Chiarezza
Pur avendo un contenuto molto tecnico, rivolto principalmente agli uffici che "producono norme", la circolare vuole anche essere la regola da utilizzare perché leggi e regolamenti rispondano meglio ai criteri della comunicazione.
Pertanto, l'obiettivo fondamentale della circolare consiste nel dettare una serie di regole di redazione, che garantiscano a chiunque la chiarezza del contenuto, eliminando possibilmente le ambiguità o le frasi per soli addetti ai lavori.
Non a caso, la circolare dedica particolare attenzione ai criteri di ricerca elettronica dei testi normativi, visto che ormai le banche dati delle leggi e dei regolamenti sono consultate soprattutto per via informatica, anche attraverso la rete internet, e sempre meno si ricorre alla ricerca sul cartaceo.
Un primo criterio teso alla trasparenza, allora, consiste nella direttiva di individuare i medesimi concetti ed istituti normativi sempre con le stesse denominazioni, senza utilizzare sinonimi, che possono fuorviare nella ricerca testuale elettronica.
A questa regola "informatica", la circolare ne accompagna alcune altre di carattere più grammaticale, tese evidentemente ad obbligare i soggetti produttori di norme (Parlamento, Governo, Ministeri, regioni, enti locali) ad utilizzare forme sintattiche, termini e regole grammaticali semplici e comprensibili.
L'indicazione principale consiste nell'utilizzo dell'indicativo presente, con l'esclusione del modo congiuntivo e del tempo futuro. Ad esempio, non è corretto scrivere "il cittadino potrà autocertificare", oppure "qualora l'amministrazione lo consenta", ma forme dirette, come "nei casi previsti, il cittadino autocertifica".
La regola generale dell'utilizzo dell'indicativo presente, determina, secondo la circolare, la conseguenza di evitare l'uso di espressioni come "il cittadino deve", "è tenuto a", o similari: l'imperatività dell'azione da compiere, infatti, è già assicurata dall'utilizzo dell'indicativo presente.
Un altro metodo da usare per rendere più chiare le norme consiste nell'evitare l'uso della forma passiva ed in particolare del "si" passivante. L'utilizzo di questa forma grammaticale, infatti, può rendere poco chiaro l'agente o il destinatario preso in considerazione dalla disposizione. Ad esempio, non è corretto scrivere la norma con la seguente forma: "l'obbligo di fare qualcosa si deve adempiere da parte di ...". Occorrerà, allora, formulare lo stesso concetto in modo più diretto: "... adempie l'obbligo di fare qualcosa".
Ancora, sarà vietata la forma retorica della doppia negazione (es.: non può non...), che appesantisce il testo e ne rende maggiormente difficile la comprensione.
Un'altra regola particolarmente apprezzabile dal punto di vista grammaticale è quella che imporrà l'uso delle parole straniere esclusivamente al singolare. Pertanto, i testi dovranno riportare le parole latine al singolare, come le regole grammaticali richiedono: dunque, è corretto scrivere "i professionisti presentano il curriculum" e non "i professionisti presentano i curricula".
Per rendere ancora più chiara la lettura, inoltre, sia i termini stranieri, sia le espressioni tecniche, ambigue o poco utilizzate dovranno essere accompagnate da definizioni, che le spieghino. Così, ad esempio, all'espressione "project financing" farà seguito la sua definizione, magari tra parentesi, come "( finanziamento di opere pubbliche con capitali in tutto o in parte privati)".
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Interpretazione
Ovviamente, gran parte della circolare è dedicata anche a regole di formulazione delle norme, che finiscono col coincidere anche con regole per l'interpretazione delle norme stesse. Il che rappresenterà un indubbio vantaggio per la corretta applicazione delle leggi, soprattutto da parte delle amministrazioni pubbliche, principali attuatori delle disposizioni normative.
Uno dei punti maggiormente qualificanti della circolare, consiste nella disposizione secondo la quale le disposizioni derogatorie e quelle che disciplinano casi particolari richiamano la disposizione generale, rispetto alla quale rappresentano un'eccezione.
Come è noto, la capacità delle norme di derogare ad altre disposizioni non traspare quasi mai dal testo normativo, sicché sono gli interpreti ed i giudici a individuare nelle norme il carattere derogatorio. Ma le interpretazioni dottrinali e giurisdizionali sono in evoluzione e cambiano, anche secondo il contesto normativo nel quale operano.
Occorre, allora, una chiara presa di posizione del legislatore, che già da qualche tempo si è reso conto che il terreno delle deroghe appare "minato". Non a caso, sia la legge 265/1999, sia il D.lgs 267/2000, hanno previsto che la normativa sull'ordinamento degli enti locali enunci chiaramente i "principi inderogabili", in modo che si definiscano con certezza i confini dell'azione normativa degli enti locali medesimi.
La circolare, ora, pone una regola simile: le deroghe normative e regolamentari, in sostanza, debbono essere espresse ed evidenti. A tale scopo, debbono anche richiamare la norma generale derogata, così da indicare con precisione la disciplina della corretta applicazione della norma.
Operazione analoga è svolta anche per le abrogazioni. La circolare impone, molto opportunamente, di non utilizzare la formula abrogativa generica del tipo "tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge sono abrogate", espressione vuota e ridondante, per altro, inutile visto che l'abrogazione implicita per incompatibilità delle norme è prevista dall'articolo 15 delle cosiddette "preleggi".
Onere dei produttori di norme, invece, è individuare con assoluta precisione le singole disposizioni abrogate dalle norme successive, le quali ultime debbono indicare le leggi, gli articoli ed i commi da abrogare. Qualora l'elencazione delle abrogazioni espresse non è esaustiva, per qualsiasi ragione, occorrerà utilizzare la formula "sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni". L'interprete, in tal modo, saprà che l'elencazione contenuta nella nuova norma non è completa.
La circolare dedica largo spazio alla cosiddetta "novellazione", in altre parole alle modifiche testuali che norme successive apportano sulla redazione dei testi di norme precedenti.
Proprio perché l'abrogazione implicita o la modifica implicita dei testi rendono complessa ed incerta l'attività interpretativa, la circolare privilegia appunto la novellazione, la modifica testuale espressa dei testi quale strumento per l'adeguamento dei testi. Pertanto, le nuove norme debbono sostituire completamente ed interamente le parti modificate delle norme antecedenti, secondo un sistema di rinumerazione degli articoli e dei commi analiticamente indicato dalla circolare, che prevede il rispetto, per quanto possibile, della numerazione precedente, l'indicazione espressa dell'abrogazione di numeri di articoli o di commi non riprodotti e, nel caso di aggiunte di articoli nuovi, sistemi di rinumerazione degli articoli utilizzando l'avverbio numerale latino, come 1-bis, 1-ter, ecc...
I fruitori delle norme dovranno riconoscere con facilità anche le norme di interpretazione autentica, che dunque dovranno essere espresse come tali nel testo normativo. Allo stesso modo, i testi dovranno specificare se ci si trovi di fronte ad una modifica sostanziale ad una disposizione, che abbia effetti retroattivi.
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Delegificazione
Molto importante è il principio secondo il quale il Governo, nell'esercizio del suo potere regolamentare, dovrà specificare qual è la natura dei regolamenti adottati, se di esecuzione, di delegificazione, di organizzazione o ministeriali. Lo stesso legislatore, se demanda a successivi regolamenti, il completamento di una disciplina, dovrà indicare a quale tipo di regolamento ricorrere.
In particolare, se una certa disciplina è stata oggetto di regolamenti di delegificazione, occorrerà evitare di modificare, anche in modo frammentario, detta disciplina mediante atti aventi forza di legge, in quanto si tornerebbe a sottoporre la materia di nuovo a fonte legislativa e non regolamentare.
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Autonomie
La circolare, infine, indirettamente stabilisce come il legislatore debba muoversi per garantire il necessario spazio all'autonomia delle regioni e degli enti locali.
Quanto alle regioni, la circolare prevede espressamente che ove con l'atto legislativo si intenda stabilire i principi fondamentali per le regioni, ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, il testo deve stabilirlo espressamente. Detti principi generali, inoltre, non potranno essere sparpagliati all'interno del testo: il legislatore li dovrà collocare in una specifica parte autonoma dell'atto, specificando se si tratta di principi immediatamente applicabili in assenza di leggi regionali concorrenti, o se si applicheranno a decorrere da una data prefissata, qualora la regione non adegui la propria legislazione.
Inoltre, le disposizioni normative che impongano adempimenti a carico delle regioni o degli enti locali, non dovranno individuare gli organi competenti, né il tipo di atto da emanare. In questa maniera il legislatore non indicherà, quindi, le competenze, che sono del resto già determinata a monte dalla Costituzione dai principi del D.lgs 165/2001 e, per gli enti locali, dal D.lgs 267/2000, oltre che dagli statuti e regolamenti.
Pertanto, ciascun ente dovrà individuare alla stregua di detti principi sia il soggetto competente, sia la natura dell'atto da adottare, attenendosi in particolar modo alla regola secondo la quale gli atti gestionali sono di competenza della dirigenza, mentre agli organi di governo spettano gli atti di programmazione e controllo.
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