Intervista a Fabio Monteduro - Comune di Milano

Fabio Monteduro, ricercatore di Economia delle Aziende Pubbliche e Non Profit, Vicedirettore esecutivo del Centro Interdipartimentale di Studi sulla Pubblica Amministrazione (CISPA) all’Università di Roma Tor Vergata e consulente presso il comune di Milano sull’utilizzo del modello di risk management ci racconta questa esperienza applicativa (dicembre 2009)

D. Quali sono gli aspetti/dimensioni più critici che avete rilevato nella gestione dei progetti di innovazione?

R. Il progetto di innovazione realizzato nel comune di Milano ha riguardato la sperimentazione di alcune innovazioni di processo e di prodotto destinate a semplificare le pratiche amministrative che gli immigrati e/o i datori di lavoro devono svolgere nell’ambito dei processi di inserimento lavorativo, soggiorno ed integrazione sociale. Inoltre, la stessa maturazione del progetto ha indicato nuove traiettorie di sperimentazione, connesse, in particolare, al miglioramento della relazione tra stranieri in possesso, o impegnati nella costruzione, di competenze altamente qualificate, comune di Milano, università ed aziende.
Le difficoltà più rilevanti sono legate alla complessità normativa e della frammentazione di competenze e soggetti che hanno caratterizzato l’oggetto del progetto (semplificazione delle pratiche amministrative per i lavoratori immigrati). In quest’ambito il ruolo del comune è intrecciato con il ruolo di altri attori (prefettura, questura, ecc.) e ciò ha reso la cooperazione interistituzionale un imprescindibile terreno di confronto. Ne consegue che la diversità di approcci, di competenze, di modalità organizzative e, soprattutto, di motivazioni relativamente al progetto in esame tra tutti i soggetti coinvolti è stata la più importante criticità riscontrata.  Da questa criticità sono derivate tre delle principali tipologie di rischi identificate e gestite nell’ambito del progetto: a) carenze nel sistema delle motivazioni; b) resistenze al cambiamento; c) ritardo del progetto.
Un’ulteriore criticità, parzialmente connessa alle considerazioni precedenti ha riguardato la definizione iniziale di obiettivi e azioni di innovazione troppo ambiziosi rispetto alle risorse ed alle possibilità del comune. La pianificazione della gestione del rischio e il monitoraggio degli stessi metteva in evidenza che azioni progettate richiedevano deroghe normative che, pur possibili, erano incompatibili con la tempistica del progetto. Pertanto è stato necessario adottare alcune contromisure specifiche, che hanno poi consentito di ottenere importanti risultati.

D. Ritenete che gli strumenti di risk management sperimentati abbiano consentito di correggere questi aspetti?

R. Gli strumenti utilizzati nell’ambito del progetto sono stati certamente un utile supporto per l’identificazione e la gestione dei rischi individuati.  E’ stato infatti possibile sviluppare una serie di specifiche contromisure, che si sono rivelate poi efficaci. Ad esempio è stata rafforzata l’azione di coinvolgimento degli stakeholders, organizzando una serie di incontri con i vari soggetti coinvolti (prefettura, questura, ecc.), grazie ai quali stato possibile stringere accordi di collaborazione che hanno consentito di fronteggiare la criticità derivante dalla frammentazione delle competenze istituzionali.
Inoltre, per ovviare alla criticità derivante dallo squilibrio iniziale tra risorse ed obiettivi, si è agito su due fronti: 1) in parte gli obiettivi e le azioni sono state focalizzati su ambiti più direttamente influenzabili da parte del comune (es. focalizzazione su pratiche di idoneità alloggiativa ed iscrizione anagrafica; azione di comunicazione ed informazione degli utenti, ecc.); b) in parte sono state incrementate le risorse facendo convergere verso gli obiettivi progettuali altre azioni affini già avviate dal comune.

D. Ci sono state delle difficoltà nell’applicazione di strumenti di risk management ? 

R. Non ci sono state particolari difficoltà. Si possono però individuare alcune fasi che sono più complesse delle altre. Tra tutte le fasi, infatti, (individuazione dei rischi, valutazione dei rischi, costruzione di piani di gestione, monitoraggio) quelle più critiche sono sicuramente: a) la valutazione dei rischi e b) il monitoraggio. Si tratta però di livelli di criticità differenti. Con riferimento al primo aspetto, va considerato che se da un lato non è troppo difficile fare una mappatura dei rischi specifici del progetto, più difficile è stimare la probabilità del verificarsi dell’evento e l’impatto sul progetto. Si tratta di un’attività complessa, che richiede una grande esperienza specifica ma anche una sensibilità a questi aspetti da parte degli attori coinvolti nel progetto stesso. In altri termini, essendo una fase caratterizzata da elevata “soggettività”, molto dipende dalle competenze dei (e dalle relazioni tra i) vari “soggetti” coinvolti. Il monitoraggio è un’attività critica perché spesso è sottovalutata. In altri termini una volta identificato e valutato il rischio e attuata una contromisura è facile, poi, che l’attenzione cali, pensando che la questione sia risolta. Per cui si tratta di una fase insidiosa, perché ci si rende conto della sua importanza solo quando il problema che si pensava di aver risolto si ripresenta.

D. Nella metodologia di project management che utilizzate, sono previste tecniche di risk management o tecniche simili?

R. Sì, la metodologia di risk management che utilizziamo è abbastanza simile a quella prevista nell’ambito del progetto. La metodologia che utilizziamo si basa fondamentalmente sul The Practice Standard for Project Risk Management elaborato dal Project Management Institute, e prevede sostanzialmente le seguenti fasi:

  1. Pianificazione del risk management
  2. Identificazione dei rischi
  3. Analisi qualitativa del rischio
  4. Analisi quantitativa del rischio
  5. Programmazione delle azioni di risposta ai rischi
  6. Monitoraggio e controllo dei rischi.

D. Ritenete giustificati i costi di investimento nell’apprendimento di questa metodologia rispetto ai risultati?

R. Si certamente. Si tratta di un investimento che da risultati importanti ed anche piuttosto rapidamente. In realtà ritengo che nell’ambito della gestione di un qualsiasi progetto, lo sviluppo di azioni di risk management sia un aspetto irrinunciabile ed un’attività che in realtà si fa comunque (implicitamente o esplicitamente). Le metodologie di risk management però aiutano molto perché “costringono” ad esplicitare tale fase ed ad effettuarla in maniera razionale.

D. Come pensate che dovrebbero essere configurati i modelli e gli strumenti di risk management per essere coerenti ed adeguati alle esigenze di presidio dei piani di innovazione organizzativa della P.A.?

R. Direi che il modello messo a punto nell’ambito del progetto “Processi in comune” è valido ed adeguato alle esigenze di presidio dei piani di innovazione organizzativa della P.A. Infatti ha previsto la definizione di linee guida da parte della task force centrale del progetto e, poi, l’implementazione ed integrazione di tale linea guida da parte delle unità locali. Ciò ha consentito una certa uniformità di approccio ed al contempo la necessaria flessibilità. Forse può essere utile sviluppare meglio un catalogo dei rischi (check list) sulla base delle esperienze pregresse in modo da semplificare il lavoro di analisi sul campo dei rischi.

Ultimo aggiornamento:  26/11/2015

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