Intervista a Roberto Mescolini, procuratore della procura della Repubblica di Ravenna
10 luglio 2012 - Nel mese di aprile 2012 la procura della Repubblica di Ravenna ha concluso il progetto Diffusione Best Practices avviato 24 mesi prima. L'iniziativa ha rappresentato l’occasione per consolidare un percorso di cambiamento, mirato all’incremento di efficienza, produttività e livelli di servizio. Sulla base del Common Assessment Framework (CAF), sono state individuate le linee di azione: omogeneizzazione delle prassi lavorative delle segreterie dei PM, realizzazione di un punto informativo, individuazione di referenti organizzativi presso ciascuna forza di polizia giudiziaria, potenziamento del sito internet, carta dei servizi, bilancio sociale
Più nel dettaglio, particolari azioni hanno riguardato l’omogeneizzazione di prassi, procedure e strumenti di lavoro nell’ambito delle singole segreterie dei PM. L’adozione di un nuovo strumento informatico (Just Office) e di un protocollo organizzativo, che detta regole comuni e condivise per la gestione e lo scambio dei documenti, hanno consentito di diminuire la complessità di gestione interna degli atti e delle scadenze e di eliminare la disomogeneità nello scambio documentale ed informativo con il tribunale.
Per gli uffici che hanno contatti con il pubblico, è stato realizzato un punto informativo, una struttura ad hoc, dedicata esclusivamente all’attività di rilascio di informazioni e di acquisizione di richieste e consegna di certificati. La realizzazione del punto informativo consente di accentrare e ottimizzare l’afflusso del pubblico, riducendo i tempi di risposta.
Nell’ambito del progetto è stata rilasciata una nuova versione del sito internet, che ha consentito, tra l’altro, di riorganizzare contenuti e servizi. In particolare l’area riservata, pensata e costruita prevalentemente a beneficio delle forze dell’ordine, consente un migliore e più rapido coordinamento organizzativo con i soggetti che operano sul territorio.
Infine la procura si è dotata di altri due strumenti di comunicazione: carta dei servizi e bilancio sociale, mostrando particolare attenzione agli aspetti di informazione e “vicinanza” alla collettività di riferimento.
In questa intervista il procuratore della Repubblica di Ravenna, Roberto Mescolini, ci propone una riflessione sui fattori abilitanti per la migliore riuscita e il successo di processi di modernizzazione e di miglioramento organizzativo, quali l’esperienza della diffusione di best practices negli uffici giudiziari.
Qual è stato il punto di forza dello start up del vostro progetto “Best Practice”?
Nella fase di start up del progetto Best Practice la procura di Ravenna non partiva da zero: c’era già stata una fase di riflessione, seguita subito dalla realizzazione, anche se parziale, di una “propria” organizzazione, attuata con molta creatività, anche senza specifiche competenze in materia di scienze dell’organizzazione.
Negli anni precedenti, un grande aiuto era stato offerto da indovinate iniziative seminariali e formative, destinate sia ai dirigenti amministrativi, sia ai magistrati, volte a introdurre la pratica del Common Assesment Framework e la logica di un modello comune europeo di autoanalisi nell’ufficio giudiziario. Quelle occasioni erano servite ad arricchire fortemente le competenze dell’ufficio, e in particolare dei dirigenti, in materia di organizzazione.
In tal modo la procura di Ravenna ha strutturato il suo programma di innovazione organizzativa nell’ambito del progetto best practices proprio applicando la logica e l’esperienza del CAF: la definizione degli obiettivi, l’esecuzione delle attività pianificate, la verifica (il “famoso check”) delle realizzazioni effettuate, gli eventuali miglioramenti o correzioni da apportare.
È nostra convinzione che se non si inserisce la pratica dell’autoanalisi e dell’autovalutazione nella fase di avvio del programma di riorganizzazione, si registreranno inevitabilmente ritardi ed errori. L’ufficio ha realizzato la sua autovalutazione prima dell’avvio del progetto Best Practice e questo ha certamente costituito un punto di forza importante e un fattore significativo di facilitazione di tutto il processo.
Perché ritiene che la pratica dell’autovalutazione sia così importante?
Al di là degli aspetti di metodo, cui abbiamo accennato prima, l’autovalutazione costituisce un forte stimolo per i magistrati e per il personale amministrativo a riflettere sul proprio operato, a quantificare e attribuire un peso a ciò che producono, a fare attenzione al contenimento della spesa. Autovalutarsi significa controllare continuamente il proprio lavoro, perché se non ti autovaluti … ti distrai.
E ancora, attraverso l’esperienza di autoanalisi maturata, l’ufficio ha scoperto le sue potenzialità, incredibilmente forti. Tra gli 80 dipendenti che lo compongono abbiamo portato alla luce persone estremamente capaci, in grado, per esempio, di costruire ex novo un sito web. Come se non bastasse, il sito è diretto da un comitato di redazione – come si fa in un giornale – con a capo una cancelliera, e non un magistrato, ed è costituito da cancellieri, dalla polizia giudiziaria e anche da un magistrato. Il direttore responsabile è, naturalmente, il procuratore della Repubblica.
Tutto ciò per dire che è molto bello poter coinvolgere e valorizzare tutti i componenti dell’ufficio e le loro potenzialità. Insomma, l’autovalutazione è una vera e propria rivoluzione culturale e deve avere continuità nel tempo. Ma, è bene sottolinearlo, condizioni indispensabili per il successo della pratica dell’autovalutazione sono la presenza e la partecipazione dei magistrati, i soli in grado di potenziarne gli effetti con la loro capacità di leadership.
Con quali strumenti il vostro ufficio ne garantisce la continuità?
Oltre al Common Assessment Framework, un'altra opportunità per realizzare forme di autoanalisi e autovalutazione della propria organizzazione è rappresentata dal bilancio di responsabilità sociale, la cui portata più significativa, ancor più che all’esterno, è proprio all’interno dell’ufficio giudiziario. Infatti, attraverso la redazione del BRS l’ufficio si rende conto fino in fondo di quanto ha risparmiato, di quanto ha speso in più, di quanto e cosa ha prodotto in più.
La creazione dell’ufficio statistiche è stato, anche questo, un importante passo nel processo di autovalutazione continua nella procura della repubblica di Ravenna. Ogni tre mesi tutti i sostituti procuratori sono chiamati a produrre le statistiche del lavoro che hanno svolto: quanti processi, quanti appelli, quante misure cautelari …
Quali sono le maggiori difficoltà che incontrate quando vi occupate di organizzazione dell’ufficio?
Devo riconoscere che la nostra è una regione e una zona felice, rispetto al quadro medio nazionale. Da noi l’assenteismo è inesistente, i funzionari conoscono il codice di procedura penale alla perfezione, abbiamo un personale con un’età media di 50 anni e sono pienamente consapevole che non dappertutto è così. Ma un pericolo esiste.
Il nostro pericolo, la nostra minaccia immanente, è il rischio di scarsità di organico, sia con riferimento ai magistrati, sia al personale amministrativo. La risposta deve essere quella di impegnarsi per massimizzare il più possibile il contributo delle risorse umane a nostra disposizione.
Il secondo problema, la seconda difficoltà che incontriamo sul terreno dell’azione organizzativa, la definirei come una sorta di “protagonismo direttivo”. Si tratta di una resistenza, di una scarsa propensione alla condivisione e alla diffusione del know how acquisito e costruito attraverso la propria esperienza nell’ufficio, sia da parte di dirigenti amministrativi, sia di magistrati. Il rischio di questi comportamenti è che le conoscenze se ne vadano via insieme alle persone che lasciano l’ufficio. Io personalmente, per esempio, ormai alla soglia della pensione, non voglio assolutamente andarmene via portandomi dietro il mio know how, che desidero invece lasciare alla procura di Ravenna.
La risposta a questo problema può essere riassunta nella parola d’ordine “creare dirigenza”, ovvero diffondere e consolidare tra i colleghi la cultura della dirigenza nell’affrontare i grandi e i piccoli problemi della giustizia e del proprio ufficio giudiziario.