Tema: Comunicazione pubblica

Riapriamo il dibattito su URP e attivita' di comunicazione

di Stefano Rolando

Un tema fortemente discusso, prima e dopo l'approvazione della legge 150/2000, è stato quello del rapporto tra gli uffici relazioni con il pubblico e la complessa area delle funzioni - creative e produttive - connesse alla comunicazione integrata.

Logicamente e funzionalmente distinti, questi due segmenti del processo comunicativo, a loro volta connessi e distinti rispetto al segmento delle relazioni con i media e ai presidi interattivi telematici (Internet, reti, call center, eccetera), costituiscono una filiera di funzioni previste dalla legge, ma in un quadro notoriamente polarizzato attorno all'Urp e all'Ufficio stampa.

Chi scrive ha a lungo insistito per la migliore identificazione almeno di un terzo snodo funzionale, di tipo strategico-produttivo, alle spalle dei due ambiti di "trincea", comprendendo tuttavia alla fine la ragione "politica" della semplificazione. Una legge comunque fissa un punto di equilibrio, non congela per l'eternità un contesto per sua natura in evoluzione costante. Dunque merita di riprendere ora questo dibattito.

La polarizzazione della comunicazione istituzionale - fronte dei media, fronte dell'utente - non è solo il portato semplificato della legge 150 in Italia.
E' anche, per esempio, la tendenza riorganizzativa delle politiche comunitarie nel settore, nella preoccupazione di Bruxelles di separare all'origine il "notiziabile" dall'informazione di servizio. Da un lato, dunque, una cultura giornalistica che fronteggia la battaglia selettiva e interpretativa del sistema mediatico. Oggi, certamente, con più mezzi, con più spazi, con più articolazione (tecnologie, profondità, specializzazione); ma anche con tante fonti che sorgono (competitivamente) rendendo sempre più alta la soglia di ingresso di ciò che, professionalmente, viene considerato "fare notizia". Un lato che ha alle spalle una diffusa domanda interna - quella dei vertici politici delle istituzioni e delle amministrazioni - in crescente bisogno di visibilità, cosa che aumenta il coefficiente di difficoltà del lavoro degli uffici stampa pubblici.

Dall'altro lato il front-line, il punto-cerniera in cui l'ente incontra - fisicamente, segmentalmente, puntualmente, interattivamente - i suoi destinatari naturali. L'Urp riassume e semplifica il quadro professionale che rivela, in realtà, una filiera specialistica non limitabile al momento dell' accoglienza, ma che risale anche ad altri ambiti : l'analisi dell'utenza, la gestione giuridico-amministrativa dell'accesso, la ricerca delle connessioni informative utili, l'organizzazione e la gestione della conseguente comunicazione interna, il presidio di un pluralismo tecnologico in evoluzione.

Così come era complesso (rispetto alle funzioni e alle connesse tipologie professionali) l'articolo 12 del decreto legislativo 29/93, così risulta complesso il quadro di operatività che la nuova legge ridisegna a proposito del front-line.

Va comunque ammessa una cosa: grazie alla semplificazione dell'intero quadro delle attività informative e comunicative su questi due poli, la legge 150 ha potuto resistere alla pioggia di figure specialistiche differenziate che avrebbero inflazionato l'area delle relazioni esterne fino a farla debordare in modo forse indigeribile per l'attuale stato di evoluzione della funzione pubblica: tecnologi, psicologi, sociologi, operatori di marketing, analisti di impatto, avvocati, eccetera. E soprattutto comunicatori, pubblicitari, operatori di evento e di relazioni pubbliche.

Così come abbiamo capito e in un certo senso accettato il senso tattico della semplificazione, ugualmente non abbiamo rinunciato a ricordare che il pluralismo professionale non va cancellato nella sostanza dei processi organizzativi. Perché analizzando serenamente il combinato disposto di ciò che la legge perimetra come ambito della materia ed elenca come operatività perseguibili, si riapre il problema di dare spessore, senso, percorso formativo e di carriera ad un insieme di figure diverse da chi presidia la relazione con i media e la relazione interattiva con l'utente.
Raccogliendo sinteticamente ciò che è compreso in questo vasto spazio, tre sono le aree funzionali da ricordare principalmente:

il presidio alle attività (strategie e controllo produttivo) di comunicazione integrata;
il presidio alle attività di studio e ricerca per pianificare e valutare la comunicazione;
la regia (alimentazione, formattazione, impaginazione) dei siti web connessi alla comunicazione esterna ed interna.

Nel rispetto della legge e della sua rappresentazione bipolare della comunicazione istituzionale, dovremo cercare di sostenere anche l'individuazione, l'approfondimento di ruolo, il carattere di distinzione, il bisogno di legittimazione, degli operatori applicati a questi tre segmenti situati nelle retrovie produttive rispetto ai due fronti esposti che la legge privilegia.

Lo stesso provvedimento di attuazione della legge 150, riguardante i titoli di accesso e i processi formativi, indica - proprio a proposito dei profili necessari per la formazione professionale - questo quadro di competenze, legittimando il modo con cui, flessibilmente, le singole amministrazioni intendono provvedervi. Chi organizzando interamente apparati. Chi limitandosi a radicare il committment e trovando risorse operative nei sistemi professionali esterni (che, comunque, andrebbero sempre tenuti presenti in uno schema di snellimento organizzativo che abitui a fare opzioni e a scegliere il meglio).

Si tratta in questa fase di sostenere questi approfondimenti per guardare agli sviluppi applicativi della legge. E soprattutto per rispondere ad una "crisi di crescenza" delle attività di comunicazione integrata (quindi pubblicità compresa) che - sollecitando interessi e muovendo risorse professionali che debbono affinare la capacità di rendere servizio a valore aggiunto al settore pubblico - meritano di non finire nelle pieghe della casualità o dell'inframmentenza, ma di essere ricondotte alla programmabilità (di obiettivi, risorse e bilanci) e alla trasparenza organizzativa.

Un tema a sé riguarda la problematica di "valutazione" che è scomparsa dai testi originali della legge nel testo unificato e che gli esponenti di governo hanno inteso ricomprendere nel quadro più generale di adempimenti della pubblica amministrazione al riguardo. Certo, l'assenza di vincoli specifici nella legge e quindi la mancanza di una spinta a fornire, in sede regolamentativi, opportune metodologie (per la correttezza, la trasparenza e l'efficacia di tale funzione) rende fragilissimo questo rinvio e si prevede che la funzione resterà largamente inapplicata. Essa, tra l'altro, presuppone un presidio interno alle amministrazioni che interfacci seriamente i soggetti terzi (evidentemente terzi) che dovrebbero svolgere le funzioni valutative, con competenza nella predisposizione dei dati e nella capacità di generare procedure riorganizzative in relazione agli esiti certificati. Un segmento di professionalità - funzionale e di garanzia - che in tutte le organizzazioni complesse nasce da una cultura compenetr
ata nella cultura della comunicazione e del marketing.

Una risposta al bisogno di "identificazione" del segmento sommerso viene ora dalle opportunità della formazione.
Ciò che, infatti, la legge non ha esplicitato con chiarezza - pur, va ripetuto, senza cancellare la complessità - possono ora fare le molteplici fonti di adeguamento, aggiornamento, specializzazione che università e scuole professionali sono chiamate (anche dalla legge) ad essere in un panorama in cui allo stato viene soddisfatto meno del 5% della domanda potenziale.

Parleremo, anche in futuro, di questo quadro di opportunità che, investe, per esempio il "3+2" universitario, i piani di offerta delle diverse scuole della P.A., il riposizionamento formativo di centri pubblici e privati specializzati.

Avvertendo tuttavia che in assenza di modello formativi almeno flessibili e con un alto management delle amministrazioni poco o per nulla fasato rispetto a questa problematica, la formazione può anche generare conflittualità interna o frustrazione.
Meglio comunque questo disordine stimolativo che la confusione rassegnata.
In questi casi prima o poi i giuristi sentono il bisogno di ristabilire gli equilibri. E, d'abitudine, spiegano ai politici che è venuto il momento di aggiornare le leggi


Ultimo aggiornamento: 17/11/05