Comunicazione pubblica usabile

Usabilità per la comunicazione pubblica - Orientarsi nella progettazione e nella valutazione dei siti web istituzionali

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Nelle leggi cambiano le parole

Indicativa del radicarsi delle istanze di usabilità è anche l’evoluzione dei termini usati nelle norme emanate nel tempo su tale materia.

Per argomenti come l’usabilità, che erano stati in precedenza oggetto solo di circolari o direttive (come la circolare della Funzione Pubblica recante “linee guida per l'organizzazione, l'usabilità e l'accessibilità dei siti web delle pubbliche amministrazioni” del 13 marzo 2001, n. 3/2001 e l’altra dell’AIPA recante “criteri e strumenti per migliorare l'accessibilità dei siti web e delle applicazioni informatiche a persone disabili” del 6 settembre 2001, n. AIPA/CR/32), quando si è giunti a disciplinarli in norme primarie si è passati da quella che si potrebbe definire un’ “ansia definitoria” ad una “tranquillità terminologica”.

  • La  prima si riscontrava, ad esempio, quando nella c.d. legge Stanca, recante “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici” del 9 gennaio 2004, n. 4, all’art. 2 si è definita l’accessibilità come “la capacità di… fornire informazioni fruibili” non volendo ancora usare il termine usabilità anche se, di fatto, nel regolamento di attuazione della stessa legge all’art. 2 (criteri e principi generali per l’accessibilità) la “fruibilità”, di cui alla lettera b), si intende caratterizzata da tutti gli elementi base proprio dell’usabilità, compresa la soddisfazione nell’uso.
  • La seconda è raggiunta nel nuovo Codice dell'amministrazione digitale (approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri il 4 marzo 2005) dove, all’art. 56, nel definire le caratteristiche dei siti istituzionali, cita finalmente il principio di “usabilità” per primo, seguito dalla reperibilità, dall’accessibilità e così via, proprio con l’intento di considerare l’usabilità del sito come presupposto, almeno logico, per pervenire ad una buona qualità del prodotto e rafforzarne l’immagine percepita.

Proprio il nuovo Codice dell’amministrazione digitale nasce dall’esigenza di dare una adeguata regolamentazione giuridica a principi generali e nella scelta dei termini è in linea con il principio comunitario secondo cui il legislatore deve essere neutrale tecnologicamente, in modo da accogliere tutte le eventuali future evoluzioni. Si è rimosso così il timore che norme obsolete, magari contenenti termini ambigui o troppo rigidi, siano di ostacolo e non di stimolo allo sviluppo delle ICT in ambito pubblico e privato.

In quella che è stata già definita come una “Magna Charta” non potevano quindi essere disattese le aspettative di garantire un luogo unico in cui tutti i principi fondamentali in questa materia fossero espressi e chiari, in modo che i soggetti chiamati ad operare e quelli tenuti ad applicare il codice fossero legati da una forza cogente che le disposizioni contenute nelle fonti secondarie non avevano ancora mai avuto.