Guida ai processi partecipativi

Cosa sono i processi partecipativi? E come impattano nell’attuazione di scelte che riguardano i cittadini? Nell’ambito del PON Governance Azioni di sistema 2007-2013, il Dipartimento della Funzione Pubblica e il Formez hanno avviato, in Campania, Puglia e Calabria, percorsi decisionali inclusivi legati a varie politiche pubbliche - da quelle ambientali all’e-democracy, a quelle sociali –favorendo il contributo dei diversi attori di un territorio, una programmazione ed un policy making strettamente connessi alle esigenze della comunità

Questo approfondimento illustra alcune dinamiche relative ai processi decisionali inclusivi, soffermandosi sugli attori, sulle fasi e sui tempi, e fornendo utili spunti ed indicazioni operative.

Perché si parla di processi decisionali inclusivi
I processi partecipativi o decisionali inclusivi riguardano il coinvolgimento di enti, soggetti privati, associazioni o comuni cittadini nelle scelte compiute dalla pubblica amministrazione. Il processo di partecipazione, per essere efficace, deve, non solo basarsi sul confronto e il coinvolgimento degli attori locali ma appartenere ai soggetti coinvolti ed essere sentito proprio da tutti i partecipanti.

Il processo che viene messo in atto può essere definito inclusivo, perché cerca, appunto, di includere un certo numero di soggetti interessati a quel problema e di farli partecipare alle scelte. Molti interventi, relativi soprattutto alle politiche di rigenerazione urbana e alle politiche sociali, in Italia, sono realizzati attraverso processi di progettazione partecipata, in cui i diversi attori coinvolti individuano e definiscono insieme soluzioni a problemi complessi.
La scelta di aprire un tavolo, ossia di intraprendere un processo decisionale inclusivo, è talvolta compiuta volontariamente (e informalmente) da un amministratore pubblico che ritiene utile allargare la platea dei decisori e responsabilizzarli, mentre altre volte è incoraggiata o addirittura prescritta dalla legge.

In questa accezione, per partecipazione si intende l’attivazione di un processo strutturato, non estemporaneo, in cui siano chiaramente definiti l’obiettivo e i risultati attesi, così come le fasi di lavoro, gli attori, i tempi e le modalità con cui avviene l’interazione, e che permetta agli attori di portare un contributo attivo rispetto ad una "posta in gioco".
Ogni processo partecipativo porta al raggiungimento di due tipologie di risultati: risultati di prodotto, veri e propri output dell’attività, e risultati di processo, legati all’interazione che si è generata fra i soggetti coinvolti nel processo.

Chi promuove e realizza un processo decisionale inclusivo
In generale, in ogni processo partecipativo sono riconoscibili alcuni ruoli fondamentali essenziali per la realizzazione del percorso: 

  • un ruolo politico di garante del processo e della "posta in gioco";
  • un ruolo tecnico di coordinamento del processo, forte, assertivo; 
  • un ruolo di facilitazione, con un soggetto terzo, spesso esterno, neutrale rispetto agli interessi in atto; 
  • il ruolo degli stakeholder, i portatori di interesse, di punti di vista rilevanti sulla questione da affrontare.

Come si realizza un processo decisionale inclusivo
Che i processi inclusivi siano scelti di propria iniziativa dagli amministratori o siano imposti (o incoraggiati) da leggi nazionali e europee, il problema è quello di farli funzionare riuscendo ad integrare insieme punti di vista differenti, a valorizzare le diverse posizioni, coinvolgendo attori che molto difficilmente avrebbero avuto la possibilità di confrontarsi.

Sono state progettate e sperimentate varie famiglie di tecniche e di strumenti per affrontare e gestire questi processi: per scegliere i partecipanti, per indurli a ascoltarsi reciprocamente, per mettere i profani in condizione di interloquire con gli specialisti, per risolvere i conflitti, per predisporre accordi in grado di reggere nel futuro.

Prima di avviare un processo partecipativo è fondamentale avere chiaro quale sia l’obiettivo da raggiungere e quale sia la posta in gioco, ossia per che cosa si intende chiedere un contributo agli attori da coinvolgere.
Quindi sarà necessario stabilire chi sarà coinvolto nell’attività per i diversi ruoli (promotore, regia tecnica, facilitazione) e quali saranno gli stakeholder da coinvolgere nel processo.

Quando attivare un processo partecipativo
Quando si hanno buoni motivi per ritenere che l’istituzione da sola sia in grado di affrontare le scelte necessarie a risolvere un problema (progettare un intervento, elaborare un piano o un programma) è meglio procedere secondo le modalità tradizionali.

Esistono però alcune circostanze in cui risulta opportuno allargare la platea dei soggetti coinvolti nella definizione di una decisione determinata scelta. In particolare:

  • quando esistono forti conflitti, attuali o potenziali;
  • quando abbiamo bisogno dell’apporto – in termini di competenze, di "sapere esperto", di informazioni, di esperienze di vita - di altri soggetti.

L’ipotesi di avviare un processo decisionale inclusivo andrebbe messa in cantiere, quindi, quando possiamo aspettarci che non riusciremo ad arrivare a una decisione efficace senza il contributo di altri soggetti oppure che le decisioni che prenderemo non saranno messe in pratica o lo saranno a costo di grandissimi sforzi e difficoltà.
Il principio che deve guidare nella individuazione degli stakeholder è il principio di inclusività. È necessario analizzare il contesto territoriale e la collettività di riferimento, e individuare in maniera mirata gli attori da coinvolgere in relazione all’ambito tematico dell’intervento considerato.

Alla mappatura segue, con l’utilizzo di metodologie strutturate, un lavoro di analisi accurata, che approfondisce in particolare per ogni attore, la rilevanza (basata sul livello di interesse e la capacità di influenza), i benefici che l’attore riceve dal partecipare al processo e i contributi che porta.
Una metodica e attenta mappatura e analisi degli stakeholder è alla base della buona riuscita di un processo partecipativo. È fondamentale, infatti, che siano rappresentati tutti i punti di vista rilevanti per l’ambito tematico di intervento.
Per garantire la reale partecipazione di tutti gli attori e far sì che essi discutano costruttivamente e giungano a dei risultati in tempi ristretti è necessario dare la possibilità a tutti i partecipanti di esprimersi. Le tecniche di facilitazione esistenti sono infatti orientate a fare in modo che tutti dispongano di informazioni adeguate, che provino ad ascoltarsi e a capirsi, e che siano messi in condizione di arrivare, quando possibile, a soluzioni condivise o comunque di affrontare apertamente i conflitti.

Negli ultimi anni sono stati sperimentati e affinati diversi approcci, tecniche e strumenti per gestire i processi partecipativi. Ogni tecnica costituisce uno strumento di lavoro utile in precise circostanze. È importante saper valutare di volta in volta lo strumento di progettazione partecipata più adatto per ciascun processo partecipativo in modo da attivare la partecipazione in maniera efficace ed efficiente, senza sprechi di tempo e risorse.

Per approfondire il tema dei processi decisionali inclusivi

La gronda di Genova: un caso concreto - Intervista a Gianfranco Pomatto

Il contesto internazionale: Cittadini e processi di partecipazione –il Rapporto OCSE 2008

Ultimo aggiornamento:  23/02/2018

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