Tema: Varie

Le dichiarazioni sostitutive del Dpr 445/2000

di Luigi Oliveri

 Indice

 

 Premessa

Uno dei fulcri dell'azione di semplificazione dell'attività amministrativa, derivante direttamente dalle leggi 59/1997 e 340/2000, anche se sviluppata nel Dpr 445/2000, consiste nella disciplina delle dichiarazioni sostitutive.

Detta regolamentazione è il punto centrale, infatti, della modifica di prospettiva dell'azione amministrativa, in quanto consente ai soggetti che entrano in contatto con le amministrazioni di non dover fornire obbligatoriamente i certificati o, comunque, i documenti a comprova di situazioni, fatti, stati e qualità, essendo sufficienti le dichiarazioni sostitutive dei certificati o documenti medesimi, o dell'atto di notorietà.

L'amministrazione è tenuta a dare corso al procedimento amministrativo ed a verificare in via successiva la veridicità delle dichiarazioni. Si inverte, in sostanza, l'onere della prova: non è il cittadino a dover fornire le prove documentali, ma tocca alla stessa amministrazione, che in prima istanza deve fidarsi delle dichiarazioni del cittadino, provare l'eventuale falsità delle dichiarazioni medesime.

A mente dell'articolo 1, lettera g), per dichiarazione sostitutiva di certificazione si intende il documento sottoscritto dall'interessato, prodotto in sostituzione dei certificati.

La successiva lettera h) definisce la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà il documento, sottoscritto dall'interessato, concernente stati, qualità personali e fatti, che siano a diretta conoscenza di questi, resa nelle forme previste dal Dpr 445/2000.

La semplificazione del contatto tra cittadini ed amministrazione è un valore assoluto, da tutelare in maniera rafforzata. Per questa ragione l'articolo 74, comma 1, dispone che costituisce violazione dei doveri d'ufficio la mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto di notorietà. Letta al contrario, la norma configura, nei confronti dei responsabili del procedimento delle amministrazioni, il divieto di chiedere l'esibizione dei certificati, nei casi in cui è ammessa la presentazione delle dichiarazioni sostitutive. Il divieto è sanzionato in modo molto grave, poiché la formula della violazione dei doveri d'ufficio, richiama sia le sanzioni disciplinari, sia la sanzione penale prevista dall'articolo 328, comma 2, del codice penale.


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 La dichiarazione sostitutiva di certificazione e la dichiarazione sostitutiva dell'atto notorio

Occorre precisare meglio, a questo punto, i concetti di dichiarazione sostitutiva di certificazione e di dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà.

Con la dichiarazione sostitutiva di certificazioni, il cittadino afferma e dà per vere alcune informazioni, delle quali egli è al corrente, relative a stati, fatti o qualità, risultanti nelle banche dati delle amministrazioni pubbliche, quali albi, elenchi, registri o fascicoli relative a singole procedure.

L'operazione svolta con la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà è diversa. L'atto di notorietà è disciplinato, in termini generali, dall'articolo 1 della legge 89/1913 relativa all'ordinamento del notariato, a mente del quale i notai possono ricevere con giuramento atti di notorietà in materia civile e commerciale. In linea generale, allora, l'atto di notorietà rientra nella categoria delle prove: la pubblica fede viene riconosciuta dalla solennità della dichiarazione, raccolta in un verbale del pubblico ufficiale che ha natura di atto pubblico, garantita dal giuramento, che si ritiene debba essere reso nelle forme di cui all'articolo 251 del codice civile, dalla presenza di 4 testimoni e dalla pubblica fede propria dell'atto pubblico.

Ai sensi dell'articolo 151 del r.d. 297/1911, il sindaco era abilitato a rilasciare, a sua volta, quale pubblico ufficiale, attestati di notorietà pubblica, sempre nella forma di dichiarazione giurata, alla presenza di testimoni.

Queste forme e formalità di presentazione dell'atto notorio erano particolarmente onerose e complesse. Per questo la legge 15/1968, nel suo intento (rivoluzionario e anticipatore) di semplificare l'azione amministrativa consentì di attestare fatti, stati e qualità personali attraverso una più semplice dichiarazione, resa direttamente dal soggetto interessato, senza l'intervento di un pubblico ufficiale e senza prestazione del giuramento, in sostituzione, appunto, dell'atto di notorietà, dotata dello stesso valore probatorio (purchè si autenticasse la firma del dichiarante).

In sostanza, pertanto, la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà è una dichiarazione con la quale l'interessato attesta stati, fatti e qualità personali (ma vedremo che possono riguardare anche terzi), che siano a diretta conoscenza del dichiarante diversi da quelli risultanti da registri, albi o banche dati delle amministrazioni pubbliche, soggetti alla dichiarazione sostitutiva di certificazione.

Mentre la dichiarazione sostitutiva di certificazioni concerne fatti attestati in banche dati delle amministrazioni pubbliche, la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà riguarda fatti, stati e qualità che, invece, pur essendo "notori" (dimostrabili con prove) non sono certificabili da parte delle amministrazioni pubbliche, in quanto le informazioni in essi contenute non sono contenute in albi, elenchi, registri o dati in possesso delle amministrazioni stesse.

La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, pertanto, si presenta come modalità generale con la quale il cittadino può provare (fino a dimostrazione del contrario) fatti non comprovabili mediante le dichiarazioni sostitutive di certificazioni, come si evince dall'articolo 47, comma 2, del Dpr 445/2000 a mente del quale fatte salve le eccezioni espressamente previste per legge, nei rapporti con la pubblica amministrazione e con i concessionari di pubblici servizi, tutti gli stati, le qualità personali e i fatti non espressamente indicati nell'articolo 46 sono comprovati dall'interessato mediante la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà.

 

L'elenco delle dichiarazioni sostitutive

A mente dell'articolo 46, sono comprovati con dichiarazioni sottoscritte dall'interessato, i seguenti stati, qualità e fatti:

a) data e il luogo di nascita;
b) residenza;
c) cittadinanza;
d) godimento dei diritti civili e politici;
e) stato di celibe, coniugato, vedovo o stato libero;
f) stato di famiglia;
g) esistenza in vita;
h) nascita del figlio, decesso del coniuge, dell'ascendente o discendente;
i) iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da pubbliche amministrazioni;
l) appartenenza a ordini professionali;
m) titolo di studio, esami sostenuti;
n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;
o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;
p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l'indicazione dell'ammontare corrisposto;
q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell'archivio dell'anagrafe tributaria;
r) stato di disoccupazione;
s) qualità di pensionato e categoria di pensione;
t) qualità di studente;
u) qualità di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;
z) tutte le situazioni relative all'adempimento degli obblighi militari, ivi comprese quelle attestate nel foglio matricolare dello stato di servizio;
aa) di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti che riguardano l'applicazione di misure di prevenzione, di decisioni civili e di provvedimenti amministrativi iscritti nel casellario giudiziale ai sensi della vigente normativa;
bb) di non essere a conoscenza di essere sottoposto a procedimenti penali;
cc) qualità di vivenza a carico;
dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell'interessato contenuti nei registri dello stato civile;
ee) di non trovarsi in stato di liquidazione o di fallimento e di non aver presentato domanda di concordato.

E' bene sottolineare che queste dichiarazioni sostituiscono definitivamente i certificati al posto dei quali sono prodotte. Le amministrazioni procedenti, pertanto, non debbono né chiedere i certificati corrispondenti ai cittadini, come visto in precedenza, né acquisirli in fase di controllo, essendo sufficiente ottenere dall'amministrazione certificante la conferma della veridicità delle dichiarazioni ricevute.

Sia le dichiarazioni sostitutive di certificazioni, sia le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà fanno piena prova, come dimostra l'utilizzo del verbo comprovare negli articoli 46 e 47, rispetto alla loro efficacia.

La dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, purchè resa nell'interesse del dichiarante, può concernere, a mente dell'articolo 47, comma 2, del Dpr 445/2000, anche stati, qualità personali e fatti relativi ad altri soggetti, di cui egli abbia diretta conoscenza. Ad esempio, un coniuge può dichiarare fatti relativi all'altro coniuge, nell'ambito di una pratica che lo interessi in prima persona. L'interesse personale resta il requisito indispensabile per la possibilità stessa di effettuare le dichiarazioni.

Resta da precisare che se alle amministrazioni pubbliche è fatto divieto di chiedere le certificazioni (proibizione che può rientrare nel generale divieto di aggravare il procedimento previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 241/1990), i cittadini possono, tuttavia, pur sempre chiedere il rilascio di certificati nel proprio interesse, per esibirli, se lo ritengono, alle amministrazioni procedenti, le quali, ovviamente, debbono comunque accettarli.

 

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 L'elenco è tassativo?

A proposito delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni, resta il dubbio sull'elencazione contenuta nell'articolo 46 del Dpr 445/2000: è lecito chiedersi, infatti, se l'elenco è da considerare tassativo o meno. Nel primo caso, solo le dichiarazioni esplicitamente ivi menzionate possono essere considerate definitivamente sostitutive di certificati; in caso contrario anche altre informazioni relative a stati, fatti o qualità potrebbero essere dichiarate con efficacia probante.

Parte della dottrina ha affermato che l'elencazione prevista dall'articolo 46 del testo unico è da considerare un numero chiuso, e dunque tassativa, se le dichiarazioni sostitutive dei certificati sono viste in rapporto con le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà. Giacchè, insomma, con le seconde è possibile dichiarare tutto ciò che non è possibile dichiarare con le prime, l'elencazione dell'articolo 46 va considerata tassativa.

Questa conclusione, pur fondata e degna di attenzione, potrebbe però non essere considerata conclusiva. Infatti, in primo luogo il Dpr 445/2000 non dispone esplicitamente nel senso della tassatività dell'elenco contenuto nell'articolo 46.

In secondo luogo, appare del tutto evidente che alcune delle singole categorie elencate dall'articolo 46 sono volutamente generiche, tali per cui l'analisi specifica del singolo caso potrebbe portare ad un'interpretazione estensiva, che superi, quindi, la tassatività dell'elenco.

La lettera t) relativa alla qualità di studente, ad esempio, non specifica se si tratta di studente di scuola o universitario, o di allievo di corsi di specializzazione o di scuole di recupero. E' giusto, allora, limitare l'interpretazione della dizione "qualità di studente" alla sola concezione di iscritto alla scuola dell'obbligo o presso istituzioni universitarie?

L'elenco, in sostanza, restringe il campo delle qualità, dei fatti e degli stati che, se contenuti in elenchi o registri pubblici, possono essere attestati con dichiarazioni definitivamente sostitutive dei certificati, ma non individua specificamente i certificati sostituibili.

In questo senso, allora, non può essere considerato, propriamente, un elenco tassativo. Si tratta di un elenco specificativo ed esemplificativo del principio della possibilità di dichiarare, con valore sostitutivo, alcuni fatti, stati o qualità.

Proprio perché non indica quali certificati sono espressamente sostituibili, l'elencazione dell'articolo 46 si presta ad interpretazioni non univoche, nel momento in cui leggi di settore o speciale chiedano espressamente la comprova di determinati requisiti mediante specifici certificati.

 

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 La violazione d'ufficio

In terzo luogo, l'articolo 74, comma 1, del Dpr 445/2000 considera violazione dei doveri d'ufficio la mancata accettazione non delle dichiarazioni di cui all'articolo 46, ma delle dichiarazioni "rese a norma delle disposizioni del testo unico". La disposizione contiene una formulazione che sembra poter estendere, in astratto, la sanzione della violazione dei doveri d'ufficio non alle sole dichiarazioni elencate dall'articolo 46, ma ad ogni altra dichiarazione legittimamente resa in applicazione delle disposizioni del testo unico, anche se in ipotesi non espressamente menzionata (e purchè non disciplinata in modo diverso da norme speciali).


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 L'obbligo della sottoscrizione

Elemento fondamentale e comune ad entrambi tipi di dichiarazioni sostitutive è l'obbligatorietà della sottoscrizione autografa, o digitale. La dichiarazione priva della sottoscrizione, dalla quale deriva la riferibilità al dichiarante e la conseguenziale assunzione di responsabilità, appare improcedibile.

L'articolo 4 del testo unico disciplina l'ipotesi di dichiarazione resa da chi non sa o non può firmare, stabilendo che in questo caso il pubblico ufficiale attesta che la dichiarazione è stata resa a lui dall'interessato in costanza di impedimento a sottoscrivere. Il comma 2 dell'articolo 4 permette alternativamente al coniuge, ai figli o ad altri parenti in linea retta o collaterale fino al terzo grado, di rendere al pubblico ufficiale la dichiarazione al posto dell'interessato temporaneamente impossibilitato a firmare per ragioni di salute. Entrambi i casi rappresentano un'eccezione al principio che impone la sottoscrizione autografa o digitale ai fini della diretta riferibilità della dichiarazione alla persona che compie la dichiarazione.

Nel sistema precedente alle leggi 127/1997 e 191/1998, la semplice firma del documento o della dichiarazione non era considerata sufficiente. La legge 15/1968 continuava a chiedere una solenne attestazione, da parte del pubblico ufficiale o dell'addetto a ricevere la dichiarazione, con la quale si affermasse che la sottoscrizione era stata apposta in calce alla dichiarazione, alla presenza del funzionario competente, previo accertamento dell'identità personale del sottoscrittore.


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 Le modalità di presentazione delle istanze

Con questo sistema si garantiva non la veridicità della dichiarazione, ma l'effettiva corrispondenza tra l'identità della persona alla quale la dichiarazione si riferiva ed il sottoscrittore.

Il regime attuale risulta più semplice. Sempre nell'ottica secondo la quale l'amministrazione pubblica deve fidarsi del cittadino, l'articolo 38 del Dpr 445/2000 detta disposizioni che semplificano sia le modalità di presentazione delle istanze o delle dichiarazioni alle amministrazioni, sia le modalità per sottoscriverle.

In primo luogo, tutte le istanze e le dichiarazioni possono essere inviate per fax o telematicamente, mediante i sistemi di posta elettronica.

Questo significa che anche se le dichiarazioni o istanze debbano essere compilate su moduli precostituiti (l'articolo 48, comma 2, del testo unico, impone alle amministrazioni pubbliche di predisporre e rendere disponibili i moduli delle dichiarazioni sostitutive) il cittadino non deve necessariamente compilare e consegnare il modulo cartaceo prodotto dall'ente. Può, infatti, trasmetterne la copia tramite fax. Oppure, utilizzare i cosiddetti "form" di internet per compilarli "on-line" o reperire da internet i file contenenti i modelli di dichiarazioni e modificarli ai fini della compilazione del modulo.

Il comma 2 dell'articolo 38 chiarisce, a proposito delle dichiarazioni inviate per via telematica, che esse sono valide solo se sottoscritte:

1. mediante la firma digitale;
2. attraverso l'uso della carta d'identità elettronica.

Ciò significa che negli altri casi le dichiarazioni inviate per via telematica non sono valide: ovvero non sono utilizzabili ai fini del procedimento amministrativo.

Il Dpr 445/2000 non dice nulla, tuttavia, rispetto alla validità delle istanze o dei documenti inviati per fax, trascurando di tenere presente che il fax è una modalità di trasmissione di dati in via telematica.

All'apparenza, poiché il fax costituisce una copia telematica dell'originale, la sottoscrizione apposta in calce alla dichiarazione, riprodotta dal fax medesimo sembra sostituire pienamente l'originale, senza necessità alcuna di strumenti che attestino la piena riferibilità tra la dichiarazione e la sottoscrizione, come invece si richiede nell'ipotesi di trasmissione del documento per via telematica..

 

Problemi interpretativi

In realtà, il problema si pone solo per le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà. Ai sensi, infatti, del combinato disposto degli articoli 21, 38 e 46 del Dpr 445/2000 per le dichiarazioni sostitutive di certificazioni non è prevista alcuna particolare formalità di apposizione della sottoscrizione, ai fini della loro validità.

L'articolo 46, comma 1, si limita a prevedere che le dichiarazioni sostitutive di certificazioni debbano essere sottoscritte, ma l'articolo 21, relativo all'autenticazione delle sottoscrizioni, si riferisce unicamente alle istanze o alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà, mentre l'articolo 38, commi 2 e 3 detta le modalità per l'autenticazione proprio di istanze o Dsan. Il comma 1 dell'articolo 38, invece, è dedicato in generale a tutte le dichiarazioni, le quali possono essere presentate, come visto, per via telematica. Allora, trattandosi di dichiarazioni sostitutive di certificazioni, basta la semplice sottoscrizione e trasmissione via fax o via telematica, senza che, in questo ultimo caso, la loro validità sia condizionata dalla firma digitale o dall'identificazione con la carta d'identità elettronica.

Discorso diverso vale per le istanze e le dichiarazioni sostitutive di notorietà. Esse debbono essere necessariamente sottoscritte nei seguenti modi:

1) in presenza del dipendente addetto;

2) sottoscritte anche non in presenza del dipendente, e spedite in forma cartacea (ad esempio, via posta o corriere) unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore;

3) SOLO PER ISTANZE: sottoscritte anche non in presenza del dipendente e trasmesse per via telematica, unitamente a copia fotostatica non autenticata di un documento di identità del sottoscrittore.

Ora, quest'ultima previsione, contenuta nel comma 3 dell'articolo 38, appare contraddittoria rispetto a quanto previsto nel comma 2, il quale definisce valide le istanze (e le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà) se sottoscritte mediante firma digitale o se il sottoscrittore sia individuabile mediante la carta d'identità elettronica. Questi due sistemi permettono, infatti, di identificare in modo certo il sottoscrittore; in particolare, l'utilizzo della carta d'identità elettronica rende certamente superflua la trasmissione della copia del documento di identità, giacchè sarà lo stesso documento di identità la chiave hardware-software per identificare il dichiarante. Ma anche la firma digitale identifica in modo certo e sicuro il sottoscrittore, se apposta o associata al documento informatico. La necessità di allegare la copia del documento di identità appare certamente ridondante, in questo caso.

Allora, forse, la disposizione è da intendere riferita all'invio dell'istanza tramite fax. Si riscontra, insomma, un coordinamento non pieno tra il comma 2, inserito ex novo dal testo unico, ed il comma 3 dell'articolo 38, derivante dall'articolo 3, comma 11, della legge 127/1997.

Per altro, la necessità di sottoscrivere con firma digitale l'istanza o la Dsan inviate telematicamente, o accompagnare con copia informe del documento di identità il documento cartaceo non sottoscritto in presenza del dipendente addetto, se riferita alle sole dichiarazioni sostitutive di notorietà e alle istanze, ma non alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni (come appare dalla lettura coordinata degli articoli 21 e 38) appare poco coerente. Perché una dichiarazione sostitutiva di certificato, se inviata tramite posta, non necessita del documento di identità, e un'istanza, invece, sì? Certo, il problema non si pone se la Dsc è effettuata contestualmente all'istanza e contenuta nello stesso modulo, in quanto in questo caso occorre seguire il regime dell'articolo 38. Il problema potrebbe porsi, ad esempio, nell'ipotesi in cui, per qualsiasi ragione, la Dsc sia trasmessa non contestualmente ad un'istanza o in un modulario autonomo.

Anche in questo caso occorre notare il non perfetto coordinamento tra l'articolo 38 e l'articolo 21, anch'esso introdotto ex novo nella disciplina della documentazione amministrativa, con il Dpr 445/2000.


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Le autentiche

Occorre tenere presente che l'autentica delle istanze o delle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà è comunque necessaria, ai sensi dell'articolo 21, comma 2, del testo unico, nei seguenti casi:

1. nel caso di presentazione a soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche o dai gestori di servizi pubblici;

2. nel caso di presentazione, sia ad amministrazioni pubbliche, sia a gestori di servizi pubblici, sia a soggetti privati, di dichiarazioni o istanze finalizzate alla riscossione di benefici economici da parte di terzi.

Ovviamente se la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà o l'istanza che contiene detta dichiarazione non sono sottoscritte in presenza del dipendente addetto, o non sono sottoscritte con la firma digitale, o non sono presentate con allegata la copia informe del documento di identità del sottoscrittore, va autenticata nelle forme classiche, con l'intervento del pubblico ufficiale (e soggezione al bollo).

L'articolo 39 del testo unico, sempre in tema di autentiche, dispone espressamente che la sottoscrizione delle domande per la partecipazione a selezioni (dunque non necessariamente per le procedure di concorso, ma per qualsiasi procedura selettiva, in qualunque forma svolta) per l'assunzione a qualsiasi titolo presso amministrazioni pubbliche, nonché per la partecipazione ad esami per il conseguimento di abilitazioni, diplomi o titoli culturali, non deve essere in nessun caso autenticata. In questi casi, pertanto, le istanze sono del tutto sottratte alla disciplina dell'autentica degli articoli 21 e 38. E', invece, da ritenere che le istanze di cui all'articolo 39 possano essere trasmesse, come le altre istanze e dichiarazioni, anche per fax e per via telematica.

Poiché le istanze previste dall'articolo 39 non sono mai soggette ad autenticazione di firma, per la loro validità è sufficiente la sottoscrizione (anche se la giurisprudenza ha ritenuto che la mancanza della sottoscrizione non determini di per sé l'improcedibilità della domanda), non occorrendo anche l'allegazione del documento di identità dell'istante. Del resto, ai sensi dell'articolo 21 del testo unico, il documento di identità va allegato all'istanza o alla Dsan come forma sostitutiva ed equivalente all'autentica della firma: mancando, allora, la necessità di autenticare la firma per le istanze di ammissione ai concorsi, non occorre allegare il documento di identità.

Tornando alle dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà, bisogna sottolineare che l'articolo 19, ampliando la previsione già contenuta nell'articolo 2, comma 2, del Dpr 403/1998, introduce un contenuto ed un valore specifico in relazione all'autenticazione delle copie.

La norma citata, infatti, chiarisce che la Dsan può riguardare anche il fatto che la copia di un atto o di un documento conservato o rilasciato da una pubblica amministrazione, la copia di una pubblicazione, la copia di titoli di studio, la copia di titoli di servizio, la copia di documenti fiscali che debbono essere obbligatoriamente conservati dai privati, sono conformi all'originale.

Per la prima volta, dunque, si ammette in via generalizzata che ad autenticare le copie possano provvedere da sé i cittadini, senza l'intervento del funzionario volto a dare pubblica fede alla dichiarazione di autenticità della copia.

La dichiarazione può riguardare anche atti privati, se conservati da un'amministrazione. Anche un atto tra privati, dunque, se entrato a far parte della documentazione di un fascicolo relativo ad una pratica amministrativa può essere oggetto di questa particolare forma di attestazione dell'autenticità della copia.

C'è, però, da tenere presente che ai sensi dell'articolo 36, comma 2, della legge 340/2000, nei casi in cui è prevista a qualsiasi fine la produzione in originale di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, l'obbligo può essere validamente adempiuto esclusivamente esibendo la copia del documento autenticata dal pubblico ufficiale. In questo caso, pertanto, non opera la previsione di cui all'articolo 19 del testo unico1.

L'articolo 19 non introduce l'autenticazione dei documenti da parte dei privati, anche se l'effetto della disposizione nella sostanza è quello. In realtà si tratta di una dichiarazione relativa ad un fatto noto e conosciuto al dichiarante, il quale afferma, assumendosene la responsabilità, che la copia di un documento è conforme all'originale formato o conservato da un'amministrazione.

A ben vedere, pertanto, non è una vera e propria autenticazione di copia. L'atto di autenticazione, disciplinato dall'articolo 18 del Dpr 445/2000, è di competenza del pubblico ufficiale, che attesta la conformità della copia all'originale, secondo le formalità disposte dal comma 2 dell'articolo 18. La copia può essere spedita, ovvero posta in essere dal pubblico ufficiale estraendola dall'originale presente nell'archivio dell'ente di appartenenza; oppure formata in base all'esibizione dell'originale da parte del soggetto interessato. Pertanto, l'autenticazione presuppone necessariamente la disponibilità (sia pure momentanea) dell'originale da parte del pubblico ufficiale competente.

Nel caso dell'articolo 19, invece, la dichiarazione sostitutiva con la quale il privato attesta la conformità della copia originale non richiede il confronto tra un originale ed una copia: il privato può, in altre parole, presentare la dichiarazione anche qualora non disponga dell'originale.

C'è da sottolineare che la dichiarazione prevista dall'articolo 19 del testo unico, anche se assimilata alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, appare qualcosa di diverso da quest'ultima.

Infatti, caratteristica fondamentale della Dsan è lo scopo di attestare fatti, stati o qualità personali a diretta conoscenza dell'interessato. La circostanza che una copia di un documento sia conforme all'originale non è di sicuro né uno stato, né una qualità personale. Può essere un fatto noto al dichiarante, ma questo fatto non è definibile "personale" se non nella lata accezione di fatto che attiene a fatti di interesse personale.

La dichiarazione di cui all'articolo 19 del testo unico appare, piuttosto, un atto a sé stante, equivalente alla dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà, ma dotata di una sua specificità e caratterizzata dal contenuto precipuo e particolare.


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 La riduzione dei costi amministrativi

Il regime semplificato delle dichiarazioni determina anche la riduzione dei costi amministrativi da sostenere a carico dei privati.

L'articolo 37 del testo unico, infatti, esenta espressamente dall'imposta di bollo sia le dichiarazioni sostitutive di certificazioni, sia le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà. Questo significa, tornando alla possibilità di dichiarare che un documento è copia conforme all'originale, che qualora si scelga questa forma di attestazione dell'autenticità della copia non dovrà essere pagata l'imposta di bollo, che invece continua a gravare sull'atto di autentica vero e proprio, effettuato dal pubblico ufficiale con le modalità di cui all'articolo 18 del testo unico.

Inoltre, il comma 2 stabilisce che l'imposta di bollo non sia dovuta quando, per effetto delle disposizioni normative vigenti, l'atto sostituito sia all'origine esente da bollo, ovvero quando sia esente da bollo l'atto nel quale è apposta la firma da legalizzare.

Il regime del bollo, in realtà, non risulta modificato dal testo unico, che riconferma le disposizioni già vigenti. Pertanto restano assoggettate al bollo le istanze rivolte alle pubbliche amministrazioni, così come rimane la disciplina del bollo per gli atti emessi dalle amministrazioni medesime, compresi anche i certificati, ferme restando le esenzioni espressamente previste dalle norme particolari che li disciplinano.

Resta anche la necessità di assoggettare all'imposta di bollo l'autentica di sottoscrizione o di copia, effettuata dai pubblici uffìciali.

In relazione alla disciplina delle esenzioni fiscali, appare problematica la previsione dell'articolo 37, comma 2, del Dpr 445/2000 nella parte in cui stabilisce che l'imposta di bollo non è dovuta quando ne sia esente l'atto sostituito. Questa disposizione, infatti, lascia ritenere che quando si compie la dichiarazione sostitutiva di certificazioni:

1) non è dovuto il bollo sulla dichiarazione, o, meglio, sull'atto dichiarativo compiuto dal cittadino;

2) non è dovuto bollo sull'autentica della sottoscrizione, giacchè le dichiarazioni sostitutive di certificazioni non debbono mai essere sottoscritte con firma autenticata (né è necessario accompagnare la dichiarazione con copia informe del documento di identità del sottoscrittore);

3) è dovuto il bollo, qualora il certificato sostituito sia all'origine assoggettato, per legge, alla corrispondente imposta.

Questa previsione, pur coerente con la legislazione relativa all'imposta di bollo, appare non perfettamente integrata, però, col sistema delle dichiarazioni sostitutive di certificazioni disegnato dal testo unico. Le Dsc, infatti, nell'attuale regime sono sempre definitivamente sostitutive dei certificati al posto dei quali sono presentate. Pertanto, dette dichiarazioni prendono completamente il posto dell'atto, che non può in alcun modo essere richiesto dall'amministrazione procedente, né deve essere emanato da quella certificante, in sede di controlli sulla dichiarazione, essendo sufficiente la semplice conferma della corrispondenza tra quanto dichiarato dal cittadino e quanto risulta nelle banche dati dell'amministrazione certificante.

In sostanza, quindi, l'atto sostituito può non venire mai in essere, esistendo soltanto e solo la dichiarazione sostitutiva. Allora, se la dichiarazione è esente da bollo, ma essa elimina qualsiasi necessità di emettere l'atto sostituito, pare non avere molto senso conservare la previsione secondo la quale resta assoggettato al bollo l'atto sostituito, se la legge lo prevede. La caratteristica dell'imposta di bollo consiste nel fatto che la sua base imponibile è l'atto in sé. L'articolo 4 della prima parte della tariffa allegata al Dpr 642/1972 assoggetta all'imposta di bollo i provvedimenti emessi dalle amministrazioni pubbliche, nei quali sono da comprendere anche i certificati. Ma la dichiarazione sostitutiva non è certamente emessa da una pubblica amministrazione; anche se sostituisce l'atto pubblico cui afferisce, pare mancare il presupposto di imposta, consistente nella produzione dell'atto da parte di un'amministrazione pubblica. L'espressa esenzione dal bollo prevista dal comma 1 dell'articolo 37 sull
e dichiarazioni sostitutive di certificazioni, allora, dovrebbe operare sempre, qualunque sia l'atto sostituito.

Ovviamente, i documenti acquisiti d'ufficio dalle amministrazioni, a mente dell'articolo 43 del testo unico, debbono ritenersi esenti da bollo, trattandosi di atti scambiati tra amministrazioni pubbliche.


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 L'esibizione dei documenti di identità

Occorre tenere presente che i dati relativi a:

1) cognome;
2) nome;
3) luogo di nascita;
4) cittadinanza;
5) stato civile;
6) residenza,

possono essere attestati non solo mediante le dichiarazioni sostitutive, ma, ai sensi dell'articolo 45, anche mediante esibizione dei documenti di identità o di riconoscimento, che li riportino. Il dipendente dell'amministrazione è obbligato, in questo caso, a riferirsi a quanto risulta da detti documenti, sicchè non possono chiedere certificati ulteriori, concernenti i dati di cui sopra.

Il dipendente pubblico acquisisce i dati al fascicolo fotocopiando il documento di identità o di riconoscimento esibito dal cittadino: la copia del documento non deve essere autenticata.

I dati rilevati dai documenti di identità o di riconoscimento possono comunque essere utilizzati nei procedimenti amministrativi ed esibiti al funzionario addetto, anche se il documento sia scaduto. In questo caso, però, il soggetto interessato deve dichiarare in calce alla fotocopia del documento, che i dati contenuti nel documento non hanno subito variazioni dalla data del rilascio. Detta dichiarazione, ovviamente, è assoggettata ai controlli, anche a campione, che le amministrazioni sono tenute a fare sulle dichiarazioni rilasciate dai cittadini.


I tempi di validità delle dichiarazioni sostitutive

L'articolo 48 del testo unico, infine, chiarisce che le dichiarazioni sostitutive hanno la stessa validità temporale degli atti che sostituiscono. Occorre, pertanto, riferirsi all'articolo 41, comma 1, del testo unico, a mente del quale:

1. hanno validità illimitata: i certificati rilasciati dalle pubbliche amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a modificazioni (es. la nascita);

2. hanno validità di 6 mesi dalla data del rilascio tutte le altre certificazioni, a meno che disposizioni particolari non prevedano una durata superiore.

Infine, l'articolo 49 esclude la possibilità di sostituire con le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del testo unico i certificati medici, sanitari, veterinari, di origine, di conformità CE, di marchi o di brevetti.

 

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Note:
1. Inoltre, resta esclusa la possibilità di autenticare i provvedimenti dell'autorità giudiziaria, giacchè la conformità della copia all'originale può essere attestata solo dai funzionari della cancelleria.



Ultimo aggiornamento: 15/11/05