La comunicazione degli URP nella fase pre-elettorale

URP DEL COMUNE DI BELLUNO - Valentina Majolino 03/03/01

 
"Vorrei proporre un tema di grande attualità e di comune interesse per tutti noi: le prossime elezioni politiche che in molti casi saranno anche abbinate a quelle amministrative.
A Belluno infatti si voterà per il nuovo sindaco (specifico che usciamo da un doppio mandato).
Come ci dovremo comportare nel mese precedente le elezioni? Quali sono i limiti entro i quali potrà muoversi il nostro ufficio stampa? Sappiamo tutti quanto poco definiti siano i confini tra comunicazione istituzionale e comunicazione politica e nel caso di Belluno la situazione sarà ancora più delicata per il fatto che con ogni probabilità il Sindaco uscente si candiderà al Parlamento e nell ultimo periodo il nostro Comune sarà commissariato.
Al di là delle nostre specifiche esigenze, penso che il tema sia di interesse per tutti e gradirei sentire i vostri pareri e le vostre considerazioni."
 

 
08/03/01. Servizio comunicazione e relazione con i cittadini - Claudio Rosati
"Vorremmo contribuire all'esame di questa problematica.
L'art. 29, comma 6 della Legge 25/3/93 n° 81, recita:
"E' fatto divieto a tutte le pubbliche amministrazioni di svolgere attività di propaganda di qualsiasi genere, ancorchè inerente alla loro attività istituzionale, nei trenta giorni antecedenti l'inizio della campagna elettorale e per tutta la durata della stessa" L'articolo è, se non bizzarro, certamente poco chiaro. Lo dimostrano i comportamenti più vari tenuti da Comuni e Province che pensano così di interpretare nel modo più autentico la legge.
E' innanzi tutto certamente singolare che si sia fatto ricorso al termine "propaganda", mutuandolo dal campo della campagna elettorale. Non informazione o comunicazione, ma "propaganda".
Anche stando al significato letterale del termine ("ogni opera e azione intesa a influire sulla psicologia collettiva, per indurre a determinati comportamenti, e il complesso delle forme e dei mezzi con cui viene svolta"), è difficile trovare un'applicazione sensata e soprattutto coerente con la ratio della legge. In base a questo enunciato non sarebbero infatti ammissibili nè una campagna contro il fumo, nè una campagna per promuovere l'uso del casco da parte dei giovani, se fatte da un'amministrazione pubblica. Ma non si potrebbe neanche fare una campagna per promuovere la raccolta differenziata dei rifiuti o altri comportamenti di utilità collettiva. Il fatto di aver aggiunto poi la qualificazione "istituzionale" rende ancora più oscuro il divieto. Soprattutto dopo l'abolizione della differenza tra "spese obbligatorie" e "spese facoltative" non si comprende quali siano, in un'amministrazione pubblica, le attività istituzionali e quelle non istituzionali.
Conviene allora, ma è un'ipotesi che si aggiunge ad altre, seguire il principio della necessità. In alcuni casi l'informazione o la comunicazione, per il legislatore la "propaganda", non sono aggiuntive, ma condizioni costitutive di un'attività. Se un'amministrazione comunale apre un servizio rivolto ai cittadini,  tanto più se a domanda individuale, dovrà comunicarlo nel modo più adeguato al pubblico se non vorrà sperperare le risorse impiegate non facendo alcunchè per farlo sapere ai possibili utenti. Il criterio può pertanto essere quello dell'informazione come servizio reale. La posizione non è capziosa. L'asfaltatura di una strada o la realizzazione di alcune opere pubbliche non hanno infatti, ad esempio, alcun bisogno, perchè trovino una loro completezza operativa, di una campagna di comunicazione, anche se in altri momenti resta legittimo per un'amministrazione pubblica informare i cittadini di queste realizzazioni.
Infine, il buon senso, l'est modus in rebus. Non credo che qualcuno possa ragionevolmente contestare una campagna contro il fumo nel periodo della "quarantena", ma può ben farlo se il testimonial è il sindaco che si presenta candidato alle prossime elezioni...
 

 
08/03/01. Comune di Torino - Corrado Mazzoli
"(...) Credo che i riferimenti normativi da tenere in mente siano i seguenti:
- L. 81/93, art. 29 comma 6: divieto di svolgere attività di propaganda di qualsiasi genere, ancorché inerente all'attività istituzionale, *nei 30 giorni antecedenti l'inizio della campagna elettorale e per tutta la durata della stessa*. Certamente il termine "propaganda" è inesatto in quanto, ai sensi anche della legge n. 150/2000, le P.A. svolgono solo attività di "informazione" e "comunicazione", lasciando ovviamente la propaganda ai partiti politici, fonte per antonomasia della comunicazione politica.
- L. 28/2000, art. 9 comma 1: *dalla data di convocazione dei comizi elettorali* e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le P.A. di svolgere attività di *comunicazione* [cfr. la differenza tra informazione e comunicazione nella legge 150/2000] ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed *indispensabili* per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni.
Il problema quindi verte proprio nell'interpretazione di ciò che è indispensabile comunicare e, soprattutto, se ciò che si comunica, seppur in modo impersonale, è da ritenere strettamente connesso con le funzioni istituzionali.
Importante anche il fatto che questa legge - conosciuta come legge sulla par condicio - *abroga* l'art. 1, comma 5 della legge 515/93, che disponeva il divieto di *propaganda istituzionale* [termine di nuovo abusato] nei 30 giorni antecedenti l'inizio della campagna elettorale e per la durata della stessa.
Forse sono stato troppo tecnico, ma il riferimento anche alla legge del 2000 mi sembra fondamentale, benché i problemi già esposti permangono, poiché sono insiti nella contraddizione in cui spesso cade l'attività di comunicazione istituzionale che spesso, per motivi oggettivi, non riesce a distinguersi con efficacia, agli occhi dei cittadini, da quella prettamente politica.
Parliamone, forse ce n'e bisogno...
Un saluto a tutti."


 



Ultimo aggiornamento: 25/11/04