Intervista a Giovanni Melillo, procuratore aggiunto presso la procura della Repubblica di Napoli
14 giugno 2012 - Giovanni Melillo sta seguendo lo start up del progetto transnazionale interregionale Diffusione delle best practice negli uffici giudiziari presso la procura di Napoli, con un approccio da lui stesso definito “prudente” e molto “attento” alla fase di avvio, dovuto soprattutto alla consapevolezza che si tratta di un investimento impegnativo. Lo abbiamo intervistato per farci raccontare questa esperienza
"Le attese in relazione agli esiti di questo progetto, finalizzato al miglioramento delle performance degli uffici giudiziari, sono ovviamente alte, perché l’imminente passaggio alla fase attuativa ci offre nuove e rilevanti opportunità di rafforzamento di una più generale azione di innovazione organizzativa, imposta dalla progressiva riduzione delle risorse disponibili. Naturalmente, per non creare un clima di eccessiva aspettativa, attendiamo di aver chiare le concrete prospettive che si definiranno con l’aggiudicazione della gara e l’avvio di un progetto che ha ricevuto finanziamenti in deroga ai criteri ordinari in ragione della peculiare complessità della struttura e delle funzioni del nostro ufficio"
Come intendete avviare la realizzazione del progetto presso la procura di Napoli ?
La prima dimensione che affronteremo sarà sicuramente quella della partecipazione. Puntiamo a costruire un modello di partecipazione e di tempestiva, ampia circolazione all’interno dell’ufficio delle conoscenze che ne deriveranno, che si dovrà espandere piano piano a tutti coloro che lavorano in procura. Partiremo da un piccolo gruppo composto da un funzionario amministrativo in rappresentanza delle cancellerie e da due sostituti procuratori con funzioni di collaboratori all’esercizio della delega all’innovazione organizzativa. Ma puntiamo al massimo grado possibile di motivato e consapevole coinvolgimento delle componenti giudiziarie ed amministrative, anche perché è tradizione dell’ufficio realizzare ampie e quasi permanenti forme di la consultazione su tutte le problematiche dell’organizzazione. La partecipazione e il coinvolgimento del personale togato e non togato sarà un punto chiave per il successo dell’iniziativa.
Ovviamente non basterà il loro coinvolgimento: bisogna considerare che la forza di questi progetti dipende molto dall’investimento che ne farà la dirigenza, giudiziaria ed amministrativa, cogliendo le occasioni di analisi e revisione che potranno nascere dall’immissione di strumenti di conoscenza ed esperienza diversi da quelli tradizionali. Naturalmente, molto dipenderà dalla qualità dell’apporto del soggetto d’impresa aggiudicatario, ma stiamo lavorando per costruire una cornice di monitoraggio e coordinamento efficace.
Quali sono le caratteristiche del vostro ufficio che incideranno sull’andamento del progetto e sulle scelte di priorità?
Il nostro è un ufficio che lavora in condizioni di particolare complessità, e non soltanto per una questione di numeri. Napoli è un luogo dove è molto alto il tasso di criminalità. La varietà, la vastità e la gravità dei fenomeni criminali rende veramente difficile fare delle scelte di priorità, perché siamo circondati da continue emergenze (criminalità organizzata, disastri ambientali, ordine pubblico, sicurezza urbana, illegalità diffusa anche dei circuiti economici, etc.) .
E’ un ufficio che vive un fenomeno marcato di progressiva dispersione del sapere. Ha 475 unità di personale amministrativo, ma con un’età media di oltre 58 anni - ciò significa che nei prossimi anni, stando così le cose, una parte consistente degli addetti ai servizi andrà in pensione. Inoltre l’ufficio si caratterizza per una notevole mobilità dei magistrati, e ciò impone una continua attenzione ai processi di formazione essenziali alla coesione interna ed all’unitarietà d’indirizzo delle funzioni requirenti.
Si tratta comunque di un ufficio al quale, da un lato, tutti riconoscono un ruolo cruciale nel contrasto della criminalità, e che, dall’altro lato, ha ancora straordinarie risorse in termini di civismo, per la qualità e l’impegno profuso da parte dei dipendenti.
Occorre quindi una particolare attenzione, nella fase di avvio, nel definire le priorità di intervento, nell’assicurare che le conoscenze non vadano disperse, nel curare il consenso, attraverso la partecipazione e una precisa definizione dei ruoli.
Quali problemi intendete affrontare con questo progetto e quali sono le ipotesi di intervento?
L’ufficio deve dare soluzione a una serie di criticità e tra questi la progressiva riduzione delle risorse è un dato di fatto.
La ripartizione delle risorse amministrative tra strutture centralizzate e ufficio del magistrato è una delle questioni più delicate. Finora si è riusciti a garantire ad ogni magistrato almeno un cancelliere e due unità di polizia giudiziaria; l’idea di assegnare un cancelliere ad ogni magistrato probabilmente oggi si tiene ancora in piedi perché ci sono 10 – 15 vacanze, ma se queste non ci fossero sarebbe già un problema insolubile la conservazione di quel tradizionale assetto. Fra qualche anno il rapporto 1/1 cancelliere/magistrato sarà impossibile.
Occorre dunque ripensare un’organizzazione immaginata sull’idea illusoria di autosufficienza della singola unità, sostituendola con servizi centralizzati che aggreghino risorse qualificate attorno a 5 - 6 funzioni nevralgiche, rendendo più mobili e inevitabilmente più leggere le strutture a valle, ovvero gli uffici del singolo magistrato.
La prima scommessa è stata fatta sull’ufficio notizie di reato (in cui lavorano circa 50 persone, pari alla dotazione di personale di un ufficio di complessità medio-alta), che gestisce 70-80 mila procedimenti iscritti annualmente nel registro modello 21 e oltre mezzo milione di procedimenti relativi a reati attribuiti ad contro ignoti. Siamo stati il primo ufficio che in Italia ha avviato in esercizio il programma Portale per la trasmissione e registrazione informatizzata delle notizie di reato, costruendo un efficace modello di organizzazione del relativo lavoro, giudiziario ed amministrativo. Nonostante le difficoltà legate alla faticosa implementazione della funzionalità del programma, divenuto nel tempo “esportabile” in altri uffici, come poi già avvenuto a Genova ed ormai anche a Firenze.
Abbiamo inoltre deciso di scommettere sull’ufficio spese, con l’informatizzazione delle procedure di liquidazione (Progetto SIAM). Sempre nell’ambito di un progetto PON abbiamo dato il via ad un’iniziativa di messa in comune delle basi dati di procura e prefettura per la gestione delle procedure riferite a veicoli in sequestro, penale o amministrativo.
Accesso on line dei difensori alle informazioni del registro, creazione di un front office gestito congiuntamente al tribunale e, soprattutto, avvio dei processi di digitalizzazione degli atti (Tiap) sono gli altri, fondamentali segni dei processi di innovazione in atto.
L’ufficio intercettazioni e l’ufficio esecuzione sono due gangli importanti che andrebbero potenziati; e poi c’è l’ufficio dibattimento, che pur essendo in grave sofferenza sarà chiamato a fare di più.
Quali sono secondo lei i primi ostacoli da rimuovere per consentire al progetto di partire nel migliore dei modi possibile?
Non riteniamo che le imprese che manifesteranno interesse per il nostro progetto si avvicineranno alla complessa realtà del nostro ufficio come ad un "un prodotto" costruito altrove e pensato per altri fini, che poi viene applicato nel nostro contesto. Occorrerà far leva su risorse qualificate, per competenze ed esperienze già maturate nella reingegnerizzazione di strutture davvero complesse. Credo che chi affronta una sfida di questo tipo abbia dinanzi a sé una sfida difficile, ma anche una grande opportunità: costruire un know how in materia di analisi di organizzazioni giudiziarie in un cantiere di eccezionali dimensioni di complessità.