Intervista a Federico Butera, direttore dell'IRSO
Federico Butera, professore ordinario e coordinatore della cattedra di Sociologia dell'Organizzazione presso l’Università di Milano Bicocca, ha fondato nel 1974 l’IRSO - Istituto di Ricerca Intervento sui Sistemi Organizzativi, di cui ne è da allora presidente. In questa intervista ci propone, a partire da una riflessione sullo stato dell’arte nei modelli organizzativi della PA italiana, un'analisi sulla centralità del Customer Satisfaction Management nella trasformazione “dal castello alla rete” (luglio 2011)
D. Partiamo dallo scenario. Rispetto alla metafora “del castello e della rete”, l’Italia dove si trova?
R. Per quel che riguarda le imprese, l’Italia si trova pienamente nel mondo delle reti. Le imprese sono ormai in rete fra di loro e questo pian piano sta avvenendo anche nelle amministrazioni pubbliche. Quello che intendo dire è che non solo ciascuna pubblica amministrazione è strutturata con una propria rete di sostegno e di sviluppo ma che diverse amministrazioni sono collegate tra loro. Proprio in questo momento stiamo facendo un’esperienza, oserei dire, molto emozionante. Stiamo lavorando, infatti, ad un progetto in cui uno dei castelli più impenetrabili della pubblica amministrazione - un tribunale - si sta aprendo all’interno di una rete, in un rapporto molto forte con il territorio. Si tratta del tribunale di Monza che sta creando una serie di relazioni molto forti con l’università, con la provincia, con i comuni, con le asl di riferimento e con Poste Italiane, al fine di svolgere al meglio un ruolo molto importante che è quello di occuparsi della volontaria giurisdizione. Per inciso, per “volontaria giurisdizione” si intendono le attività di sostegno alle persone che hanno ridotta capacità decisionale su cui il tribunale ha una sua capacità di giurisdizione. Il servizio che normalmente era svolto attraverso attività distinte, per cui il cittadino navigava faticosamente tra il comune, il tribunale, le asl e così via, trova adesso un punto unico di erogazione, in uno sportello gestito attraverso una collaborazione tra le istituzioni che fanno rete. Punto centrale di questo processo è che, a seguito dell’erogazione del servizio, chiediamo al cittadino se è contento o meno e che problemi ha avuto, in termini anche molto concreti e molto dettagliati, al fine di migliorare il servizio stesso.
D. Lei dice “chiediamo al cittadino”. Ma quanto progetti di Customer Satisfaction possono essere una leva per scardinare la struttura del castello e portarla verso un’organizzazione di tipo reticolare?
R. I progetti di Customer Satisfaction sono essenziali in questo processo, perché, come dire, capitalizzano le energie e direzionano l’intervento a partire dal punto di vista del cittadino. E siccome questa operazione di relazione deve essere finalizzata, deve avere cioè una direzione a cui tendere, la cosa importante è che questa venga data dal cittadino, che deve avere voce e capacità di esprimersi. Ciò può avvenire attraverso sistemi più sofisticati – e diciamo che i modi più sofisticati per rilevare l’opinione dei cittadini sono noti da decenni - o anche attraverso sistemi semplificati, come quelli che si stanno avviando nell’ambito del progetto MiglioraPA promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica per le regioni obiettivo convergenza e che consentono un’azione di monitoraggio e soprattutto di misurazione della CS volta al miglioramento. Allora, l’elemento vincente è nel raccogliere informazioni sulla soddisfazione dei cittadini anche attraverso iniziative apparentemente semplici, come succede attraverso le emoticon di “Mettiamoci la faccia”, e nell’associare il processo della rilevazione a una batteria di attività che l’amministrazione può mettere in campo. Il successo della rete in cui un’amministrazione è inserita è legato fondamentalmente alla capacità di ascoltare il cittadino, di dargli voce e, in una fase successiva, di prestare attenzione non solo alla sua soddisfazione ma anche alla sua esperienza. La pubblica amministrazione che vuole cambiarsi deve partire da qui, prendere da qui la guida, lo stimolo e l’orientamento. Un ultimo punto che sottolineerei è che cambiarsi per una pubblica amministrazione vuol dire cambiare i modi di operare, i ruoli, i modi in cui sono organizzate le strutture operative e, qualche volta, vuol dire adottare le tecnologie che sono disponibili e che spesso sono usate meno bene di come dovrebbe essere. Soprattutto, significa dare una risposta al cittadino, rendere chiaro che l’amministrazione si cura del cittadino.