Intervista a Mauro Bonaretti - Direttore generale del Comune di Reggio Emilia
Mauro Bonaretti, direttore generale del comune di Reggio Emilia, ci parla dell'esperienza di partecipazione all'Accountability Club (dicembre 2009)
Il Dipartimento della Funzione Pubblica e la Fondazione Civicum stanno portando avanti un’iniziativa denominata “Accountability Club”, con lo scopo di favorire il confronto fra alcune Amministrazioni Comunali sugli strumenti e i criteri di rendicontazione adottati e sulle criticità riscontrate in fase di implementazione.
Lo spirito dell’iniziativa è di creare i presupposti per un processo di innovazione di tali strumenti, seguendo l’approccio adottato dal Comune di Reggio Emilia, che, avendo lavorato da qualche anno con una logica basata sull’integrazione fra ciclo di pianificazione, rendicontazione e valutazione, svolge il ruolo di Amministrazione capofila all’interno del Club.
Uno strumento operativo proposto alle Amministrazioni è il Rendiconto Civicum, nato da un’attività di benchmark fra le esperienze di rendicontazione a livello internazionale, e adottato con successo proprio dal Comune di Reggio Emilia.
D. Quali sono secondo lei gli obiettivi di fondo dell’iniziativa Aclub, nell’ottica dell’amministrazione capofila, che ha già da tempo intrapreso il percorso in cui si stanno cimentando le altre amministrazioni comunali che hanno aderito?
R. L’obiettivo dell’Aclub è quello di favorire un’adozione diffusa e ampia di una modalità di rendicontazione che può considerarsi una best practice internazionale in termini di trasparenza e leggibilità dei bilanci. Dal nostro punto di vista l’obiettivo è semplicemente quello di dare un contributo in questa direzione, mettendo a disposizione l’esperienza che abbiamo maturato sul campo attraverso la sperimentazione concreta di quel modello in una realtà italiana.
D. Usando un approccio integrato fra i cicli di pianificazione, rendicontazione e valutazione, qual è stato l’impatto, per quanto concerne l’esperienza del comune che lei dirige, sull’organizzazione, sui risultati e, più in generale, sulla qualità del vostro lavoro e dei vostri servizi?
R. In sintesi l’approccio si fonda su quattro principi basilari:
- Una lettura dell’attività amministrativa non concepita solo per servizi ma per politiche pubbliche, capace di far incontrare i dati economico/contabili con quelli di performance per i cittadini
- Una rappresentazione integrale delle informazioni, di bilancio e non solo, selettiva, in funzione delle esigenze di comunicazione dell’amministrazione
- L’utilizzo della contabilità economica nella rappresentazione delle informazioni
- L’impiego di informazioni consolidate che escono dal limite del bilancio del comune per abbracciare anche l’azione delle aziende e degli enti partecipati.
Questo approccio, nella nostra esperienza, ha favorito in particolare due questioni di fondo. In primo luogo la lettura per politiche ha posto l’accento sul valore collettivo dell’azione amministrativa, mettendo in evidenza le aree di sovrapposizione, le carenze, la coerenza tra servizi e bisogni. In secondo luogo ha consentito di guardare fuori dalla produzione diretta dei servizi, coinvolgendo nella riflessione l’intero sistema di governante degli attori che intervengono a realizzare strumenti di policy. I dati di bilancio dimostrano che, nell’arco di un anno, adottando misure correttive coerenti con una lettura per politiche e programmi, siamo riusciti a produrre una proposta di bilancio preventivo considerevolmente inferiore al dato dello scorso anno, a parità di indicatori chiave sul lato degli obiettivi da raggiungere.
D. Come pensa che i risultati ottenibili con questa iniziativa possano essere condivisi e messi al servizio di altre amministrazioni comunali, anche al di fuori della logica del club, considerando le criticità che tipicamente emergono quando si portano avanti tentativi di diffusione di buone pratiche?
R. Certamente esistono alcuni presupposti culturali difficili da esportare in modo astratto. Tuttavia criteri, principi e standard di riferimento sono adottabili in modo generalizzato. Se lo fanno nel mondo e i principi contabili hanno natura internazionale non si capisce perché non dovrebbero riuscire a seguire il modello le amministrazioni italiane. Poi, come tutte le cose, richiederà un percorso di assestamento e miglioramento. Ma l’importante è partire. Il club è un’opportunità importante per chi intende confrontarsi, anche se non è l’unica strada per seguire una best practice internazionale.
D. Uno dei maggiori punti di forza del vostro approccio, ovvero la capacità di saper integrare policies, strategia e organizzazione, rischia di rappresentare un limite per quelle amministrazioni che, per vari motivi, hanno maggiori difficoltà a lavorare secondo questa logica. A tal proposito, secondo lei, l’iniziativa Aclub, potrebbe o dovrebbe prevedere una strategia dei "piccoli passi" o, in ogni caso, obiettivi di "second best"?
La logica del sistema presuppone un approccio complesso in termini di definizione degli obiettivi programmatici e dell’intero ciclo di programmazione e controllo. Per un’amministrazione che parte da zero questo processo è effettivamente difficile da produrre improvvisamente. Una second best potrebbe essere intanto il passaggio dal bilancio tradizionale ad una rendicontazione fondata sul principio delle politiche pubbliche: ad esempio quali risultati e quali costi sono stati ottenuti da un’amministrazione nel campo della mobilità considerando il contribuito di tutti i soggetti coinvolti? Già questo sarebbe un passaggio culturale importante. Il resto è una strumentazione tecnica che viene di conseguenza, ma la prima lampadina da accendere è riuscire a pensare l’amministrazione trasversalmente ai settori specifici in una logica di politiche pubbliche rivolte a soddisfare bisogni collettivi.
D. Quali opportunità e possibilità applicative assume l’esperienza dell’Aclub alla luce della recente riforma Brunetta della PA?
R. L’approccio adottato, dal mio punto di vista, è particolarmente coerente con quanto previsto dal "piano delle performance" definito nel decreto 150. In questo caso siamo in presenza di una pratica riconosciuta sul piano internazionale, con standard di riferimento accettati universalmente anche in termini di principi contabili, con un gruppo pilota di amministrazioni che l’hanno sperimentata o la stanno sperimentando. Credo sarebbe molto utile per il Dipartimento della Funzione pubblica e per le amministrazioni italiane poter contare su un modello di riferimento così tarato e strutturato, già pronto per essere adottato senza dover ogni volta scoprire l’acqua calda. Questa esperienza, se assunta seriamente, può consentire di far partire immediatamente la riforma e sarebbe un peccato non approfittarne.
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