Nell'analisi delle interrelazioni tra usabilità ed accessibilità emerge in maniera evidente una sovrapposizione tra gli obiettivi e i campi di applicazione che interessano le due discipline. In particolare, tale consonanza è netta nei casi in cui, al di là dell'analisi del codice, il fuoco sia incentrato sui contenuti e sull'informazione da veicolare e quindi interessi, più che aspetti tecnici, gli elementi cognitivi dell'interazione dell'utente con la pagina web.
Prendendo in considerazione le metodologie adottate nell'analisi/valutazione dell'usabilità e dell'accessibilità, emergono invece, almeno nella prassi corrente, dei punti di parziale distinzione. L'usabilità di un sito, intesa come la "condizione ottimale d'interfaccia tra questo e chi ne fruisce" [nota 18], prevede infatti lo studio e l'analisi dell'interazione tra l'utente e il sito Web, in un determinato contesto d'uso.
Secondo tale approccio l'usabilità va vista come una proprietà dell'interazione e non del prodotto [nota 19], ossia non come un dato univoco e definitivo una volta per tutte, ma che si modifica in base agli utenti specifici e all'ambito (il contesto) in cui il sito viene fruito. Si comprende quindi come non sia facile categorizzare delle regole unitarie e complessive che da sole bastino ad aiutare i progettisti nella creazione di siti e di contenuti Web usabili.
Il ruolo dell'utente, come elemento variabile, con una complessità di attese, bisogni, aspettative e contesti di utilizzo diviene quindi centrale in ogni metodologia valutativa dell'usabilità. Si tratta di un approccio nuovo nei confronti degli utenti, che vengono posti in primo piano, al centro dell'attenzione:"non deve essere il fruitore a sforzarsi di imparare a navigare o cercare una data informazione/servizio, ma deve essere l'obiettivo di chi progetta il web quello di incontrare le attese dei propri utenti" [nota 20].
L'accessibilità, è stata tradizionalmente considerata, anche per alcuni degli approcci normativo-regolativi come il superamento di un test automatico, effettuato da appositi software, quale, per esempio il notissimo Bobby. La validazione automatica, tramite un software che controlli il codice, si è affermata come metodologia predominante per la valutazione dell'accessibilità.
Questo approccio riduzionista fa sì che molto spesso si consideri "concluso" il lavoro (e raggiunta l'accessibilità) non appena il software segnala che i controlli automatici sulla pagina sono stati superati. Tuttavia è lo stesso software, nel fornire i "risultati automatici", a ricordare che devono essere integrati con altri controlli non effettuabili automaticamente. Tale carente approccio metodologico non coincide con quello relativo all'usabilità. Non solo perché trascura il ruolo specifico dell'utente e delle sue implicite variabilità, ma anche perché tende a proporre un modello assai prescrittivo ed univoco.
Più precisamente, "l'usabilità definisce scenari e lavora con maggiore precisione (..). L'accessibilità invece arriva a rimuovere alcune barriere, ma non sempre a produrre l'esperienza migliore in ogni situazione; e non punta sulle verifiche empiriche", come invece è peculiare dell'usabilità, "ma sulle linee guida" [nota 21].