Tema: Comunicazione pubblicaRecensioni,

Roberto Grandi, La comunicazione pubblica, Carocci 2001

di Emilio Simonetti

    Roberto Grandi

    La comunicazione pubblica.
    Teorie, casi, profili normativi

    Carocci, Roma 2001, pp. 332
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Dire per far-fare, dire per far-sapere.
Dal testo alla comunicazione dell'identità dell'istituzione pubbblica.


Non basta pensare ciò che avviene allo Sportello. E nemmeno il suo prima, il suo dopo o il suo al di là, pure importanti. Per fare comunicazione pubblica efficace occorre pensare anche ciò che accade nel testo, inteso come luogo astratto in cui avviene l'incontro discorsivo tra cittadino e istituzione, al di là dell'interazione faccia-a-faccia della concreta relazione interpersonale. In un momento storicamente segnato da una crisi d'identità di uno dei soggetti (la PA), comprendere ciò che avviene su questo terreno con adeguati modelli di analisi, è decisivo per sapere come uscire dalla crisi.

E' questo l'intento di Roberto Grandi - studioso di Teoria e tecniche delle comunicazioni di massa - che ha da poco pubblicato per i tipi dell'editore Carocci il suo testo introduttivo alla comunicazione pubblica.

Il volume è solo l'ultimo di una ormai numerosa serie di manuali dedicati alla materia. Tra gli altri, quelli curati da Stefano Rolando, da Elisabetta Zuanelli, da Franca Faccioli e da Gregorio Arena (vedi bibliografia). Opere tutte corpose e sistematiche, ognuna con un suo proprio taglio specifico, la cui presenza sul mercato editoriale già di per sé attesterebbe, se ce ne fosse bisogno, il consolidamento teorico-professionale della comunicazione pubblica. In questo contesto il libro di Grandi - scheda di contenuto leggibile nelle pagine di questo sito - spicca per l'attenzione dedicata nell'ultimo capitolo alla questione dell'identità dell'istituzione pubblica, sia sotto il profilo del processo della sua comunicazione, sia sotto quello della sua costruzione.

Quanto questa scelta di approfondimento analitico sia importante, in un libro che con sistematica acribìa fa bene il suo dovere di manuale su tutti gli aspetti canonici della materia, ce ne rendiamo conto se consideriamo che l'efficacia di un processo di comunicazione è in gran parte legata all'identità del soggetto della comunicazione, come fonte e garanzia della credibilità del messaggio. Non è necessario in questo senso fare riferimento al ruolo che svolge nelle strategie della comunicazione d'impresa la cosiddetta corporate indentity.

Basti considerare, come dice l'autore, che "se l'identità dell'istituzione non è patrimonio cognitivo e affettivo condiviso, la comunicazione non potrà essere efficace perché manca il termine nei confronti del quale definire la pertinenza o meno delle singole decisioni adottate".

In altre parole, una amministrazione che semplifica procedimenti, non riuscirà a comunicare efficacemente i benefici del processo di semplificazione finché tale carattere non sarà riconosciuto dall'altro soggetto (il cittadino) come costitutivo dell'essere e del fare del soggetto che glielo comunica. E' evidente allora che il superamento della crisi d'identità della pubblica amministrazione passa per la ricostruzione o rilegittimazione del soggetto pubblico, mediante l'uso di adeguate strategie di comunicazione.

Non e' un caso che l'identità sia stata una delle questioni scelte nei mesi scorsi come uno dei temi dei Laboratori di URP degli URP, tuttora in corso di svolgimento. Il problema infatti della ricostruzione e veicolazione di una immagine generale del soggetto pubblico è anche il problema dell'identità di un ufficio come l'URP, le cui crisi di ruolo, le cui difficoltà di riqualificazione professionale e di ricollocazione organizzativa dopo l'approvazione della legge 150/2000, sono questioni di rilevanza strategica nei processi di comunicazione pubblica. Sarebbe interessante allora valutare quanto della cassetta analitica del discorso di Grandi sia strumentazione concettuale utile per il lavoro dei nostri colleghi nel laboratorio: crediamo che non mancheranno comunque le occasioni per una disamina e una interessante verifica.

Intanto accenniamo ad alcuni dei punti che nel libro ci appaiono più interessanti per la costruzione della teoria di una "comunicazione pubblica efficace", titolo dell'ultimo capitolo del libro.

"Questo processo comunicativo l'abbiamo individuato all'interno di due percorsi. Le strategie persuasorie con intento fattivo in cui l'obiettivo della comunicazione dell'istituzione pubblica e' un far-fare o un non-far-fare e quelle con un intento informativo, il cui obiettivo e' un far-sapere. Nel primo caso, l'effetto di senso che si vuole ottenere porta ad un fare-credere, nel secondo a un dire-vero".

Non è possibile naturalmente dar conto dei passaggi analitici dell'applicazione da parte dell'autore del modello semiotico a quel tipo di processo comunicativo pubblico che lavora, in particolare, per produrre l'effetto di senso del "far-credere". E' su questo momento d'analisi tuttavia che vorremmo richiamare l'attenzione del lettore, in quanto sullo stesso delicato terreno si misurano, come dire, i quarti di democrazia di una amministrazione pubblica. Non e' un caso che il libro si apra con il cenno allo spot del Governo della passata legislatura che aveva per protagonista Lino Banfi. Proprio quello spot dedicato alla nuova legge sui congedi parentali che è stato accusato di essere, sì persuasivo, ma politicamente a favore del Governo in carica, violando in tal modo, a parere dell'opposizione, la regola di imparzialità che deve informare la comunicazione istituzionale.

Nelle pagine più impegnative del libro, quelle dell'ultimo capitolo già indicato, vengono passate in rassegna le prime campagne di comunicazione sociale sul problema della droga attuate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri nei primi anni novanta. Gli spot sono analizzati alla luce del cosiddetto "contratto enunciazionale" tra "enunciatore" ed "enunciatario", le figure presenti nel testo.

Ma cosa vuol dire "contratto enunciazionale"? Che gli spot sono analizzati come luoghi in cui avviene la messa in scena di uno scambio tra soggetti: uno, appunto, con il ruolo di "enunciatore" (l'immagine o il "simulacro" nel testo dell'emittente empirico); l'altro, con quello di "enunciatario" (l'immagine nel testo del destinatario empirico). In relazione a questo scambio vengono poi individuate le "strategie persuasorie" messe in atto: quelle con intento fattivo (tentazione/seduzione o minaccia/ provocazione); quelle con intento informativo (argomentazioni logiche, dimostrazioni scientifiche). Di tutte si forniscono i pro e i contro in termini di efficacia comunicativa.

Di estremo interesse ci sembra questa analisi delle campagne sociali della Presidenza che ci permette di capire quanto delicati e sottili siano i passaggi nella effettiva costruzione dell'identità dell'istituzione pubblica. L'obiettivo dichiarato dall'autore di fornire all'amministratore gli strumenti metodologici per orientarsi nella produzione e interpretazione delle strategie comunicative ci sembra riuscito. Qui, il fatto che l'approfondimento specialistico (l'applicazione del "modello semiotico-enunciazionale") con cui viene condotto il discorso raggiunga livelli di complessità teorica forse non del tutto consoni ad un testo introduttivo, non inficia la necessità che comunque questi stili e strumenti di analisi debbano ormai far parte del bagaglio professionale del comunicatore pubblico. La rivendicata professionalizzazione infatti crediamo che passi anche attraverso la conoscenza di questi sofisticati modelli teorici.

Va infine messa in rilievo l'idea di comunicazione istituzionale richiamata nelle pagine del libro più "manualistiche" e che comunque fa da sfondo anche all'ultimo capitolo.

Questa idea aggiunge un secondo forte elemento di interesse che come URPdegliURP nutriamo nei confronti del libro. E' un'idea legata all'attenzione rivolta alla filogenesi dei diritti di cittadinanza in connessione con lo statuto che la comunicazione pubblica è venuta ad assumere nel contesto politico-istituzionale degli ultimi decenni. Essa è molto vicina a quella che Gregorio Arena chiama "comunicazione di cittadinanza" e che a noi appare tra le più adeguate e condivisibili. Idea che non si presenta come mera perimetrizzazione concettuale ma fa riferimento ad una comunicazione del soggetto pubblico che mira, come sostiene Grandi, ad "offrire la possibilità di esprimere in maniera attiva e sostanziale i diritti di cittadinanza, giungere ad una amministrazione condivisa e produrre un cambiamento della cultura dell'amministrazione pubblica".

Per quante cose siamo riusciti ad imparare con lo studio approfondito dell'ultimo capitolo del libro "Per una comunicazione pubblica efficace", difficilmente potremmo esprimere più efficacemente dell'autore l'orizzonte teorico in cui riteniamo di agire con URPdegliURP.

Emilio Simonetti


Ultimo aggiornamento: 20/11/06