Intervista a Paolo Serra - Valutatore CAF

Paolo Serra, che ha partecipato al corso valutatori, promosso dal Dipartimento della Funzione pubblica in collaborazione con il Formez, ci racconta la sua esperienza (maggio 2009)

  • Quali possibilità le ha dato la partecipazione al corso valutatori?

Ho affrontato il corso dopo alcuni anni di lavoro  che hanno compreso materie ed esperienze che nel loro complesso fanno parte del bagaglio di valutatore. L’insieme di esperienze diverse condotte nel tempo per quanto intense e complete può non presentare relazioni evidenti con la materia metodologica che si affronta. Riscoprire queste relazioni significa non solo valorizzare le esperienze passate, ma fornire un ulteriore valore aggiunto all’attività di valutazione. Il corso ha permesso di fare esattamente questo sistematizzando e collocando in relazione organica tra loro le diverse esperienze sia rispetto alla metodologia che al processo di valutazione. Ad esempio nel corso ho ritrovato alcune tecniche di gestione strutturata delle riunioni che avevo già appreso e utilizzato molto tempo prima in contesti molto differenti dalla Pubblica Amministrazione, ma in cui vi era la stessa esigenza che ha un team di valutazione di produrre in tempi ristretti un risultato chiaro ed efficace. Qualcosa di simile è accaduto anche per altri temi affrontati dal corso e immagino che lo stesso abbiano sperimentato tutti i valutatori che l’hanno seguito.
Un altro valore aggiunto rilevante, ovviamente, è stata la possibilità di confrontarsi con persone particolarmente esperte nella materia, portando alla luce i miei limiti e le mie carenze, spesso anche queste dovute al consolidamento di vecchie esperienze da rimettere in discussione. In questo caso il corso mi ha permesso di identificare, attraverso la guida dei docenti e il confronto con gli altri discenti, l’imprecisione dei miei approcci, dandomi quindi la possibilità di correggerli quando necessario.

Quali opportunità offre la partecipazione ad un’attività di valutazione esterna?

Le opportunità più interessanti sono state due: quella di affinare l’esperienza personale attraverso il confronto con i colleghi del team e quella di conoscere la realtà di altre amministrazioni piccole e grandi, impegnate su aree di attività o servizio molto diverse tra loro.
La prima opportunità va colta sapendo che tutti gli altri membri del team offrono con la loro esperienza e competenza materia di apprendimento e confronto, permettendo di affinare costantemente e nel caso correggere le proprie impostazioni consolidate. In pratica nella mia esperienza non ho mai notato che mancasse la possibilità di un miglioramento delle proprie capacità dal confronto coi colleghi, ma ho sempre trovato negli altri la possibilità di sviluppare una migliore comprensione o un migliore approccio al lavoro.
La seconda opportunità, preziosissima,  è quella di conoscere organizzazioni capaci di rinnovarsi e migliorarsi mettendo in discussione approcci e processi sperimentati, ma non per questo efficaci. Inoltre occorre considerare che noi valutatori veniamo da contesti spesso autoreferenziali in cui lo sviluppo di nuove soluzioni parte più dall’osservazione interna all’organizzazione che dal confronto di questa con realtà esterne. Gettare uno sguardo su altre realtà, per di più animate da un forte spirito di innovazione, significa poter portare all’interno dell’amministrazione un punto di vista nuovo e positivamente critico.

Quali scenari futuri possibili intravede?

Il CAF è una metodologia facilmente accessibile e applicabile a tutte le pubbliche amministrazioni. Il suo limite, che è anche il suo pregio, è che costringe le organizzazioni che intendono applicarlo seriamente a ripensare in modo profondo l’impostazione dei propri processi e l’approccio verso la gestione del personale e in generale di tutte le risorse. Credo che in futuro la sfida maggiore per la diffusione del modello consista nel fare accettare al management la necessità di ripensare il proprio ruolo e orientare le organizzazioni verso obbiettivi chiari e limpidamente espressi. Un effetto consapevolmente ricercato dei modelli di qualità totale è la capacità da parte dell’organizzazione di gestire internamente la complessità in modo efficace evitando di scaricarla sul cliente/utente a cui deve essere garantita una erogazione del servizio il più apparentemente semplice e fluida richiedendogli il minimo impegno per accedervi e beneficiarne. E’ una sfida che la Pubblica Amministrazione deve accettare nell’interesse della collettività e del proprio ruolo. Non so dire ora quanto si diffonderà in futuro nella Pubblica Amministrazione la consapevolezza della necessità di questa impostazione, però so che la capacità di accoglierla e applicarla avrà una parte rilevante nella possibilità del paese di rinnovarsi e di competere.
 
Quali suggerimenti per le amministrazioni che decidono di intraprendere il corso valutatori Caf?

L’approccio alla qualità in generale e in modo particolare quello verso la qualità totale richiede fiducia e delega verso il basso e la rinuncia ad accentrare troppo in alto il processo decisionale. Non è una innovazione da poco e si scontra facilmente con la naturale tendenza delle organizzazioni a valorizzare i ruoli gerarchici piuttosto che le competenze specifiche di cui possono essere portatori anche soggetti collocati in posizioni funzionalmente più basse. Le amministrazioni che si avviano a promuovere al proprio interno l’autovalutazione devono essere guidate da una leadership consapevole delle caratteristiche del modello CAF e decisa ad applicarlo. Il corso deve essere visto come la prima occasione di confronto con l’esterno e di introduzione di concetti e approcci innovativi all’interno dell’organizzazione. Chi si aspetta di seguire un percorso di formazione e applicazione della metodologia partendo dall’idea di essere già un modello di riferimento è destinato ad applicare il CAF in modo superficiale e con scarsi risultati. L’applicazione della metodologia deve invece essere l’occasione per sottrarsi ad una visione limitata alla propria storia organizzativa accogliendo la logica del benchmarking, cioè del confronto sistematico, oggettivo e strutturato con altre organizzazioni. Occorre anche sottolineare che il personale che verrà formato sarà a sua volta portatore all’interno dell’amministrazione di idee e soluzioni innovative non presenti o non pienamente diffuse in precedenza e l’organizzazione deve essere pronta a valorizzare le nuove competenze ed esperienze che avrà acquisito senza considerarle un patrimonio individuale del personale formato, ma un vero accrescimento del patrimonio interno di competenze. I valutatori dovranno essere posti nelle migliori condizioni per poter mettere a disposizione dell’organizzazione quanto apprenderanno. A parte questo occorre sottolineare che l’organizzazione che decide di autovalutarsi e il suo management non devono affidare ai valutatori il compito di confermare i risultati che si presume di avere raggiunto, bensì quello di identificare i risultati che è possibile raggiungere: la qualità totale è uno strumento per migliorarsi guardando al futuro, non per congratularsi con se stessi guardando al passato.

Ultimo aggiornamento:  26/11/2015

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