Tema: Comunicazione pubblicaInnovazione tecnologica,

L'e-transparency delle amministrazioni pubbliche

La trasparenza e le ICT: i riflessi sulla partecipazione e il diritto di accesso nell'uso sempre più ''banale'' delle nuove tecnologie nella P.A:

di Enrico Carloni

Indice

1. Premessa
2. Sviamenti e tradimenti: la "riduzione" ed il "contenimento" della trasparenza amministrativa
3. La trasparenza "tradizionale" in un'amministrazione "digitale"
4. Le nuove declinazioni della trasparenza: l'e-transparency

 

1.Premessa

Sono trascorsi ormai quasi quindici anni da quando la stagione di riforme che ha prodotto la legge 142 e poi la legge 241 ha posto al centro dell'attenzione il tema della trasparenza amministrativa. La tensione verso la realizzazione di un'amministrazione che fosse, davvero, una "casa di vetro", secondo l'ormai abusata metafora di Turati, trovava allora coronamento, seppure in modi e forme non sempre corrispondenti alle intenzioni iniziali, ed in particolare a quelle contenute nel disegno di legge sul diritto di accesso poi confluito nel testo della legge 241 del 1990.

Temi noti, d'altra parte, che qui non è il caso di ripercorrere.

Utile è, però, ai fini di questa breve digressione, riprendere le riflessioni del Consiglio di Stato, che aveva criticato alcune "aperture" ad una generalizzazione del diritto di accesso, ritenute eccessive: se ciascun cittadino (e non solo quelli portatori di una situazione giuridicamente rilevante) avesse avuto diritto di accedere ai documenti delle pubbliche amministrazioni, ne sarebbe derivata una mole di lavoro eccessiva per le amministrazioni stesse, costrette (potenzialmente) a trascurare le proprie primarie funzioni istituzionali per trasformarsi in uffici per l'accesso. La generalizzazione del modello previsto per le autonomie locali si poneva, quindi, in contrasto con lo stesso buon andamento dell'amministrazione: vero è, va detto, che trascurare le ricadute organizzative nel prevedere diritti o nel disciplinare l'azione amministrativa è un errore tanto grave quanto (sempre più) ricorrente, cosicché l'appunto del Consiglio di Stato va colto anche come utile ammonimento, non solo come chiusura all'innovazione.

Da allora, però, il quadro di contesto è significativamente mutato. Non c'erano, all'epoca, ad esempio, gli Uffici per le relazioni con il pubblico (la prima "dimensione organizzativa" della trasparenza), ma, soprattutto (e per quello che qui più interessa), era, quella, un'amministrazione agli albori della sua informatizzazione. Il mondo, da allora, è cambiato più di quanto non appaia a chi si ponga di fronte a questi fenomeni con gli occhi dell'operatore del diritto: anche il diritto, però, si è progressivamente adeguato, pur nella difficoltà a tenere il passo di una evoluzione, quale quella legata alle tecnologie dell'informazione, quantomai rapida.

 
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2. Sviamenti e tradimenti: la "riduzione" ed il "contenimento" della trasparenza amministrativa

Prima di tratteggiare le dinamiche di trasparenza innescate o rese possibili dalle nuove tecnologie (e dalla regolazione di supporto che sta accompagnando la loro applicazione alle amministrazioni pubbliche), sembra opportuno riflettere brevemente sull'attuale "stato dell'arte" della trasparenza amministrativa. Una condizione, quella della trasparenza, non particolarmente brillante, almeno a tener conto delle aspettative iniziali.

Un rallentamento dovuto a fattori di varia natura ed influenza, tra i quali possono forse individuarsi gli "avversari" della trasparenza: venuta meno l'impostazione, assai risalente, che voleva l'agire amministrativo caratterizzato dal "segreto", è ora in altre ragioni che possiamo trovare un limite al dispiegarsi di un principio che costituisce, a sua volta, espressione dei principi costituzionali di imparzialità e responsabilità. In questa sede, sono in particolare due i fenomeni che brevemente esamineremo, in quanto causa, da un lato, di "riduzione" (della portata del principio) e, dall'altro, di "contenimento" (della trasparenza nel suo concreto dispiegarsi): il diritto di accesso e la tutela della riservatezza. Affermazione, evidentemente, tanto provocatoria quanto meritevole di spiegazione.

Dire che il diritto di accesso è un "avversario" della trasparenza è, chiaramente, quasi un divertissement, ma in quest'affermazione c'è del vero: questo perché la trasparenza ha finito spesso per ridursi, quasi coincidere, con il diritto di accesso, sia nell'interpretazione della giurisprudenza che della dottrina.

Quindi, soddisfatto il diritto di accesso, ecco soddisfatte anche le esigenze di trasparenza del sistema? ma ridurre la trasparenza all'accesso significa ridurre un'esigenza generale, alla verificabilità e controllabilità dell'azione amministrativa, ad un interesse individuale, o al più collettivo, il che, come è evidente, non è la stessa cosa. Non la "casa di vetro", utilizzando la metafora già richiamata, ma una finestra, che si apre su richiesta (e non di chiunque, ma solo di alcuni).

 D'altra parte, poi, l'accesso serve davvero a tutelare? o meglio, riesce davvero a tutelare, posizioni giuridiche "deboli", interessi che non siano forti?
 Prova a riuscirci, soprattutto dopo le ultime riforme (mi riferisco, in particolare, al ruolo riconosciuto ai Difensori civici), ma è anche vero che contro il denegato accesso si fa ricorso, comunque, solo a fronte di interessi forti.

Restano, certo, i soggetti portatori di interessi diffusi, ed evidentemente non può tacersi dell'importanza di questi soggetti nella prospettiva "democratica" (come controllo democratico) della trasparenza. Rimangono, però (pure con queste precisazioni), le notazioni di cui sopra, che acquistano un rilievo ancora maggiore in relazione alle considerazioni che seguiranno.

Il secondo indiziato: la tutela della riservatezza? anche qui con qualche, minima ma necessaria, precisazione. Contrapporre diritti, gli uni contro gli altri armati, è operazione più che semplicistica, direi brutale. Vero è, però, che l'attenzione, ossessiva e crescente, del legislatore, comunitario e quindi nazionale, sul "dato personale" è espressione, a nostro avviso, di ben più che della volontà di tutelare la sfera della personalità del singolo da indebite intromissioni, ma (anche) di un ripiegamento individualistico che trova, nello stesso periodo, anche altre manifestazioni. Un'attenzione quasi parossistica, fatta di regolazioni stringenti e capillari, che solo in misura limitata garantisce il risultato che si prefigge (o, perlomeno, ad opinione di chi scrive, in misura non proporzionale allo sforzo ed ai costi richiesti) ?ma questo è un discorso che porterebbe lontano.

Questa attenzione si riflette sulle condotte, prima (e più ancora) che sulla disciplina positiva della trasparenza, cosicché seppure il diritto di accesso prevale sulla tutela della riservatezza, questo è solo in quanto il diritto da tutelare (attraverso l'accesso) sia di rango almeno pari a quello alla tutela della privacy.

Sempre che, ovviamente, non si possano soddisfare le une come le altre esigenze, "mascherando" adeguatamente il documento, limitando l'accesso a parti di esso, o quant'altro. Quindi, di nuovo, diritti che si fronteggiano, rispetto ai quali deve trovarsi un contemperamento od un bilanciamento, ma rispetto ai quali è la trasparenza in sé, come pubblico interesse ad un controllo democratico e come risultato, a trovare spazi via via più angusti (non, certo, rispetto all'amministrazione di ieri, ma rispetto alle sue potenzialità).

Il tutto, beninteso, senza voler trascurare innovazioni e previsioni di assoluto rilievo, via via intervenute, quali, ad esempio, quelle contenute nella legge 150 del 2000.

 
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3 . La trasparenza "tradizionale" in una amministrazione "digitale"

In questo scenario, le nuove tecnologie sono chiamate a giocare un ruolo centrale. Nel "mondo di oggi" l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione consente di accompagnare e favorire la trasparenza, sia nella sua versione tradizionale, sia sotto nuove e mutate forme. Perché la "trasparenza" è, prima ancora che un principio, un risultato, frutto della somma di una serie di istituti, meccanismi, fattori, che vivono ora nell'azione, ora nell'organizzazione delle pubbliche amministrazioni, ora sono esterni a queste (come il ruolo di un sistema dei mass media attento e pluralistico). Prevedere determinate regole, quali, ad esempio, l'obbligo di motivazione, la comunicazione di avvio, determinati ruoli, quale quello del responsabile del procedimento, determinati istituti, quale il diritto di accesso, contribuisce alla sua realizzazione, così come vi contribuiscono la previsione di determinate strutture, quale l'URP, di precisi doveri dei dipendenti, quali quelli contenuti nel Codice di comportamento? solo per esemplificare, evidentemente.

A livello comunitario, ad esempio, l'ampiezza dei fenomeni riconducibili alla (o che realizzano la) trasparenza è chiara, basti vedere in questo senso già la dichiarazione di Laeken del 2001, dove il concetto è ripetuto una decina di volte, con accezioni diverse (trasparenza delle azioni e dell'apporccio comunitario, della formazione delle decisioni, nel riparto delle competenze, a livello di Trattati, ecc.).

In uno scenario, quindi, già di una certa complessità, le nuove tecnologie consentono, ora, uno scatto in avanti della trasparenza amministrativa, come d'altra parte già sta avvenendo.

Da questo punto di vista sembra, però, significativo scomporre i fenomeni: da un lato cé una "trasparenza tradizionale" che si avvale dei nuovi strumenti e delle nuove potenzialità, muta di conseguenza ma senza che vi sia un cambiamento strutturale di principi, regole, meccanismi ed istituti. Dall'altro lato abbiamo una dimensione radicalmente nuova, nella quale viene meno questa possibilità di confronto, come anche la possibilità di leggere i fenomeni in chiave "evolutiva": c'è una discontinuità che merita di essere evidenziata.

 Ecco, a voler offrire definizioni, mentre la prima non è che la trasparenza tradizionale, che si avvale delle nuove possibilità tecnologiche (perché l'utilizzo dell'ICT è ormai, non dimentichiamolo, qualcosa che rientra nella normalità dell'amministrare), la seconda è davvero qualcosa di nuovo: una trasparenza "virtuale" o, usando forse uno dei pochi termini ancora scarsamente ricorrenti nell'analisi dei fenomeni che coinvolgono l'applicazione delle nuove tecnologie, una "e-transparency".

L'una (quella "tradizionale") e l'altra (quella "virtuale") che insieme altro non sono che la trasparenza complessivamente intesa, quale risultato dell'applicazione di regole ed istituti di diversa matrice e natura. Sotto il primo versante, ovvero per quanto attiene alla trasparenza delle amministrazioni "digitali", le prospettive sono comunque assolutamente significative, e qui non potremo che darne una traccia.
 
Istituti tradizionali quali l'accesso, sia extraprocedimentale che, ancor più, endoprocedimentale, vengono ad esaltarsi attraverso la possibilità, per il cittadino, di accedere on-line alle informazioni detenute da amministrazioni. Strumenti di identificazione sicuri, quali la firma digitale, consentono, inoltre, un agevole riconoscimento dell'interlocutore, cosicché non sembrano porsi, da questo punto di vista, né ostacoli né problemi nuovi: nuove sono, però, le opportunità. Un accesso più agevole, per il quale vengono meno (o si riducono) limiti di ordine temporale e spaziale, fermi restando, però, i problemi di tipo culturale. Delle opportunità offerte dalle nuove tecnologie beneficeranno, è chiaro, in primo luogo parti popolazione, mediamente ad alta scolarità: è il problema, ben noto, del digital divide, con il quale, peraltro, le amministrazioni pubbliche più attente, sin dai tempi dei "chioschi", si confrontano.
 
La trasparenza risulta, però, esaltata soprattutto dalle forme di pubblicità che sono ora, a costi sostenibili, possibili: pubblicità in senso tecnico, quale fonte di certezza giuridica, ma anche, più in generale, nell'accezione di conoscibilità generalizzata di cui alla legge 142 del 1990 ed ora al Testo Unico degli enti locali (art.10).

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4 . Le nuove declinazioni della trasparenza: l'e-transparency

Un quadro di quanto muti il concetto di trasparenza, e di quali contenuti si sostanzi, ci è offerto dagli annuali rapporti Censis - RUR sulle Città digitali, come anche, più semplicemente, dalla navigazione attraverso i siti delle diverse amministrazioni: a partire dall'organigramma, da norme, statuti, regolamenti, atti a contenuto generale, informazioni su procedure. Un quadro, pure sintetico, ci è dato, inoltre, da una serie di atti emanati dal Ministro per l'Innovazione, quali le Linee guida in materia di digitalizzazione delle amministrazioni. Qui la "trasparenza" si traduce (e si realizza) nella disponibilità on-line di una serie di informazioni sull'amministrazione, nella pubblicazione in rete di una serie di atti, di norma a contenuto normativo o generale, in servizi informativi interattivi: un'area definita, appunto, come area della "trasparenza", che a ben vedere costituisce oramai (pure tra contenuti in concreto variabili) il comune denominatore dei siti istituzionali territoriali.

Le recenti innovazioni, non solo tecniche, ma anche normative, consentono però ora di ampliare la prospettiva: non solo un affiancarsi di una trasparenza "virtuale" alla trasparenza "tradizionale" per una migliore realizzazione dei medesimi istituti, ma un vero e proprio cambiamento, cosicché sono meccanismi ed istituti nuovi quelli con i quali iniziamo a confrontarci. Quale sia il momento in cui si realizza questo "salto qualitativo" è in realtà non sempre facilmente percepibile: basti pensare ad obiettivi quale quello dell'accesso on-line, da parte dei cittadini, all'iter delle pratiche, previsto sia dalla c.d. Direttiva sulla trasparenza del 9 dicembre 2002 che, come "obiettivo di legislatura", dalle Linee guida in materia di digitalizzazione per il 2002: qui è di una nuova manifestazione di qualcosa di tradizionale (l'accesso) che parliamo, o già di nuove declinazioni della trasparenza (la "tracciabilità", ad esempio)?

Dubbi legittimi, e forse naturali, che discendono dal fatto che si tratta di categorie nuove, e semplicemente abbozzate, delle quali è quindi da valutare la "tenuta" e delle quali vanno verificati, caso per caso, i "confini": certo è, quali che siano le categorizzazioni proposte, che la trasparenza, come risultato, trova nelle nuove tecnologie (e nella regolazione "di accompagnamento") un formidabile alleato, come è evidente già da questi esempi.

Seguendo, però, la distinzione proposta (vale a dire, prospettando un'accezione se vogliamo restrittiva del concetto di e-transparency), quali fenomeni emergono come realmente "nuovi"? Non tanto l'accesso on-line in funzione di partecipazione, né la possibilità di comunicare via mail, né lo stesso accesso documentale, quanto piuttosto principi quali quelli di usabilità e accessibilità, che mirano a facilitare il rapporto tra cittadino ed amministrazione, rendendo da un lato comprensibile l'agire amministrativo che si sviluppa secondo modalità digitali, e consentendo, dall'altro, anche ai soggetti svantaggiati l'interazione con l'amministrazione.

L'accessibilità, da intendersi come necessità di adottare gli accorgimenti che permettando agli utenti di usufruire del web, a prescindere dal loro deficit fisico, culturale, tecnologico, è stata, in particolare, oggetto di una specifica disciplina legislativa (la c.d. Legge Stanca, n.4 del 2004), alla quale pure sembra prestarsi un'attenzione minore del dovuto. Il quadro proposto è, peraltro, meramente esemplificativo e senz'altro sommario: le prospettive aperte dal Dpr 445 sono ancora da sviluppare e lo stesso quadro normativo è in rapida evoluzione. Non ancora attuate tutte le innovazioni previste dal Testo Unico sulla documentazione amministrativa, già il Governo sembra, infatti, pronto ad operarne la riforma nel quadro, ben più ampio, di un Codice delle amministrazioni digitali, in attuazione della delega contenuta nell'art.10 della legge 229 del 2003.

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Ultimo aggiornamento: 29/11/05