Intervista a Ezio Guerci - Comune di Napoli
Intervista a Ezio Guerci, responsabile dello staff di consulenti del progetto di miglioramento organizzativo - Processi in comune - presso il comune di Napoli (dicembre 2009)
D. Quali sono gli aspetti/dimensioni più critici nella gestione dei percorsi di miglioramento delle performance amministrative nell’ambito del progetto nazionale “Processi in comune” che avete rilevato?
R. Il ruolo della committenza. In tutti i progetti d’innovazione che interessano gli enti pubblici e che possono determinare una ridislocazione degli assetti decisori, il ruolo, gli obiettivi, i processi decisionali della committenza vanno accuratamente approfonditi da parte degli attori dei progetti.
Nel caso del progetto che abbiamo curato, la committenza pubblica (di natura collettiva, essendo costituita da più assessorati, più dirigenti e dalla direzione generale) era caratterizzata da una sostanziale disomogeneità di obiettivi e da una differenziata percezione del posizionamento del progetto. I contrasti in seno alla committenza sono per definizione elementi enormi di complessità e di rischio per la realizzazione positiva di qualunque progetto d’innovazione.
D. Ritenete che strumenti di risk management sperimentati abbiano consentito di correggere questi aspetti?
R. Il progetto, complessivamente, ha avuto successo, grazie più alle attività di analisi, che hanno ben definito i rischi connessi alla situazione esistente che alle specifiche metodologie di risk management utilizzate.
La diagnosi non vuole essere una valutazione tout court sul metodo e sul risk management in generale, ma la segnalazione che questo metodo ed in generale i metodi che vanno per la maggiore sull’analisi del rischio, soffrono della semplicità (che non vuole dire facilità) e della rigidità propria degli ambienti in cui nascono: le industrie private ed i cicli produttivi da queste gestiti.
E’ del tutto evidente come la complessità di un sistema di relazioni tipico di un grande ente locale come il comune di Napoli non abbia eguali nella pur complessa esperienza di aziende manifatturiere o di servizio. I normali strumenti di analisi dei rischi debbono quindi poter adeguarsi a questo fattore di contesto se vogliono avere l’ambizione di contribuire ad accrescere i livelli di realizzabilità di progetti d’innovazione.
D. Ci sono state delle difficoltà nell’applicazione di strumenti di risk management?
R. Si, ci sono state delle difficoltà perché le procedure proposte non contemplavano la circostanza che i maggiori rischi fossero addirittura insiti nella stessa committenza e che, conseguentemente, venisse di fatto sterilizzato lo strumento principale d’intervento per la prevenzione dei rischi, metodologicamente rappresentato dal comitato-guida.
Un consolidato sistema di relazioni ha permesso di non vanificare le analisi effettuate, restringendo ulteriormente l’accesso all’analisi dei rischi, ma è evidente come, se ciò non fosse stato possibile, si sarebbe vanificata la ricerca.
Se in ambito industriale i rischi sono connessi alla tecnologia, ai volumi, alla razionalità tecnica limitata, nei processi di cambiamento delle pubbliche amministrazioni, al crescere delle ambizioni e delle caratteristiche del piano di cambiamento cresce l’importanza di conoscere e capire le relazioni fra i diversi attori interni ed esterni e le poste in gioco.
D. Può esprimere una valutazione sull’utilità del risk management per il governo dei piani di innovazione?
R. Assolutamente indispensabile. Proprio perché buona parte delle metodiche di cambiamento, di progettazione del cambiamento e di gestione del rischio non sono tarate per un contesto caratterizzato da una pluralità di ruoli, logiche di azione ed interessi che caratterizzano le pubbliche amministrazioni.
Il fatto che la metodologia usata non sia stata in grado di cogliere tutte le dimensioni critiche e che noi per primi abbiamo faticato ad utilizzarla non significa che il tema non sia comunque di fondamentale importanza.
D. Come pensate che dovrebbero essere configurati i modelli e gli strumenti di risk management per essere coerenti ed adeguati con le esigenze di presidio dei piani di innovazione organizzativa della P.A.?
R. L’impianto metodologico del risk management in ambito pubblico dovrebbe essere molto più flessibile da una parte e molto più multi-livello dall’altra. Come ho già detto, non si possono mutuare tecniche di natura produttiva in contesti e task come questi. Probabilmente dobbiamo partire un po’ da zero abbandonando questi modelli di analisi ed azione.
Per tornare all’esperienza fatta, la sola analisi degli stakeholder è molto più complessa di quanto si preveda nei modelli aziendali ed è molto più legata a valutazioni qualitative difficili da “qualificare”. Gestire gli interessi interni ed esterni nell’ambito di un progetto di cambiamento nella P.A. non è solo un problema di numero, ma di posizionamento di ciascun attore.
Potremmo lavorare, piuttosto che su un metodo, su una check list di dimensioni e di fenomeni da osservare ed analizzare, per verificare che tutte le sfaccettature più importanti del sistema delle relazioni che ruotano attorno al progetto di cambiamento siano state osservate, pesate, definite. L’approccio magari è più semplicistico di quello tipicamente industriale, ma è certamente anche più praticabile. Anche perché nel sistema delle relazioni politiche ed istituzionali le valutazioni non possono essere fatte solo a livello tecnico ma sulla base delle analisi che gli stessi attori delle relazioni fanno.