrano in aspetti non solo teorici ma anche applicativi che ormai impattano largamente su tre nodi: i modelli organizzativi, i caratteri di ritorno delle funzioni, la valutazione.
Sugli sviluppi di questi due filoni di esperienza credo che interessi i lettori di questo sito che si mantengano in futuro aggiornamenti informativi.