Tema: Innovazione tecnologicaInnovazione amministrativa,

L'ascesa dell'e-government, il declino dell'e-democracy

Cause, conseguenze ed alcune modeste proposte

di Mattia Miani

Indice
Lo scenario
Le cause
Le conseguenze
Alcune modeste proposte



Lo scenario

In tempi recenti, nell'applicazione delle nuove tecnologie al governo dello stato si è assistito a un progressivo slittamento dal loro uso finalizzato a migliorare la partecipazione dei cittadini nei processi democratici al loro impiego per l'ottimizzazione della pubblica amministrazione. Questo slittamento può essere riassunto dal successo del termine e-government e ormai dallo scarso uso che si fa del concetto di e-democracy. Tuttavia e-government e e-democracy non sono sinonimi. In un certo senso il concetto di e-democracy è più ampio e comprende anche quello di e-government.

Di e-democracy si inizia a parlare nei tardi anni Ottanta negli Stati Uniti ancora prima del web e del successo commerciale di Internet (Abramson, Arterton e Orren 1988). Allora, si enfatizzavano le possibilità che le nuove tecnologie, compresa la TV via cavo, avrebbero potuto offrire per affermare una forma più forte di democrazia partecipativa, in cui i cittadini fossero in grado di prendere parte direttamente alle decisioni che li riguardavano (Grossman 1995, Toffler 1995, Barber 1984, per una rassegna vedi De Rosa 2000). Le nuove tecnologie dovevano servire per costruire dei nuovi istituti di partecipazione, tali da abbattere le barriere di accesso che tradizionalmente scoraggiano i più a prendere parte nei processi democratici.

Nelle visioni più radicali Internet sarebbe dovuta diventare il luogo per l'affermazione di una nuova forma di democrazia diretta (gli studiosi americani pensavano più che alla Grecia classica ai town meeting del New England, una forma di autogoverno locale che permetteva ai cittadini di una township, riuniti insieme, di discutere dei problemi che li riguardavano, formulare proposte e prendere decisioni). Questo filone di pensiero produsse anche dei risultati concreti.

Le prime community network statunitensi (le freenet) crearono nel 1989 la National Public Telecomputing Network che diffuse ulteriormente l'uso delle nuove tecnologie in ambito locale come strumenti di partecipazione e democrazia. L'esperienza degli studiosi del community networking, inoltre, testimonia come l'e-democracy non sia una fenomeno limitato ai governi; al contrario, cruciale per il suo successo è la partecipazione della società civile. Per questo, in generale si parlava (e si parla ancora) di nuove tecnologie come fattore di espansione, reivenzione e rilancio della sfera pubblica (Bennet e Entam 2001, Porter 1996, Crane 1995, Thompson 1995), quello spazio partecipativo tra pubblico e privato concettualizzato da Habermas con riferimento alla prima società borghese (Habermas 1969).

L'e-govenment rappresenta solo un aspetto dell'e-democracy: l'applicazione delle nuove tecnologie alle transazioni fra cittadini e pubbliche amministrazioni con il fine di renderle più rapide ed efficienti. L'e-government non si preoccupa delle transazioni che fanno parte dei processi democratici in quanto tali. Inoltre, mentre la logica dell'e-democracy è ancorata alle radici di una riflessione su democrazia e nuove teologie, la logica dell'e-government è legata agli studi delle organizzazioni e dei processi aziendali. Oggi l'e-government è diventata la parola d'ordine di qualunque discussione su Stato e nuove tecnologie. Intorno a quest'idea sono fiorite riviste, conferenze, e società di ricerca.

Inoltre, la maggior parte dei governi nazionali negli Stati più evoluti ha lanciato ambiziosi piani di azione con la promessa di mettere a disposizione on-line dei propri cittadini quanti più servizi possibili.

In questo passaggio, dunque, viene meno l'idea che le nuove tecnologie possano diventare uno spazio di partecipazione politica e si fa strada il concetto che le reti informatiche siano piuttosto uno strumento per l'erogazione di servizi e l'ammodernamento della pubblica amministrazione. Non c'è ovviamente nulla di sbagliato in questa seconda posizione - anzi, il miglioramento delle transazioni economiche fra pubblica amministrazione e cittadini ha sicuramente una ricaduta positiva sui rapporti con le istituzioni democratiche. Tuttavia sosterremo che se questa seconda posizione dovesse finire per oscurare completamente la riflessione sull'e-democracy le prospettive per l'uso democratico delle nuove tecnologie sarebbe messo a repentaglio.


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Le cause

Le cause che stanno dietro a questo slittamento sono molteplici. Vediamo le principali.

In primo luogo, nei confronti dei principali esperimenti di e-democracy i risultati sono stati di solito deludenti in termini di partecipazione (Grandi 2001). Gli insuccessi in un ambito, come è comprensibile, hanno spinto a tentare nuove strade.

In secondo luogo, gli sperimentatori si sono trovati davanti alla difficoltà di applicare il concetto di democrazia alla rete. Probabilmente questo dipende dal fatto che il concetto di democrazia è per molti versi un ideale che si lascia difficilmente tradurre in soluzioni operative. Per questo, spesso, il concetto di democrazia introdotto nei progetti di e-democracy è stato abbastanza semplicistico. In molti casi, per democrazia si è intesa la democrazia diretta delle città stato greche o dei già ricordati town meeting. In realtà, i sistemi democratici contemporanei, oltre a differire in modo sostanziale in quanto forme più o meno perfette di democrazia rappresentativa, non prevedono nella partecipazione dei cittadini al governo dello stato il solo (e il principale) strumento di affermazione dei principi democratici. I risultati deludenti di molti progetti possono essere dipesi anche da questo.

In terzo luogo, nell'ultimo decennio c'è stato un grande interesse nei confronti dell'ammodernamento della pubblica amministrazione attraverso le nuove tecnologie, prima il computer e poi Internet. Quest'ultima è presto diventata un po' la panacea per molti dei mali delle pubbliche amministrazioni troppo burocratiche e inefficienti. L'importanza di questo dibattito è particolarmente significativa per l'Italia dove i criteri di efficienza e trasparenza nella pubblica amministrazione sono stati introdotti ufficialmente per la prima volta nel 1990 e dove l'aumento dell'importanza delle funzioni di comunicazione degli uffici pubblici nel migliorare il servizio ai cittadini ha proprio coinciso con l'affermarsi nel settore privato di Internet.

In quarto luogo, non possiamo non menzionare l'interesse delle grandi società di consulenza (McKinsey, Accenture, Deloitte & Touche, KPMG solo per citarne alcune) che con le loro iniziative (ricerche, conferenze e siti web) hanno sicuramente contribuito a aumentare l'interesse intorno all'e-government (involontariamente oscurando l'importanza di una più ampia riflessione sull'e-democracy). L'interesse di queste imprese è semplice: il settore pubblico è un ottimo cliente. Inoltre, molto del know how necessario per servire i governi nazionali locali è già a loro portata: da una parte, in tutte queste imprese le practice specializzate nel servire la pubblica amministrazione non sono una novità e dall'altra lo studio dei problemi tecnologici e organizzativi nell'applicazione ai processi aziendali delle nuove tecnologie è già stato ampliamente portato avanti con i clienti del settore privato.

In quinto luogo, di recente un'altra minaccia alla comprensione del valore del concetto di e-democracy è stata portata dal dibattito sul voto elettronico, letteralmente esploso a seguito delle disastrose operazioni di voto in Florida nelle elezioni americane del 7 novembre 2000. Per voto elettronico in realtà si intendono almeno tre cose diverse: l'elaborazione in tempo reale dei voti attraverso dispositivi informatizzati sul luogo del voto (di solito si pensa a dei kioski con touch screen, simili a uno sportello bancomat); la diffusione di simili dispositivi (non collegati ad Internet) in luoghi pubblici (come un supermercato) per aumentare la convenienza e facilità di votare; infine, il voto attraverso Internet che chiunque potrebbe effettuare da casa. Di recente una task force voluta dalla National Science Foundation ha concluso la fattibilità del primo tipo di voto elettronico e ha sottolineato i rischi (sia tecnologici che culturali) delle altre due forme. Soprattutto la mancanza di sicurezza (o la perce
zione di questa mancanza) è visto come un fattore che potrebbe perfino delegittimare il processo elettorale. Tuttavia, proprio questo dibattito, ancora una volta ha portato a identificare la e-democracy con una sua specifica applicazione tecnica.

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Le conseguenze

Con questo articolo non voglio in alcun modo screditare l'importanza dei progetti di e-government: sono essenziali per migliorare il rapporto tra Stato e cittadino, nonché la pubblica amministrazione. Se saranno condotti a dovere, dal miglioramento di questo rapporto non ne potranno non trarre beneficio anche gli altri istituti democratici. Tuttavia, l'enfasi sull'e-government a scapito di una riflessione più complessiva sull'e-democracy ha due conseguenze, magari non volute, ma di sicuro indesiderabili per un paese democratico.

In primo luogo, si finisce per equiparare il cittadino a un consumatore/utente. Nelle riflessioni sulla e-democracy il concetto di cittadinanza era fondamentale: si parlava di netizen e delle implicazioni dell'uso delle nuove tecnologie sullo stesso futuro della cittadinanza. Nei discorsi sull'e-government l'accento è tutto sull'offrire i migliori servizi possibili agli utenti. In questo si vede come soluzioni sperimentate nel settore privato sono riarticolate, con scarsa consapevolezza delle conseguenze, nel settore pubblico.

Parlare di utenti/consumatori va benissimo finché significa riconoscere agli individui in rapporto alla pubblica amministrazione un'elevata qualità di servizio. Tuttavia, il paragone può essere sviante. Se davvero la pubblica amministrazione finisse per trattare i cittadini come consumatori, non si vede perché dovrebbe farsi carico delle spese economiche necessarie per assicurare un servizio universale nelle poste e nelle telecomunicazioni. Decisamente, è meglio pensare a dei cittadini in rapporto alla pubblica amministrazione con diritti e doveri.

Una seconda conseguenza, è l'aumentato potere dato agli amministratori pubblici a scapito dei politici eletti. Questa dicotomia tra politica e amministrazione è stata riconosciuta di recente anche in Italia ed è in linea con il processo di ammodernamento della pubblica amministrazione. Non fa neppure male che i cittadini conoscano meglio il braccio operativo dello stato e che gli impiegati pubblici possano guadagnarsi, attraverso un migliore livello di servizio, maggiore rispetto e considerazione. Tuttavia, non bisogna dimenticare che il legame primario tra cittadini e Stato è costituito dai loro rappresentanti eletti. Per questo è negativo che questi ultimi non si avvantaggino delle nuove tecnologie per migliorare e rendere più denso questo legame.


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Alcune modeste proposte

A conclusione di queste note, raccogliamo qua, in ordine sparso, alcune proposte concrete che potrebbero contribuire a riportare il discorso su Internet e cosa pubblica nel territorio dell'e-democracy.


Tutti i politici eletti dovrebbero essere dotati di "sportelli virtuali" accessibili via web (e anche telefonicamente o attraverso altri strumenti tradizionali finché Internet non raggiunge la totalità del pubblico) per poter dialogare in modo diretto e continuo con i cittadini del collegio o circoscrizione che rappresentano. Ai politici locali dovrebbe essere data massima visibilità, dal momento che non è possibile aspettarsi dai soli parlamentari una risposta a tutti i problemi. Questi sportelli dovrebbero servire per raccogliere feedback e proposte (non per fare referendum) e per informare sull'attività pubblica degli eletti.

Tutti i politici eletti dovrebbero essere sottoposti a un programma di alfabetizzazione e sensibilizzazione nei confronti delle nuove tecnologie. Non è ammissibile che la conoscenza dell'uso del computer sia un requisito essenziale per qualunque lavoro impiegatizio, ma sia un optional quando si ricopre una carica pubblica. Ovviamente l'esistenza di tali programmi non precluderebbe a nessun "analfabeta" informatico di competere per un ufficio. L'importante che anche costui o costei dedichi un po' del suo tempo da eletto a per familiarizzarsi con Internet.

Dovrebbe essere creato un database di pubblico dominio (e possibilmente un portale web) con i nominativi di tutti i politici eletti e candidati facilmente ricercabile (vedi già la proposta di Schneider 2000). Inoltre, questo database/portale dovrebbe fornire rapido accesso ai siti personali e gli "sportelli virtuali" dei politici. Il db dei politici eletti di Polix o quelli creati da Project Vote Smart o The Guardian sono ottimi esempi di un simile progetto.

Uso di Internet per dare massima visibilità a tutti gli atti pubblici, comprese le finanze private dei politici. Anche qui un database o un portale sarebbero l'ideale. Il sito opensecrets.org del Center of Responsive Politics offre un ottimo benchmark al riguardo

Apertura di una riflessione sulle regole da applicare all'uso elettorale di Internet, in particolare alle sue implicazioni per le finanze delle campagne e per il diritto di accesso ai mezzi di informazioni. Nelle elezioni le reti civiche dovrebbero assumere un ruolo proattivo. Iperbole, sin dalle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale e del sindaco nel 1999 ha messo a disposizione dei cartelloni (pagine web) e delle piazze virtuali (newsgroup) a tute le liste che le richiedessero.

Sul sito del parlamento, dovrebbe essere disponibile ogni dettaglio sull'attività dei parlamentari: disegni di legge presentati, presenze in aula, interrogazioni e interpellanze ecc. Il sito del senato della California offre un sistema di ricerca sui "bill" presentati molto efficiente (www.sen.ca.gov, link "legislation" in home page) .

Sperimentare nuovi istituti di partecipazione tramite Internet con il contributo della società civile e un'idea più ricca di democrazia che non sia limitata alle sole forme di scrutinio diretto. La Minnesota e-democracy(www.e-democracy.org) offre un ottimo esempio di forum pubblico di discussione a livello locale sui problemi della comunità promosso da un'organizzazione indipendente.

Per le stesse ragioni espresse nel punto precedente, presso le reti civiche dovrebbero essere costituiti dei comitati degli utenti, con fini consuntivi e a cui dare anche in gestione spazi sulla rete stessa.

Come anticipato si tratta solo di proposte in ordine sparso, ma tutte puntano in una stessa direzione: l'impiego delle nuove tecnologie per arricchire l'esperienza che hanno i cittadini della cosa pubblica.


Ultimo aggiornamento: 13/11/06