Intervista a Gregorio Tito - INPS

Il direttore generale della Direzione Centrale Organizzazione dell’INPS Gregorio Tito illustra l’esperienza di utilizzo del modello europeo CAF in una delle più complesse istituzioni pubbliche italiane nell’ambito delle azioni di miglioramento intraprese dall’istituto negli ultimi anni (settembre 2009)

D. L’utilizzo del modello CAF da parte di uffici dell’ INPS risale a qualche anno fa. Nel 2005 l’INPS di Teramo ha partecipato ai laboratori del progetto Percorsi di Qualità. Nel 2007 le sedi INPS di Pescara e de L’Aquila hanno partecipato al Premio Qualità - promosso dal Dipartimento della Funzione pubblica - utilizzando il modello CAF per la  predisposizione del rapporto di autovalutazione da produrre per la candidatura.
Attualmente  l’applicazione del modello è stata estesa a 26 sedi INPS fra  provinciali, sub provinciali e agenzie.
Quali sono state secondo Lei le ragioni di questa diffusione progressiva?

R. L’istituto è stato sempre molto attento, nel corso degli anni, alle politiche, e quindi agli strumenti organizzativi, che puntano alla qualità ed al miglioramento continuo.
C’è sempre stata quindi un’attenzione a sperimentare nuovi approcci ed a valutare gli impatti su una struttura  come l’INPS, che ha sul territorio più di 500 punti di erogazione di servizi e quasi 29.000 dipendenti.
Le sedi sul territorio sono state molto spesso i laboratori dove le nuove tecniche e metodologie vengono sperimentate.
Quando qualche anno fa le sedi, prima quella di Teramo poi quelle di Pescara e L’Aquila, hanno manifestato l’intenzione di utilizzare il modello CAF, la Direzione Generale ha mostrato subito un notevole interesse che si è concretizzato all’inizio, soprattutto, in azioni di supporto per la diffusione e la conoscenza del modello e delle sue potenzialità in quelle stessi sedi.
Il salto di qualità si è avuto, però, con le esperienze di Pescara e L’Aquila che, peraltro, hanno avuto anche riconoscimenti nell’ambito del Premio Qualità.
Siamo andati nelle due sedi, abbiamo esaminato i lavori finali, i piani di miglioramento, toccato con mano l’entusiasmo del personale che si era speso nel progetto al di là dell’orario di lavoro e dei ruoli ricoperti.
Conosciuto, apprezzato e condiviso lo strumento nella sua articolazione e nelle sue finalità, è stato proprio il suo impatto positivo sul personale che ci ha indotto a diffonderlo in altre realtà territoriali.
La spinta finale, poi, è stata data dal Piano Industriale del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione del maggio 2008, che ha indicato esplicitamente, tra gli obiettivi di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, la necessità di migliorare la qualità dei servizi incentivando il ricorso a modelli di eccellenza basati su autovalutazione (CAF) e miglioramento continuo.
A quel punto abbiamo ritenuto che la situazione fosse sufficientemente matura per provare ad estendere lo strumento in un maggior numero di strutture territoriali.

D. Quali sono le valutazioni che hanno condotto, in sede centrale, alla definizione di una strategia di utilizzo diffuso del modello  e come intendete procedere nel prossimo futuro?

R. Come è noto il CAF non è l’unico strumento che permette il miglioramento continuo.
Ce ne sono altri: pensiamo alle settimane kaizen, un’altra metodologia che sperimentiamo ed utilizziamo da qualche anno, o ancora al Six Sigma.
Il CAF però è, o almeno può essere, pervasivo; può riguardare, infatti, tutta l’organizzazione nella quale si vuole applicare. Questo è un elemento molto importante che ci ha spinto alla sua più ampia diffusione: spesso il difetto delle iniziative che puntano al miglioramento, difetto che se vogliamo è insito nelle loro caratteristiche strutturali, è il fatto di impattare con microstrutture organizzative. Puntano magari al miglioramento in una particolare linea  di processo volta all’erogazione di un prodotto/servizio incidendo solo marginalmente sull’insieme della struttura.
Il CAF coinvolge invece tutta la sede e la stessa composizione del gruppo di autovalutazione, costituito, su base volontaria, da persone appartenenti alle diverse unità organizzative delle sede stessa, contribuisce ad applicare il metodo CAF anche in settori che altrimenti sarebbero tagliati fuori da iniziative più settoriali.
Un altro fattore di successo è il coinvolgimento reale degli stakeholders. Con le interviste ed i questionari e con le altre evidenze riscontrabili, il CAF ci permette veramente di “sentire la voce del cliente”, interno ed esterno e di progettare quindi piani di miglioramento che poi vanno veramente verso il soddisfacimento dei bisogni dell’utenza.
Siamo passati da un mero controllo della qualità ad “un controllo che punti al miglioramento organizzato della qualità, secondo logiche di qualità totale.

D. Quanto è conosciuta e condivisa all’interno dell’ente la strategia che state portando avanti?

R. L’istituto sta attraversando nell’ultimo periodo una fase di profonda riorganizzazione; nel corso dell’ultimo anno una serie di provvedimenti hanno ridisegnato la struttura della sede centrale e le modalità della presenza dell’INPS sul territorio. Stiamo, inoltre, procedendo ad una riprogettazione di tutti i processi di lavoro seguendo una metodologia che punta alla razionalizzazione ed alla possibilità che ogni operatore dell’INPS abbia a disposizione uno strumento di lavoro che gli permetta di essere più autonomo e quindi più capace di gestire le complesse attività correlate a bisogni di servizio sempre più articolati ed individuali.
In questa ottica consideriamo il CAF come uno strumento formidabile di conoscenza, oltre che di autovalutazione, che può permetterci, una volta diventato patrimonio diffuso e comune della dirigenza e del personale dell’Istituto, di monitorare, valutare, eventualmente correggere anche i processi di riforma attualmente in essere.
Peraltro, su questo fronte, più volte i vertici dell’istituto hanno ribadito la necessità di puntare sugli strumenti che permettono autovalutazione, confrontabilità e miglioramento continuo.

D. Siete soddisfatti dei risultati che l’utilizzo del modello  sta producendo nelle sedi territoriali dell’INPS coinvolte?
R.
Assolutamente sì. L’esperienza è iniziata quasi un anno fa: fra ottobre e dicembre 2008 abbiamo individuato le 26 strutture, diffuse sull’intero territorio nazionale, nelle quali diffondere il modello.
Dopo una prima fase di diffusione del materiale esplicativo sul modello, il suo funzionamento e le sue finalità, fra gennaio e febbraio di questo anno è iniziato il lavoro vero e proprio.
Un gruppo centrale, composto da dirigenti e funzionari della DC Organizzazione e dagli “esperti” delle sedi di Pescara e L’Aquila che avevano già sperimentato il modello, ha supportato le 26 strutture prima nello svolgimento della fase di autovalutazione che si è protratta fino a giugno, quindi nell’impostazione della fase del miglioramento.
E’ importante sottolineare come l’esperienza, che abbiamo chiamato CAFinINPS, sia stata condotta esclusivamente da risorse interne all’istituto, senza ricorrere a professionalità esterne. Un aiuto fondamentale è stato fornito dalla tecnologia informatica che ci ha permesso di creare, nell’ambito della rete intranet, un ambiente virtuale di confronto, raccolta di materiale e discussione che da una parte ha consentito alle sedi di lavorare al meglio dall’altra ha consentito anche al gruppo centrale di monitorare e supportare le 26 strutture, minimizzando gli incontri in plenaria e quindi i costi di missione.
Anche se con qualche differenza, inevitabile peraltro, sia in termini di output finale – rapporto di autovalutazione – sia riguardo i tempi impiegati, tutte le 26 strutture hanno concluso la fase di autovalutazione e sono ora impegnate in quella di individuazione e scelta dei piani di miglioramento.
A riprova dell’entusiasmo con cui molte sedi hanno aderito a questa esperienza, ricordo che, nell’ambito della fase di autovalutazione, ce ne sono state alcune che hanno utilizzato strumenti di analisi ulteriori rispetto a quelli consigliati, come, ad esempio, l’intervista al direttore di sede o ai capi processo.
E tutto ciò cercando di impattare al minimo sull’attività istituzionale.

D. Nei prossimi mesi, 17 sedi INPS riceveranno le visite on site organizzate dal Centro risorse CAF nell’ambito dell’attività di tirocinio del corso valutatori CAF promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica. Può spiegarci quali sono le motivazioni che vi hanno spinto ad aderire a questa iniziativa?

R. Diciamo che la ragione principale è stata la volontà di avere un riscontro esterno rispetto all’attività svolta fino ad oggi.
Come ho detto l’attività è stata svolta solo con il supporto di risorse interne che, comunque, hanno rafforzato e sistematizzato le loro competenze sul modello CAF approfondendo la letteratura sull’argomento ed utilizzando appieno le risorse disponibili sia nel Centro Risorse CAF che sull’E-tool europeo.
La possibilità di ricevere le visite on site dei valutatori tirocinanti CAF ci consente di sottoporre ad una verifica le attività fin qui svolte nell’ambito dell’autovalutazione. Dall’interazione con i valutatori ci aspettiamo, poi, anche di trarre indicazioni su come svolgere, in futuro, in maniera ancora migliore l’attività di autovalutazione.
D’altra parte avere chiesto alle sedi un ulteriore sforzo, e cioè la redazione dell’application, secondo le specifiche da voi definite, consente alle strutture di sistematizzare ulteriormente quanto svolto nella fase di autovalutazione e di trarne beneficio per il futuro.
Sottolineo che i richiami al futuro non sono affatto casuali: stanno invece a significare l’intenzione dell’istituto di considerare l’applicazione del modello CAF non come un avvenimento isolato ed episodico ma, al contrario, come un’esperienza che va consolidata, applicata con periodicità predefinita ed estesa, nel tempo, alle altre realtà dell’INPS sul territorio.

D. Che cosa, secondo lei, caratterizza  oggi un'amministrazione pubblica di qualità?

R. Credo sia chiaro a tutti come la pubblica amministrazione sia ormai ad un punto di svolta.
In un contesto nel quale le risorse diminuiscono progressivamente, la PA deve supportare il sistema Paese nella ricerca dell’efficienza e dell’efficacia. Deve rappresentare il volano anche per sostenere il sistema delle imprese in uno scenario critico e di forte competizione globale. Deve rispondere con immediatezza alle richieste degli utenti senza sprechi e ritardi non più tollerabili.
In questo quadro un’amministrazione pubblica è di qualità, e sarà percepita come tale dai propri stakeholders, se è in grado di anticipare i bisogni dei cittadini e delle imprese, se è capace di coinvolgere i propri clienti nella catena del valore e nella progettazione dei servizi che offre, se è in grado di mappare e ridisegnare continuamente i propri processi di lavoro, se riesce a fornire gli stessi servizi, diminuendo quindi la variabilità, in tutto il territorio nazionale, se riesce a fare quanto detto sinteticamente diminuendo costantemente i costi.
In questa logica il modello CAF è fondamentale per la sua capacità di mantenere il focus su quegli obiettivi in un quadro di coinvolgimento e motivazione del personale che è, ricordiamolo, la risorsa fondamentale di ogni pubblica amministrazione.

Ultimo aggiornamento:  26/11/2015

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