La comunicazione istituzionale on line, le nuove professionalita’ web nella Pubblica Amministrazione e la necessita’ di avere una Pubblica Amministrazione "pronta" a recepire la rivoluzione digitale in atto. Di questo e del futuro della comunicazione on line, parliamo con Francesca Sensini, esperta di comunicazione e web. Attualmente responsabile della comunicazione digitale di un ente locale e del Piano della Trasparenza e componente della Task Force per definire gli Skills dei profili professionali del web per IWA-Italia International Webmasters association ed infine, autrice del Libro, recentemente pubblicato sul sito di Forumpa e disponibile in versione elettronica: "Piccola guida alle professioni del web nella P.A", Edizioni FORUMPA 2012-Collana Quaderni.
Perché una pubblicazione sul tema delle professioni del web per la Pubblica Amministrazione? Qual’ è lo scopo?
Lavoro nell’ambito della comunicazione da tanti anni, ho avuto anche un periodo di ‘pausa’ dal settore occupandomi di altro, ma nel frattempo ho continuato a studiare le nuove tecnologie (erano i primi anni del terzo millennio) e a seguire con passione gli sviluppi che queste offrivano anche alla comunicazione istituzionale. Da quando (nel 2005) mi occupo di una rete civica e un sito web di un ente locale, ho capito che per comprendere i meccanismi e le potenzialità che offre internet occorre anche una solida preparazione del “mezzo”, ovvero la conoscenza dei principali linguaggi di programmazione, delle risorse che internet offre, ma, soprattutto, con i tagli lineari al settore della comunicazione e delle spese di pubbliche relazioni della (legge finanziaria del 2010), quanto e come possa sopperire a tutta una serie di “pubblicità” che una volta venivano fatte attraverso i mezzi tradizionali.
Per questo ho cominciato a dire “ a voce alta” che avere competenze digitali dentro la pubblica amministrazione dovrebbe essere un presupposto irrinunciabile, così come lo sono l’iscrizione all’ordine dei giornalisti e i master in scienze della comunicazione previsti dal
DPR 422/2001 (regolamento per l’accesso alle professioni della comunicazione e informazione nella Pubblica amministrazione, vedi legge 150/2000).
Oggi, con tutte le normative legate alla Pubblica Amministrazione Digitale (dal
CAD –Codice dell’amministrazione digitale alle delibere del
Civit sulla Trasparenza), questa esigenza è ancora più forte e se prendiamo in considerazione il nuovo
Decreto Sviluppo (n.83/2012) e il
Trasforma Italia (n.179/2012) abbiamo obblighi di pubblicità legale in formato accessibile e Open Data. Ecco, un comunicatore che ha il compito di seguire il sito web deve sapere di cosa si sta parlando, visto che la legge 150/2000 prevede che i siti web istituzionali siano seguiti dal responsabile della comunicazione. Se non si sa, si rischia, come sta già avvenendo in diversi enti, che tutta la gestione del sito passi ad altri servizi, magari a quelli tecnologici che hanno sì la conoscenza di queste nuove modalità di formati per la pubblicazione degli atti, ma che non hanno tutto il background che ha un comunicatore, dall’uso del linguaggio congruo all’impostazione grafica e al layout della pagina web.
Oltre a ciò, che è il presupposto per il buon funzionamento della nuova amministrazione digitale, c’è la necessità di rivedere assolutamente la legge 150/2000 e di inserire queste nuove figure professionali, che nella pubblicazione ho individuato nel Community Manager, ovvero colui che gestisce le pagine del Social Media istituzionali, nel Digital Strategic Planner che in italiano è semplicemente il dirigente del settore con forti competenze nel marketing del web e nel Data Manager ovvero colui che sa tecnicamente creare i dati aperti e favorire dunque la trasparenza.
Quali sono gli “skill profiles “ che si richiedono oggi ad una Pubblica Amministrazione di qualita’?
La qualità è data da due fattori che devono andare di pari passo: il ruolo e le competenze. Se si hanno competenze ma il ruolo non è riconosciuto si rischia di fare confusione e soprattutto di non garantire la qualità.
Premesso questo, i ruoli che ho previsto sono presi dagli
Skills Profiles Iwa profili professionali che sono certificati dal CEN e che garantiscono le competenze delle persone che li vanno a ricoprire.
Il Community Manager, come dicevo prima, è colui che gestisce le pagine Istituzionali sui Social Media. Molti enti hanno attivato le pagine social su Facebook e Twitter, ma solo alcune hanno creato una Policy d’uso, che garantisce sia l’utente che il gestore (e l’Ente). È uno dei nuovi modi di comunicare, e per una pubblica amministrazione coi soldi risicati per le attività di pubblicità e comunicazione, il miglior modo per raggiungere una larga fetta di persone.
D’altronde, se su facebook ci sono 30 milioni di italiani è giusto che la PA li incontri anche lì. Credo che, di default, si debba parlare dove ci sono le persone e oggi molte persone sono anche sui social network. Oltre alla promozione di eventi, questi mezzi permettono anche la divulgazione di notizie utili e importanti, e, non ultimo, la gestione delle emergenze (pensiamo ad aventi naturali, ma anche a disposizioni di traffico impreviste…tutto comunicabile in tempo reale in modo da garantire al cittadino un servizio davvero utile.
Il Digital Strategic Planner è, sempre negli skill profiles Iwa, colui che gestisce il marketing del web ovvero che, rispetto alle potenzialità di internet, trova gli strumenti migliori e le soluzioni ottimali per fare pubblicità, per fare customer satisfaction, per monitorare eventi e fare promozione turistica.
Credo che il dirigente del settore Comunicazione, così come delineato nella legge 150/2000, debba avere queste nuove competenze per poter davvero dirigere questo settore, e dunque spero in una revisione (urgente, ci tengo sempre a sottolinearlo) delle competenze richieste nel DPR 422/2001.
In ultimo il Data Manager che è una figura ICT piuttosto che della comunicazione, ma che indubbiamente da oggi in poi sarà uno dei ruoli chiave della pubblica amministrazione trasparente.
In realtà nei vari CED ci sono già i programmatori e gli amministratori di database, ma il data Manager è una figura che conosce i termini tecnici dell’
Open Data e sa come renderli davvero utili alla comunità. Oggi in molti si riempiono la bocca con i dati liberi, la stessa Agenda Digitale obbliga alla pubblicazione sui siti web di dati aperti, ma, aldilà degli obblighi di legge, rendere i dati liberi deve essere una
mission di partenza della PA. E pubblicare interi datasets a caso non rappresenta certo la trasparenza amministrativa intesa come servizio utile al cittadino.
Sempre più spesso oggi sento parlare di open services piuttosto che open data, ovvero di flusso di dati in entrata e uscita dagli enti da poter utilizzare anche per i servizi delle comunità intelligenti (quelle che vengono anche definite Smart Cities). Ecco, un uso intelligente dei dati può favorire fin da ora grandi opportunità per l’ottimizzazione dei servizi pubblici. Qui il comunicatore ci entra di striscio, ma credo sia importante che sappia queste cose. Il”flusso di informazioni” che da oggi in poi usciranno dagli enti non saranno gestite come prima e, dunque, servirà una regia intelligente anche per questo.
Il volume è arricchito anche di articoli e interviste a blogger, ricercatori, giornalisti ecc, tutti esperti di web, comunicazione e Pubblica Amministrazione. Che cosa è emerso da questi contributi?
Che in Italia ci sono tantissime persone che sanno davvero cosa poter fare per migliorare i servizi della Pubblica Amministrazione, che il cittadino è più che pronto a questa nuova “rivoluzione digitale” ed è per questo che anche la PA deve farsi trovare pronta per non rischiare di essere una delle cause del fallimento. Non è una riflessione catastrofica, ci mancherebbe, ma consapevole. O la pubblica amministrazione si fa trovare pronta, con persone competenti e preparate all’innovazione, oppure saranno grossi guai, per tutti. Non è una sfida, ma una necessità.
Infine, secondo lei, qual ‘è il futuro della comunicazione istituzionale nelle Pubbliche Amministrazioni?
Se la Comunicazione Istituzionale non si rinnova e non percepisce questo enorme cambiamento rischia di essere relegata a ruoli assolutamente marginali e, probabilmente, inutili, con tutti i rischi e le conseguenze del caso. Il mio è un appello, non da visionaria, ma consapevole che il rischio di chiusura dei servizi URP è già realtà e che quel ruolo così centrale dato dalla legge 150/2000 venga disatteso in modo irreversibile.