Customer satisfaction management e misurazione delle performance, intervista a Mauro Bonaretti

In che modo si può rendere la customer satisfaction un processo strutturato e parte integrante della gestione strategica ed operativa di un ente pubblico? Lo abbiamo chiesto a Mauro Bonaretti, direttore generale del comune di Reggio Emilia con cui, qualche tempo fa, avevamo discusso delle opportunità e delle criticità relative all’introduzione nella pubblica amministrazione, degli strumenti per la gestione del ciclo delle performance previsti dal decreto legislativo 150 del 2009 (settembre 2011)

Quale è il ruolo che un’amministrazione pubblica dovrebbe dare all’analisi della soddisfazione degli utenti rispetto alla qualità dei servizi pubblici?
La qualità del servizio rientra a tutti gli effetti tra gli elementi da misurare e gestire per migliorare le performance. Pertanto il customer satisfaction management è – per un’amministrazione pubblica - uno strumento fondamentale di gestione, da tenere strettamente connesso alla dimensione delle strategie di sviluppo. Con l’introduzione del ciclo delle perfomance il decreto legislativo 150, infatti, ha consentito un passaggio ulteriore fornendo una “testa” al tema della qualità. Per un’amministrazione pubblica oggi gli obiettivi strategici, gli obiettivi operativi e la qualità dei servizi sono legati in maniera imprescindibile.

Come si realizza in concreto questo passaggio?
Non so dire come funziona in generale, ma nel nostro caso è stato un passaggio abbastanza coerente con un modo di ragionare che era già patrimonio dell’amministrazione. È dal 2006, infatti, che il comune di Reggio Emilia, lavora in questo modo facendo discendere, ad esempio, la scrittura del bilancio da un Piano Esecutivo di Gestione (PEG) redatto sulla base di proposte di attività e servizi - oltre che degli specifici indicatori di risultato - da parte dei dirigenti. Il tutto coerente e riconducibile agli obiettivi strategici individuati dalla politica.
Gli aspetti della customer satisfaction sono stati, dunque, legati a quello più generale della gestione per obiettivi. Ogni obiettivo di policy viene declinato in linee di budget e in processi operativi posti sotto la responsabilità della dirigenza, alla quale è richiesto di garantire - oltre alla realizzazione dell’attività (outcome) - anche adeguati livelli di costo e di qualità del servizio erogato. Qualità che viene misurata attraverso strumenti di rilevazione e analisi della customer satisfaction.

Ci può fare un esempio concreto?
Si tratta, come dicevo, di non tener disgiunte le strategie dagli obiettivi operativi. Se l’obiettivo di policy è quello di ridurre gli incidenti stradali, a livello organizzativo questo si traduce nella programmazione di attività specifiche – ad  esempio la realizzazione di piste ciclabili e l’organizzazione del servizio “bici - bus” che permette ai bambini di andare a scuola in bicicletta in sicurezza – e, infine, nella misurazione dell’outcome (di quanto sono diminuiti gli incidenti) e della soddisfazione dell’utente.
Il customer satisfaction management diventa, laddove la dimensione dell’utenza sia fondamentale, lo strumento principe. Spesso, tuttavia, mancano le risorse (si pensi al taglio della spesa e al blocco del turnover dei dipendenti, fattori che vanno ad incidere maggiormente proprio su questi strumenti di gestione innovativa), manca l’esperienza (e non la si può ricercare all’esterno) e tutta l’attenzione è concentrata sul garantire l’esistente e l’ordinario. Così, nonostante si riconosca una validità fondamentale alla gestione della soddisfazione degli utenti, come strumento per ottenere miglioramenti consistenti sui livelli di qualità e sui processi produttivi, le analisi di customer satisfaction sono limitate all’essenziale, ad esempio - nel nostro caso - ad alcuni servizi alla persona come l’anagrafe, o le biblioteche.

Cosa consiglia ad un’amministrazione che si trova oggi a dover iniziare questo percorso?
Il consiglio per chi sta cominciando è quello di partire dal mettere ordine nei processi di programmazione strategica ed operativa e - innanzitutto - coinvolgere la politica all’interno di questi, convincendola ad utilizzare strumenti manageriali nella definizione delle proprie strategie. È chiaro che alla politica non possiamo chiedere di svolgere funzioni manageriali, ma è altrettanto vero che i dirigenti devono cercare di dare un ordine alle strategie della politica qualificandole all’interno di un quadro più oggettivamente verificabile. Solo così si riescono ad introdurre elementi di misurabilità e, quindi, anche di vera trasparenza.
Una ricetta non esiste. La politica deve acquistare una maggiore sensibilità su questi temi e il management si deve rendere conto della propria funzione di ausilio alla politica a costruire dei processi decisionali più razionali e coerenti.
Secondo me lo snodo sta proprio lì, cioè nella capacità di ragionare non tanto per tecniche, per nuovi strumenti, o per singole iniziative di innovazione, ma lavorare su un processo che porti a razionalità l’allocazione delle risorse e la rendicontazione.

Un rischio da evitare?
Il rischio maggiore è quello di trasformare il piano delle performance e, quindi anche la rilevazione della qualità dei servizi, in un adempimento formale. La logica è - e deve essere - : io faccio un piano delle performance e a partire da questo costruisco il bilancio dell’ente. Perché tutta questa attività non perda di senso è, dunque, necessario che sia collegata ai processo decisionali reali, quelli di allocazione delle risorse che avvengono in sede di programmazione operativa.

Per saperne di più

Intervista a Mauro Bonaretti sugli strumenti di misurazione delle performance

La sezione dedicata alla valutazione delle performance

Ultimo aggiornamento:  26/11/2015

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