Focus
Migliorare la performance dei Comuni : la scelta degli indicatori di misurazione
11 marzo 2013 - In questo intervento Mario Bolognani, responsabile regionale (Regioni Puglia e Campania) del progetto “Valutazione delle performance”, ci descrive quali siano le tappe significative e gli approcci strategici da adottare nel processo di misurazione. L’articolo è il risultato delle azioni di affiancamento sviluppate e promosse dal Dipartimento della Funzione Pubblica in favore delle amministrazioni locali delle regioni obiettivo convergenza nell’ambito del PON Governance 2007-2013
Che cosa vuol dire misurare
Misurare significa assegnare numeri ai fenomeni osservati secondo regole standard e con continuità. La misurazione e della performance di un ente si riferisce quindi all’insieme delle attività finalizzate a quantificare le diverse dimensioni della performance e la performance complessiva. L’attività di misura in sé non è sufficiente per esprimere valutazioni. I dati che emergono dalle misure, infatti, devono essere aggregati o disaggregati e quindi interpretati alla luce di ipotesi. Solo a questo punto, dopo un’analisi critica dei dati che il processo di misura ci ha fornito, è possibile esprimere valutazioni di merito.
Le 5 fasi del processo di misurazione
Il processo di misurazione si articola in 5 fasi:
- Definire l'oggetto e la misura delle sue dimensioni
- Selezionare gli indicatori
- Raccogliere i dati
- Stesura di rapporti informativi per chi deve valutare e decidere
- Garantire la qualità del processo di misurazione
In primo luogo quindi è necessario ridurre la complessità del fenomeno considerato scomponendolo nelle diverse dimensioni per poterle misurare separatamente con i criteri più appropriati. Quindi, per misurare la performance di un ente, bisogna considerare separatamente le strategie, le attività operative, i progetti, i servizi e i processi continui, le unità organizzative e le persone. Naturalmente, il processo di analisi e scomposizione continua, oltre questo primo livello, fino a che non si arriva a dimensioni elementari misurabili.Per ciascuna dimensione elementare è necessario selezionare gli indicatori più appropriati. La scelta degli indicatori è uno snodo critico del processo di misurazione. Gli indicatori devono essere comprensibili dai portatori di interesse (interno o esterni), definiti con precisione e documentati, rilevanti in quanto colgono aspetti importanti del fenomeno e sensibili al cambiamento (così, ad esempio, gli indicatori si/no, in quanto consentono di rilevare solo due livelli, non sono adatti a misurare processi continui). Infine, gli indicatori, se servono per prendere decisioni, devono consentire misure tempestive. Anche per questo la raccolta, l’analisi dei dati e la rendicontazione devono essere fattibili senza eccessivo dispendio di tempo e di risorse.
La raccolta dei dati è la fase immediatamente successiva alla scelta degli indicatori. Essi possono provenire da registrazioni esistenti o aggiuntive in-house, da indagini sulle opinioni, da sessioni di autovalutazione (self-assessment), da misure tecniche effettive (p. e. sulla qualità dell’aria), da valutazioni di osservatori specializzati, da dati statistici nazionali e internazionali e da altre organizzazioni pubbliche e private.
I numeri però non parlano da soli. È necessario fare analisi più approfondite sui dati, operando scomposizioni e aggregazioni, confrontarli con quelli di altre organizzazioni simili o con la norma definita a priori (target) e, infine, ricercare le cause degli scostamenti dalla norma. Sulla base di queste analisi si possono redigere rapporti informativi adatti a prendere decisioni.
Naturalmente il processo di misurazione deve essere svolto con modalità standard che garantiscano la qualità degli indicatori, l’affidabilità delle misure e delle fonti dei dati. Ciò implica il supporto di sistemi informativi appropriati.
I diversi tipi di indicatori
Gli indicatori si inquadrano di norma in alcune categorie:
- indicatori di input
- indicatori di output
- indicatori di outcome (spesso denominati di risultato o di impatto)
- indicatori di efficienza
- indicatori di efficacia strategica e operativa
- indicatori di economicità.
Gli indicatori di input e di output derivano da misure dirette sulle risorse in ingresso e sui prodotti-servizi in uscita dai processi. Gli indicatori di efficienza sono un rapporto tra le misure di input e quelle di output (la produttività del lavoro è un tipico indicatore di efficienza, ma anche lo stato di avanzamento dei progetti). Gli indicatori di efficacia sono rapporti tra output e risultati (p. e. numero di persone che hanno contratto l’influenza/numero di persone vaccinate). Infine, gli indicatori di economicità derivano dal rapporto tra risorse in input e risultati ottenuti (p. e. il costo unitario di permanenza all’asilo nido). Avremo quindi indicatori singoli e indicatori derivanti da rapporti, ma anche altri tipi di aggregazioni che combinano con algoritmi opportuni diversi indicatori per ottenere misure a livelli diversi del fenomeno. Per esempio, la performance di una unità organizzativa è misurata da un indicatore aggregato che tiene conto della performance dei servizi agiti da quella unità, dei progetti innovativi ad essa assegnati e della performance del responsabile e di tutto il personale operativo, nonché di variabili esterne che possono influenzare il risultato quali, ad esempio, le variabili ambientali.
Infine, le misure per i diversi tipi di indicatori potranno essere di tipo quantitativo (quantità di rifiuti smaltiti, risultato di rapporti e algoritmi), qualitativo (rilevazione della percezione delle persone) o misure sostitutive (p. e. numero di reclami come indicatore della soddisfazione per un servizio).
Per approfondire guarda l’intervento di Mario Bolognani registrato in occasione del webinar del 22 febbraio scorso
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