Valutare la formazione: una sfida possibile

di Primiana Leonardini Pieri

Indice

Valutazione e Formazione
Valutazione 'su misura'
Le misure della Valutazione

1. Valutazione e Formazione


La formazione sta diventando (e per molte organizzazioni effettivamente è) una delle componenti strategiche e centrali del più ampio sistema della gestione del Personale, accanto alla programmazione degli ingressi, alla selezione, allo sviluppo di carriera, alla gestione delle retribuzioni, al monitoraggio e al miglioramento delle prestazioni. Inevitabile che stia diventando una preoccupazione e un impegno crescente anche la sua valutazione. Ma la cosa non è così semplice: la formazione è un'attività sistemica e complessa, fatta, cioè, di tanti elementi di natura diversa la cui interazione influisce sull'intera attività; l'attività formativa interviene su fattori non facilmente operazionalizzabili e direttamente osservabili nel contesto lavorativo, come le conoscenze, gli atteggiamenti, i valori, le relazioni, la cultura e i comportamenti.

La formazione raccoglie, poi, tipologie di interventi diversificate, per esempio in funzione di: obiettivi, concezioni implicite dell'uomo, della formazione e dell'organizzazione, contenuti, metodologie didattiche e forme di apprendimento attivate. Nella formazione convergono punti di vista molteplici: in generale, dal punto di vista dell'organizzazione, la formazione ha il compito di assicurare che tutti i suoi soggetti siano in grado di svolgere le mansioni e raggiungere gli obiettivi loro assegnati; all'interno di questa ottica, i responsabili delle organizzazioni hanno maturato l'esigenza di comprendere e quantificare, anche nel senso economico del termine, il contributo della formazione allo sviluppo dei processi lavorativi.

Dal punto di vista dei 'formatori', la concezione della valutazione si è notevolmente evoluta: dal mero rendere conto del proprio lavoro alla committenza, a vera e propria occasione di ripensamento critico del proprio agire professionale. Infine, dal punto di vista dell'utenza, la valutazione è vissuta nei modi più svariati, in funzione soprattutto della modalità di gestione dell'intervento e dal clima organizzativo in cui si è svolto. Progressivamente, quindi, attorno al tema della valutazione, si sono evidenziate e convivono esigenze, accezioni di significato e funzioni molto diverse.

La valutazione della formazione deve necessariamente tenere conto di questa complessità, la cui configurazione si diversifica da intervento a intervento, e stabilire con essa un rapporto equilibrato e coerente. Tanto per cominciare, riteniamo particolarmente utile definire la valutazione degli interventi formativi come quel processo che permette la comprensione di quanto un certo intervento è stato adeguato e significativo per far fronte alle esigenze di utenza e committenza.

L'adozione di questa definizione, in un contesto che vede da un lato, la pluralità delle aspettative che convivono nei confronti della valutazione degli interventi formativi, e dall'altro la complessità degli interventi formativi e la loro eterogeneità, ci offre notevoli vantaggi: crea uno scopo comune e condiviso tra la prospettiva della dirigenza organizzativa, la prospettiva dell'operatore della formazione e, infine, la prospettiva dell'utenza;

svincola la valutazione dalla concezione semplicistica di 'momento finale e consuntivo', e ne fa un processo dinamico che costituisce parte integrante di tutto l'iter formativo, dall'analisi della domanda all'osservazione critica dei risultati formativi anche oltre i termini di conclusione dell'intervento; definisce la coesistenza di due livelli di gestione della valutazione: quello del principio teorico, che ha valore generale, e quello dell'applicazione del principio, che deve essere definito in funzione della specificità dell'intervento;

rende, infine, la stessa valutazione un processo formativo, capace di produrre autoconoscenza in tutti gli attori coinvolti: nell'organizzazione che si responsabilizza nei confronti delle attività che promuove e si abitua ad osservarne criticamente lo svolgersi;

nell'operatore che ripensa il suo esercizio professionale, infine nell'utenza che può, con la valutazione, ripercorrere e ricostruire a posteriori l'esperienza formativa vissuta, inserendola nel più ampio contesto della vita organizzativa in cui opera e di cui è parte.


torna su

2. Valutazione 'su misura'

Le organizzazioni sono abituate a razionalizzare, normare, standardizzare; tale attività risponde certamente alle esigenze di produttività e funzionalità, ma contemporaneamente serve anche a contenere la paura ansiogena dell'ignoto, dell'incerto, dell'imprevedibilità dell'altro; la stessa attività ha anche l'effetto di semplificare il reale, dicotomizzarlo e renderlo proceduralmente e deterministicamente comprensibile. Ma, purtroppo, queste semplificazioni possono rivelarsi tutt'altro che efficaci per gestire il reale: ne sono dimostrazione i numerosi fenomeni 'irrazionali' (complessi, appunto) che popolano il mondo del lavoro: l'elevata competizione anche in assenza di una realistica posta in gioco, l'esigenza di doversi creare nemici con cui combattere, le gelosie, eccetera. Anche per quanto riguarda la valutazione degli interventi formativi, dobbiamo infatti stare attenti a non cedere troppo alle istanze razionalistiche e di standardizzazione, le quali potrebbero trascinarci nei terreni impervi della ecces
siva semplificazione che poco o niente riesce a rendere conto dei fenomeni reali complessi. Riprendiamo la definizione cui abbiamo fatto riferimento: valutazione come "processo che permette la comprensione di quanto un certo intervento è stato adeguato e significativo per far fronte alle esigenze di utenza e committenza".

Tanto per cominciare, questa definizione richiama un'accezione di 'valutazione' come 'osservazione critica mirata' delle attività formative e del loro significato nella storia professionale dei partecipanti e dell'intera organizzazione. Questa definizione, poi, chiama direttamente in causa almeno tre elementi da tenere in considerazione: le esigenze della committenza, quelle dell'utenza e la loro analisi. E' da questi tre elementi che si può (permettetemi...si deve!) partire per costruire i primi indicatori di valutazione di un intervento formativo.

L'analisi, l'esplicitazione, il riconoscimento e la condivisa sottoscrizione di tali esigenze da parte della committenza costituiscono il primo passo per individuare anche i criteri rilevanti sulla cui base avviare un processo di valutazione dell'intervento formativo. Il consulente formatore ha il compito di facilitare questa prima fase, ed esplorare insieme al suo committente le aree di intervento, cercando insieme a lui di trasformarle in obiettivi operativi da perseguire. Questa fase è particolarmente delicata: non è detto, per esempio, che sia proprio un intervento formativo il modo migliore per gestire le aree di intervento e raggiungere gli obiettivi individuati. Altro elemento cruciale di questa fase è il coinvolgimento attivo e consapevole della committenza e, per quanto possibile dell'utenza; senza tale coinvolgimento, l'intervento formativo risulta già in certa misura invalidato, poiché non offre alcuna garanzia che quello che verrà realizzato corrisponda ai bisogni riconosciuti dall'organizzazione
o possa essere da quest'ultima comunque accolto e patrimonializzato.

Facciamo un esempio. Un'organizzazione che sta pianificando l'introduzione di nuovi strumenti tecnologici per la gestione di un dato processo lavorativo, vuole assicurarsi che: 1. le persone siano tecnicamente preparate a utilizzare i nuovi strumenti; 2. non si verifichino resistenze culturali nei confronti dell'innovazione imminente. L'organizzazione si rivolge a un consulente, il quale può accogliere così com'è la domanda e progettare un corso tecnico-specialistico affiancato da uno sull'innovazione, oppure approfondire le richieste del suo committente e definire insieme a lui degli obiettivi più specifici di intervento, come per esempio la diffusione di un atteggiamento il più possibile costruttivo nei confronti dei nuovi strumenti tecnologici che si pensa di introdurre, attraverso: 1. l'analisi degli atteggiamenti correnti tra i dipendenti nei confronti delle nuove tecnologie e dell'innovazione organizzativa, il loro approfondimento e la loro rivisitazione critica con i diretti interessati; 2. il coinvolgimento dei dipendenti nel processo di decisione che ha portato alla scelta dei nuovi strumenti tecnologici da introdurre, almeno per quanto riguarda la diffusione dei motivi che hanno spinto l'organizzazione a fare questa scelta; 3. l'incremento di senso di padronanza e autoefficacia percepita nell'uso delle nuove tecnologie informatiche.

Tra l'altro, un intervento così articolato permetterebbe di rilevare i principali fattori di preoccupazione legati ai cambiamenti in atto, rendendo possibile la loro gestione. Su queste basi, si possono cercare e concordare con la committenza dei parametri di valutazione, ad esempio la percezione soggettiva di utilità professionale che gli utenti esperiscono in riferimento al corso, i loro atteggiamenti nei confronti dei temi affrontati in sede di corso ed altro ancora, come l'autoefficacia percepita nei confronti dell'uso delle nuove tecnologie. Successivamente, si possono mettere a punto le metodologie, ipotizzando i relativi strumenti di valutazione. In questo esempio, gli strumenti cui fare riferimento possono essere, oltre alla percezione del formatore e dei capi-diretti degli utenti: self-report, questionari a domande aperte e chiuse, interviste strutturate o semi strutturate, misure di prestazione relative all'uso (quantità e qualità) degli strumenti tecnologici.

In generale, quando l'oggetto di valutazione è un singolo intervento formativo, si parla più di prova, o test della proposta formativa che di vera e propria valutazione. Tale test coinvolgerà singoli individui, e non l'organizzazione nel suo complesso. Se il numero delle edizioni formative arriva a coinvolgere, ad esempio, una intera fascia omogenea di persone, si può cominciare ad ampliare l'ambito della valutazione concentrandosi, ad esempio su quanto e come dell'esperienza formativa rimane attivo nelle persone a distanza di tempo. Man mano che gli interventi formativi si intensificano ed articolano all'interno di un più vasto progetto formativo nell'organizzazione, la valutazione può acquisire la forma dell'analisi organizzativa. E' solo a questo livello che i progetti di formazione possono impegnarsi in processi di valutazione dei risultati che abbiano significato e siano attendibili.

torna su

3. Le misure della Valutazione

Alla fase di analisi della domanda di formazione, segue la progettazione vera e propria, con la descrizione dettagliata dell'intervento formativo. Ancora prima della realizzazione del progetto proposto, si può avviare un processo di valutazione della qualità del progetto. Di seguito proponiamo alcune domande che riflettono specifici parametri di qualità del progetto.

Gli obiettivi sono chiari? Qual è il livello di approfondimento? Sono descritti i metodi didattici? L'articolazione didattica è illustrata per tempi, moduli e unità didattiche ordinate e chiaramente definite? E' fatto cenno alla valutazione? Sono individuabili le diverse unità d'analisi (la singola unità formativa, la singola giornata, l'area tematica e l'esperienza complessiva)? Il percorso formativo è consequenziale dai punti di vista logico, cronologico, psicologo? I passaggi tra le varie unità d'analisi (unità didattica/unità didattica; giornata/giornata; tema/tema, ecc.) sono coerenti e integrati? Il percorso formativo è equilibrato dal punto di vista delle attività, degli strumenti e delle metodologie didattiche, oppure un elemento di questi aspetti risulta preponderante?

Tutte queste sono domande utili alla valutazione della qualità di un progetto e/o al confronto tra più progetti. Definito il progetto, si procede alla sua realizzazione. Sorvolando sull'effettivo rispetto del progetto, che ci porterebbe molto lontano dal tema di questo articolo, e dalla valutazione della 'validità interna' del formatore in azione, arriviamo alla valutazione dei risultati veri e propri. Anche in questo caso, non esiste un unico strumento a disposizione: possiamo decidere di seguire la classica schematizazione di Rolland (1978), o le indicazioni di Quaglino e Carrozzi (1983). Il primo suggerisce di distinguere operativamente i risultati da valutare in:


reazioni durante l'intervento o immediatamente dopo;
contenuti di apprendimento (conoscenze e nozioni, indipendentemente dalla verifica della loro applicazione);
cambiamenti comportamentali esplicitati sul lavoro dopo l'intervento;
funzionamento organizzativo, che può essere misurato in termini di turn-over, assenteismo, produttività, ecc.;
rapporto costi/benefici.

Quaglino e Carrozzi ritengono che sia l'apprendimento/cambiamento il vero parametro di valutazione dei risultati di un intervento formativo, espresso nel modo delle persone di pensare ed agire il proprio ruolo nell'organizzazione.

Nell'ottica squisitamente psicosociale che mi contraddistingue, pur riconoscendo l'utilità di tali 'oggetti di valutazione', devo tuttavia sostenere la fondamentale importanza di un particolare momento valutativo: quello della esplicitazione e messa in comune, da parte dei partecipanti, del significato esperienziale dell'attività svolta. Tale momento, non sempre registrabile, costituisce un'occasione di autoriflessione tanto per i partecipanti che per il formatore, di sedimentazione dell'esperienza fatta e, cosa più importante, di relazione profonda che trascende i contenuti e 'arriva al cuore', veicolando un messaggio molto particolare: un percorso comune ha dato a ciascuno la possibilità, con gli altri, di sperimentare stati soggettivi diversi ed esplorare la dimensione del cambiamento possibile ed autodiretto.

Concludo con uno spunto: le analisi di clima. Rare e difficili, costituiscono un ottimo indicatore degli effetti di un intervento organizzativo e formativo.

torna su


Ultimo aggiornamento: 18/11/05