Customer Satisfaction Management nel settore pubblico: intervista a Patrick Villeneuve
22 maggio 2012 - Il tema del Customer Satisfaction Management, quando applicato alle organizzazioni pubbliche, apre una importante questione sull’identità del soggetto coinvolto. Quello che viene definito “cliente” dell’organizzazione è infatti anche utente del servizio ma soprattutto è anche un cittadino, oltre che uno stakeholder. A partire da questa triplice identità, Jean-Patrick Villeneuve (assistant Professor - IDHEAP - Swiss Graduate School of Public Administration-università di Losanna) ci aiuta a individuare i punti principali che rendono l’approccio del CSM particolarmente adatto per le nostre pubbliche amministrazioni, in un momento di trasformazione strutturale quale l’attuale. Lo abbiamo intervistato a FORUM PA 2012, a margine del convegno “Dall’ascolto al miglioramento organizzativo. Customer Satisfaction e Qualità dei servizi nel Performance Management”, organizzato dal Dipartimento della funzione pubblica nell’ambito del progetto MiglioraPA e da lui aperto con un key note speech
Come va interpretato il Customer Satisfaction Management (CSM) quando viene applicato, nello specifico, alle organizzazioni pubbliche?
Penso che, in ambito pubblico, il CSM rappresenti un elemento chiave nella gestione dei servizi. La sua introduzione nel settore pubblico per me è una vera rivoluzione, perché significa che la voce del cittadino avrà un peso decisivo. E’ una cosa apparentemente molto semplice ma, se ci pensiamo un po’ meglio, si tratta di un decisivo passo avanti.
Considerando le logiche e gli strumenti del CMS nel contesto della pubblica amministrazione, il termine customer rappresenta in realtà un soggetto tridimensionale, che è allo stesso tempo cliente, utente e cittadino. Come è possibile integrare queste identità che coesistono nell'esperienza del cliente della PA?
La cosa buffa è che la prima critica che viene spesso fatta al CSM in ambito pubblico è che si utilizza un approccio rivolto al “cliente”, mentre gli utenti di servizi pubblici non sono semplici clienti, perché in effetti tutti noi siamo anche cittadini. Mi sento di dire che molte organizzazioni pubbliche già utilizzano il termine facendo riferimento a questa identità multipla, però è bene sottolineare che il concetto di cliente è molto diverso da quello di cittadino e che, quindi, per una organizzazione pubblica è importante innanzitutto avere ben in mente cosa si intende per customer e poi essere chiara anche verso i propri clienti. La questione centrale per una organizzazione pubblica diventa allora come si decide di trattare questi clienti: come clienti, come cittadini, come utenti di un servizio o forse come un insieme delle tre cose. Questo è un aspetto critico per le organizzazioni e capirlo, secondo me, è il primo passo fondamentale da realizzare per una corretta applicazione del CSM.
Può aiutarci a tracciare i punti focali del rapporto tra CSM e riforma della PA orientata al miglioramento della performance?
La performance rappresenta oggi uno dei temi principali per le pubbliche amministrazioni e in questo contesto il CSM diventa uno degli strumenti chiave per tutte le organizzazioni pubbliche al fine di migliorare la propria reputazione nel settore di riferimento. In quest’ottica è importante cercare di raccogliere informazioni e coinvolgere i cittadini rispetto alla qualità dei servizi offerti. Per molto tempo ci si è preoccupati semplicemente di attenersi alle norme tecniche o di verificare la correttezza legale di determinate azioni, senza nessun interesse per la soddisfazione dell’utente finale, né per la sua voice. Il CSM, con le sue logiche di co-gestione, permette di avere una definizione molto più ampia della qualità delle prestazione delle pubbliche amministrazioni.
Come entra il CSM nei nuovi modelli di pubblica amministrazione basati sulla partecipazione diffusa, dal governo con la rete all’amministrazione 2.0 ?
Questo è evidentemente un discorso di governance pubblica, in cui il CSM rientra a pieno titolo. E in questo ambito penso che il tema della tecnologia rappresenti un elemento centrale. La tecnologia oggi a disposizione, infatti, aiuta a moltiplicare le interazioni con il cittadino e può svolgere, al tempo stesso, un ruolo centrale nel contesto del CSM. Implementando il CSM possiamo infatti conoscere e valutare le opinioni dei cittadini sui servizi offerti e questo ci permette di aprire maggiormente le porte dell’amministrazione al cittadino, facendo crescere la fiducia e la trasparenza, che rappresentano poi gli asset principali della pubblica amministrazione. E’ evidente che gli strumenti internet e del web 2.0 svolgono un ruolo chiave in tutto questo processo.
In questo periodo all’azione di riforma si chiede soprattutto di “tagliare” costi e inefficienze. Come e perché si dovrebbe inserire in questo momento di crisi il CSM nella riforma della PA?
Nell’attuale situazione, molti degli strumenti manageriali (come anche il CSM) potrebbero essere bollati come “un effetto moda”, qualcosa a cui si può rinunciare senza grandi perdite. Ma questa è, come direbbero i francesi, une fausse bonne idée. Il management c'è perché ha un ruolo da svolgere e nel CSM il suo ruolo è generare una serie di elementi di conoscenza a valore aggiunto per l’intera organizzazione. Il CSM permette infatti di conoscere il punto di vista dei cittadini, nonché il loro livello di soddisfazione e di individuare i punti di forza e di debolezza, accendendo i riflettori su quali sono le minacce e le opportunità per l’amministrazione e/o per l’organizzazione nello specifico. Il CSM rappresenta un approccio che può alimentare e far crescere la fiducia, che è la vera ricchezza per una amministrazione pubblica. Se ci sono problematiche di tipo economico–finanziario, come succede in questo momento, si può pensare a dei tagli per ridurre i costi, ma si può pensare anche a degli investimenti che permetteranno successivamente di risparmiare. Questa, però, è una scelta politica.