Intervista a Giulio De Petra - già dirigente della Regione Calabria - Unità Operativa Autonoma Società dell’Informazione
Giulio De Petra, dirigente della Regione Calabria fino al 30 marzo scorso, ci racconta l’esperienza dell'avvio di un processo partecipativo nell’ambito del Bando per la “presentazione di progetti di cittadinanza digitale attiva” e l’attivazione di tre laboratori di idee rivolti ad associazioni ed enti locali del territorio. I laboratori sono realizzati dal Formez, su incarico del Dipartimento della Funzione Pubblica, nell’ambito del Progetto PON Governance e Azioni di sistema "Rafforzamento della capacità amministrativa per un’amministrazione di qualità" (aprile 2010)
D. Cosa è la cittadinanza digitale attiva?
R. Il tema (e la pratica) della cittadinanza digitale attiva si colloca all’intersezione di due ambiti.
Il primo è quello della cittadinanza digitale che è, a sua volta, una particolare declinazione del più ampio tema del digital divide. Da quando lo sviluppo dell’uso delle tecnologie digitali è diventato probabilmente il più significativo elemento di cambiamento della società e della produzione, l’attenzione delle politiche di coesione si è concentrata sui rischio di nuove forme di esclusione sociale legate proprio alla possibilità e alla capacità di utilizzo dei nuovi strumenti e servizi digitali: a questo fenomeno da contrastare si è dato il nome di digital divide.
Il secondo ambito è quello della cittadinanza attiva che racconta del modo in cui si attuano i processi di partecipazione alla vita delle istituzioni, sia nel momento in cui vengono definite le politiche pubbliche nei più diversi settori, sia in quello in cui vengono controllati i percorsi di attuazione delle politiche e verificati i loro risultati.
Le esperienze di cittadinanza attiva sono quanto mai varie in ragione della tipologia dei soggetti che la esercitano e della specificità settoriale delle politiche di partecipazione, e sono oggetto di intervento e di riflessione da parte di chi opera per il miglioramento del funzionamento delle amministrazioni pubbliche.
All’intersezione di questi due universi di discorso, utilizzando la tecnologia nei processi di cittadinanza attiva produciamo due effetti: il primo è quello di rendere più efficienti, e talvolta più efficaci, i percorsi di partecipazione: si pensi ad esempio all’effetto dell’uso della posta elettronica nella comunicazione molti a molti, o alla capacità informativa del web; il secondo, probabilmente più significativo, è quello di ampliare gli spazi possibili e gli ambiti della partecipazione, consentendola laddove l’assenza di tecnologie digitali ne escludeva materialmente la possibilità: si pensi come esempio all’utilizzo degli strumenti di social networking, e alle potenzialità che essi abilitano nel controllo della attuazione e nella verifica dei risultati.
In questa ultima accezione la cittadinanza digitale supera la limitatezza di un approccio orientato al mero superamento del digital divide, e si arricchisce di contenuti propri dell’esercizio di diritti di cittadinanza.
D. Che rapporto c’è fra e-democracy e cittadinanza digitale attiva? Sono termini che coincidono o si differenziano in qualche modo?
R. La cittadinanza digitale attiva è la modalità che consente alla cosiddetta e-democracy di separarsi da interpretazioni riduttive e fuorvianti che pure la caratterizzano largamente.
Spesso con il termine di e-democracy ci si riferisce infatti all’utilizzo delle tecnologie digitali nei processi di esercizio delle manifestazioni di voto, o nelle variegate esperienze di comunicazione politica. Si tratta di innovazioni che non modificano nessuna caratteristica dell’esercizio dei diritti di cittadinanza, sostituiscono soltanto una strumentazione cartacea con una digitale.
Al contrario quando le tecnologie modificano la numerosità dei soggetti partecipanti e agiscono sulle diverse fasi dei processi di definizione e di attuazione delle politiche pubbliche, quando cioè interveniamo esplicitamente sul percorso della partecipazione, allora stiamo cercando di cambiare la qualità dell’esercizio della democrazia in quel contesto e non,meramente, sostituendo una scheda elettorale con uno schermo.
In questi termini, e solo in questi termini, possiamo dire che cittadinanza digitale attiva e e-democracy coincidono.
D. Da dove nasce l’esigenza di attivare un processo partecipativo per la gestione di questo bando del POR? Da quali evidenze/considerazioni siete partiti?
R. Quando si usano concetti molto “larghi”, quali cittadinanza, democrazia, partecipazione, il rischio di banalizzazione è molto alto: lo testimoniano le scarse esperienze effettivamente disponibili e la numerosità delle semplificazioni proposte dai fornitori di tecnologia ad attori politici ed istituzionali spesso interessati soltanto ad una citazione giornalistica.
A questo rischio si accompagna l’intenzione esplicita della regione Calabria di coinvolgere con un ruolo da protagonisti le associazioni di cittadini che già operano sul terreno della cittadinanza attiva nei settori più diversi. Associazioni che spesso ad una forte motivazione sociale accompagnano una endemica fragilità organizzativa.
Occorre quindi promuovere un forte coinvolgimento del mondo delle associazioni nella riflessione sulle caratteristiche stesse della iniziativa.
In altri termini non si tratta soltanto, nel momento in cui si parla di come potenziare i processi di partecipazione, di farlo - in modo politicamente corretto - organizzando un percorso di discussione esso stesso partecipato. Si tratta invece di provare a fare qualcosa di più. E cioè di usare il processo partecipativo per la gestione del bando POR destinato alla e-democracy, come un percorso formativo per i destinatari del bando, durante il quale approfondire le caratteristiche organizzative e tecnologiche dei progetti richiesti. Percorso formativo atipico e indispensabile per garantire la qualità della risposta attesa, e una ampia e consapevole partecipazione da parte de destinatari potenziali.
D. Che cosa si aspetta dalla realizzazione di questo processo?
R. La Calabria è una regione caratterizzata da molti stereotipi negativi, e, come si sa, gli stereotipi sono modalità sintetiche per descrivere dei fenomeni reali. Molti di questi riguardano l’autoreferenzialità del funzionamento delle amministrazioni pubbliche, e il condizionamento dei percorsi di definizione e di attuazione delle politiche pubbliche a tutti i livelli da parte di organizzazioni criminali.
A fronte di questo dato negativo si rileva una diffusa e vivace auto-organizzazione della società civile in una molteplicità di associazioni, comitati, gruppi di interesse che si propongono di operare sui più diversi aspetti della vita sociale della Calabria, fornendo il contributo volontario della propria passione civile.
Quasi sempre però questo mondo opera in modo separato rispetto alle amministrazioni pubbliche, siano esse gli uffici regionali o i comuni più piccoli. Questo genera il blocco di ogni processo di partecipazione, che, laddove anche sia ben strutturato in termini di competenze, non trova però sbocco in una relazione adeguata con i titolari, o gli attuatori delle politiche pubbliche.
L’avvio di una esperienza di partecipazione digitale attiva, la finalizzazione di risorse nell’ambito dei fondi POR 2007-2013 al sostegno di progetti di e-democracy, ha lo scopo esplicito da un lato di potenziare le strutture associative della società civile, dall’altro di costringerle a confrontarsi, anche conflittualmente, con i soggetti dell’amministrazione pubblica, al fine di superare l’autoreferenzialità di entrambi, associazioni ed enti locali.
D. Quali elementi ha rilevato nei territori dove i laboratori sono stati realizzati? Quali riscontri ha trovato?
R. La realizzazione dei laboratori ha interessato l’intero territorio della Calabria. I tre laboratori hanno consentito la partecipazione di esperienze e soggetti che operano al nord (Cosenza, Crotone), al centro (Catanzaro, Vibo), e al sud (Reggio Calabria). Una capillare attività di comunicazione anche attraverso la rete ha consentito una partecipazione larga ed interessata.
Il primo riscontro è stato quindi quello di essere riusciti a coinvolgere le associazioni potenzialmente interessate in una discussione che non aveva la finalità immediata di distribuire risorse.
Il secondo riguarda invece non la quantità, ma la qualità delle associazioni coinvolte, molte delle quali operano efficacemente su una pluralità di temi che, visti nel loro insieme, descrivono efficacemente il profilo dell’emergenza politica e sociale della Calabria, con caratteristiche specifiche nei diversi territori.
Tra questi particolarmente significativi quelli che operano nel settore dei servizi sanitari, dei servizi di welfare, dei servizi per l’integrazione dei lavoratori immigrati, e soprattutto, quelle associazioni che hanno fatto del controllo di legalità e del contrasto alle organizzazioni criminali la loro ragione sociale.
Alla partecipazione significativa delle associazioni non ha corrisposto una analoga numerosa partecipazione delle amministrazioni pubbliche. È necessario quindi che l’iniziativa sia rafforzata per coinvolgere maggiormente le amministrazioni e per far comprendere quale straordinaria risorsa sia la partecipazione dei cittadini, soprattutto quando è organizzata e promossa mediante un utilizzo adeguato delle tecnologie digitali, per sostenere processi di cambiamento e di miglioramento all’interno delle amministrazioni.
D. Quali competenze e quale disegno organizzativo all’interno delle amministrazioni sarebbero utili per supportare questi processi?
R. Tutti i percorsi di riorganizzazione che vanno nel senso di mettere gli uffici dell’amministrazione a diretto contatto con quello che possiamo chiamare il “front-office partecipativo” sono molto positivi.
Anche se spesso può generare drastiche e non previste contrazioni dei processi di servizio, o anche confusione organizzativa, la relazione diretta con l’utente - e in questo caso con un utente organizzato e consapevole - non può che produrre miglioramenti sensibili in amministrazioni spesso gravate da una sedimentata cultura della autoreferenzialità.
Per ciò che riguarda le competenze potrebbe essere innovativo ed efficace insegnare agli amministratori ed ai dirigenti pubblici a stare sul web, ad utilizzare gli strumenti di social networking.
Per saperne di più