Intervista a Michele Toschi e Barbara Pistorozzi - Università degli Studi di Bologna
Michele Toschi e Barbara Pistorozzi, ci raccontano la loro esperienza con il CAF nell’intervista realizzata dalla nostra redazione (gennaio 2009)
Com'è iniziato il viaggio CAF nella sua amministrazione?
L’unità organizzativa oggetto di analisi, Ufficio dirigenziale Sviluppo Risorse Umane – RIUM dell’Università di Bologna aveva riscosso diversi riconoscimenti, la professionalità del personale e la qualità dei progetti realizzati erano chiaramente percepiti. La leadership sentiva però la necessità di dotarsi di uno strumento che permettesse di valutare il livello di consapevolezza organizzativa dell’Area, soprattutto circa i processi e gli approcci rispetto alle attività presidiate. Tale necessità, anche con l’approssimarsi di una profonda riorganizzazione, non era più rimandabile. Il modello CAF è sembrato da subito uno strumento agile e poco invasivo e il suo utilizzo poteva essere l’occasione giusta per condividere con il personale anche la vision e gli obiettivi alla base del nuovo assetto organizzativo.
Avete avuto difficoltà nel percorso? Come sono state superate?
L’autovalutazione è un processo molto complesso e non è sempre percepita la sua utilità. Si incontrano resistenze soprattutto da parte dei settori con un carattere prevalentemente gestionale, poco propensi ad attività di cui non intravedono un’utilità immediata. Le interviste possono essere vissute come una perdita di tempo, il fatto che altri colleghi possano consultare e “valutare” il materiale prodotto è vissuto come un’invadenza. Tale resistenza può essere superata solo attraverso una progetto di comunicazione chiaro. Tutti devono sentirsi coinvolti e fondamentali per la riuscita del processo di autovalutazione, debbono essere continuamente stimolati a dire la loro, e soprattutto a parlare chiaro su ciò che va e non va. La comunicazione deve essere curata, chiara e precisa, soprattutto continua, quasi ridondante, e permettere al personale di prendere consapevolezza di cosa sia l’autovalutazione e a cosa serva.
E’ necessario pianificare il processo e lavorare sulla comunicazione affinché l’autovalutazione non sia sentita come un controllo, ma come la reale possibilità di individuare ambiti di miglioramento, per raggiungere questo obiettivo è necessario che, alla fase di autovalutazione, seguano azioni concrete di miglioramento.
Quali opportunità ha fornito il CAF?
Ci ha fatto prendere coscienza di comportamenti autoreferenziali e allo stesso tempo ci ha consentito di scoprire risorse nascoste all’interno dell’Area. Attraverso il processo di apprendimento organizzativo innescato dall’autovalutazione è stata fornita un’occasione di condivisione tra persone che pensavano di conoscersi e di conoscere i rispettivi processi lavorativi.
Attraverso il processo di autovalutazione abbiamo ottenuto una rappresentazione trasversale e organica dell’Area comprensiva delle vere interconnessioni tra il lavoro e le persone.
Quali suggerimenti per le amministrazioni che intraprendono il viaggio CAF?
- Dedicare molta attenzione alla pianificazione del processo e alla comunicazione. Il rischio è che le persone non siano poste nella situazione di coglierne le ricadute positive perché percepiscono solo una parte del processo.
- Distribuire equamente il tempo dedicato alle attività di valutazione dei criteri tra fattori e risultati. In base alla nostra esperienza è emerso che la raccolta dei dati e relativa elaborazione può portar via molto tempo, soprattutto se non si dispone di strumenti di misurazione collaudati e sistematicamente utilizzati.
- Curare la composizione del team di autovalutazione che seguirà l’intero processo. Il team deve essere eterogeneo, con persone provenienti da diverse parti dell’organizzazione, un giusto mix tra elementi di recente acquisizione e quelli di più lunga esperienza nell’area, di età diversa e che possiedano conoscenze relative alla gestione documentale e al knowledge management.
Inoltre non deve crearsi un team CAF interno all’organizzazione, isolato dal contesto di lavoro, ma il processo di autovalutazione deve integrarsi all’attività quotidiana dell’Area. - Evitare tecnicismi e approcciare l’autovalutazione con la volontà di descriversi senza barare. In questo modo l’autovalutazione diventa uno strumento culturale di apprendimento organizzativo.